“Se Putin morisse…”. Chissà quante volte questo pensiero venato di odio si sarà insinuato nelle coscienze di tanti di noi. Sì, la guerra fa anche questo. Fa balenare anche nelle coscienze più avvertite il desiderio che l’eliminazione fisica dell’aggressore possa cambiare il corso degli eventi. Certamente sarà capitato a intere generazioni di uomini e donne nei tempi più tormentati della storia antica e moderna. Ed è sicuramente vero che a questa tragica nemesi non sono mai sfuggiti tutti i dittatori e gli autocrati (ce n’è sempre di nuovi) che hanno calpestato (e calpestano) persone, popoli e nazioni. Spesso con i mezzi più duri e più insidiosi a loro disposizione: dalle armi più sofisticate alla repressione violenta del dissenso, dalla propaganda di regime al lavaggio del cervello. Tutto maledettamente e scientificamente rivisto e corretto grazie alle congiunture del proprio tempo. Innanzitutto finanziarie e tecnologiche. Basti solo pensare al monopolio delle risorse naturali come arma di ricatto internazionale e di autofinanziamento dei conflitti. O alla guerra elettronica e alla diffusione dei droni come armi belliche. Sino alla minaccia di un attacco nucleare tattico che ora sembra incombere sull’Occidente

Tutto ciò fa da carburante sempre acceso per alimentare l’odio, uno dei più antichi e subdoli sentimenti. Di cui i cristiani, ad esempio, si pentono regolarmente, ma di cui anch’essi sono vittime e protagonisti. Ecco perché un po’ ci vergogniamo di quel pensiero che si affaccia (“Se Putin morisse…”) e un po’ troviamo sollievo nella consapevolezza che la vita continua e che ci è ancora dato un tempo per vivere e per morire, per amare e purtroppo anche per odiare. Ma pure per sperare che un sobbalzo di coscienza spinga gli aggressori alla ragionevolezza e alla moderazione e gli aggrediti alla determinazione necessaria a cercare una pace che può anche apparire esosa e/o mortificante. Nulla a che vedere, però, con l’issare bandiera bianca che ha piuttosto il sapore amarissimo della resa incondizionata dinanzi alla violenza cieca, all’uso spropositato della forza, alla volontà di distruzione, alla decisione di ridisegnare con un tratto di penna confini secolari, alla sfida portata ai trattati e alle convenzioni internazionali.

In queste ore colme di angoscia e in attesa che i cittadini europei votino per il nuovo Parlamento di Strasburgo che, inevitabilmente, dovrà occuparsi dell’aggressione russa all’Ucraina, risuonano profetiche le parole pronunciate dal cardinale Camillo Ruini (al tempo presidente della Conferenza episcopale)  il 18 novembre 2003 nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, nell’omelia per le esequie dei 19 caduti italiani nell’eccidio di Nassiriya per mano dei terroristi di matrice islamista: “Amare i nostri nemici. E’ questo il grande tesoro che non dobbiamo lasciar strappare dalle nostre coscienze e dai nostri cuori, nemmeno da parte di terroristi assassini”. Parole seguite da una frase che andrebbe scolpita nella memoria non solo dei cristiani, ma di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, oltre che nei Palazzi e nelle Cattedrali dell’Occidente: “Non fuggiremo davanti a loro, li fronteggeremo con tutto il coraggio, l’energia e la determinazione di cui siamo capaci. Ma non li odieremo, anzi…”.

Sono trascorsi vent’anni da quei giorni luttuosi per il popolo italiano e fortuna vuole che non siamo impegnati militarmente (ma solo finanziariamente attraverso la fornitura di armi) in una guerra sanguinosa nel cuore dell’Europa. Ma forse siamo tentati dall’odio che ci può spingere a sperare nella morte improvvisa dello zar del Cremlino (l’autocrate confermato a furor di popolo alla guida della Russia). Un’attesa vana e un sentimento sbagliato che tolgono forza alla strada da intraprendere (speriamo senza doverla mai percorrere fino  in fondo) per acquisire il coraggio, l’energia e la determinazione necessari dinanzi ad un evento catastrofico come un’aggressione bellica. Ad esempio, un attacco a un paese della Nato della quale l’Italia fa orgogliosamente parte, ricevendone grandi benefici in termini di sicurezza. Quel giorno maledetto (che tutti ardentemente ci auguriamo non venga mai) noi non alzeremo bandiera bianca.

Domenico Delle Foglie

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