The New York Times ha ripercorso tutta la complicata vicenda dei rapporti di Israele sotto la guida di Benjamin Netanyahu e Hamas ed ha così sintetizzato:“comprare la pace. In sostanza, il quotidiano newyorkese scrive che il primo ministro israeliano  piano israeliano che ha “scommesso che un Hamas forte (ma non troppo forte) avrebbe mantenuto la pace e ridotto la pressione per la creazione di uno Stato palestinese”.

The New York Times racconta che poche settimane prima che Hamas lanciasse gli attacchi mortali del 7 ottobre contro Israele, il capo del Mossad arrivò in Qatar per un incontro con i funzionari dell’emirato e ricorda che per anni, il governo di Doh  ha inviato milioni di dollari al mese nella Striscia di Gaza per sostenerne il governo da parte di Hamas. Aggiungendo: “ Benjamin Netanyahu non solo ha tollerato questi pagamenti, ma li ha anche incoraggiati”.
Secondo il quotidiano statunitense, durante i suoi incontri di settembre a Doha, al capo del Mossad, David Barnea, è stata posta una domanda: Israele voleva che i pagamenti continuassero? Il governo di Netanyahu aveva recentemente deciso di portare avanti questa politica, quindi Barnea ha detto di sì.
E’ stata una scommessa di Netanyahu sul fatto che un flusso costante di denaro avrebbe mantenuto la pace a Gaza. I pagamenti del Qatar, sebbene apparentemente segreti, sono ampiamente conosciuti e discussi da anni sui media israeliani. I critici di Netanyahu li criticano come parte della strategia dell’ “acquisto tranquillo”. Netanyahu ha reagito a queste critiche definendo “ridicola” l’insinuazione di aver tentato di conferire potere ad Hamas.

Ma grazie alle interviste con più di due dozzine di attuali ed ex funzionari israeliani, americani e del Qatar, e con funzionari di altri governi del Medio Oriente, il New York Times scrive di aver portato alla luce nuovi dettagli sulle origini di questa politica, sulle controversie scoppiate all’interno del governo israeliano e su come Netanyahu abbia protetto il Qatar dalle critiche e abbia fatto mantenere il flusso di denaro diretto ad Hamas.

I pagamenti, prosegue The New York Times, “facevano parte di una serie di decisioni prese da leader politici, ufficiali militari e funzionari dell’intelligence israeliani, tutte basate sulla valutazione fondamentalmente errata secondo cui Hamas non era né interessato né capace di un attacco su larga scala.

Anche se l’esercito israeliano aveva ottenuto i piani su una possibile invasione di Hamas e gli analisti avevano osservato significative esercitazioni terroristiche appena oltre il confine di Gaza, i pagamenti sono continuati. Per anni gli agenti dell’intelligence israeliana hanno persino scortato un funzionario del Qatar a Gaza dove ha distribuito denaro contenuto in valigie piene di milioni di dollari.

Il denaro proveniente dal Qatar aveva obiettivi umanitari come il pagamento degli stipendi governativi a Gaza e l’acquisto di carburante per mantenere in funzione una centrale elettrica. Ma i funzionari dell’intelligence israeliana ora credono che il denaro abbia avuto un ruolo nel successo degli attacchi del 7 ottobre, se non altro perché le donazioni hanno permesso ad Hamas di deviare parte del proprio ordinario budget verso operazioni militari. Separatamente, l’intelligence israeliana ha da tempo valutato come il Qatar utilizzi altri canali per finanziare segretamente l’ala militare di Hamas, un’accusa che il governo del Qatar ha negato.

Hamas ha sempre dichiarato pubblicamente il proprio impegno per l’eliminazione dello Stato di Israele. Ma ogni pagamento costituiva una testimonianza della visione del governo israeliano secondo cui Hamas era giudicato un fastidio di basso livello e, persino, una risorsa politica.

Già nel dicembre 2012, Netanyahu disse all’eminente giornalista israeliano Dan Margalit che era importante mantenere Hamas forte, come contrappeso all’Autorità Palestinese in Cisgiordania. Margalit, in un’intervista  successiva, ha detto che Netanyahu gli aveva detto che avere due forti rivali, incluso Hamas, invece di uno solo, avrebbe diminuito la pressione per negoziare per la creazione di uno stato palestinese.

Un funzionario dell’ufficio del Primo ministro israeliano ha poi smentito che Netanyahu avesse mai fatto una dichiarazione. Ma il primo ministro avrebbe illustrato questa idea ad altri, nel corso dei successivi anni.

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