Le terribili immagini del conflitto in Ucraina trasmesse dai media richiamano alla mente le
dure parole di papa Francesco all’Angelus di domenica 27 marzo: questa “bestialità della
guerra” deve finire il prima possibile. È ovvio, come ha ricordato recentemente la senatrice
Liliana Segre, che davanti all’aggressione di uno Stato sovrano che lotta per la sua
indipendenza e per la sua stessa esistenza, non è possibile nessuna equidistanza.

Nuova Camaldoli rinnova la sua condanna all’aggressione, ingiustificata e ingiustificabile, che è anche
un attacco all’Occidente e ai suoi valori di democrazia e libertà.

Riteniamo tuttavia che occorra tenere sempre aperta la strada della diplomazia. L’inaspettata
e orgogliosa resistenza di tutto il popolo ucraino mostra l’errore del presidente Putin, e
consente oggi alle due parti di sedersi al tavolo delle trattative in una condizione di minor
disparità. Per garantire ai contendenti una via di uscita onorevole e facilitare il successo delle
trattative, è opportuno che entrambi dimostrino di essere concretamente disposti al dialogo e
che da parte di tutti si abbassino i toni, per facilitarlo.

Questa crisi ha già cambiato i rapporti geopolitici in Europa: se non vuole ritrovarsi
schiacciata tra gli opposti interessi delle super potenze mondiali (Stati Uniti, Russia e ora
Cina), l’Unione Europea ha il dovere di dimostrarsi unita e solidale, com’è stato all’inizio del
conflitto. Ecco perché siamo molto preoccupati dall’aumento delle spese militari deciso dai
singoli Paesi (in Italia per la verità previsto già dal precedente governo). Non si deve, a nostro
avviso, spendere di più, ma spendere meglio, attraverso un coordinamento degli investimenti
nell’ambito di una nuova comune politica di difesa europea.

Solo con una forza militare propria, unita ad una comune politica estera che metta da parte gli egoismi e i sospetti
reciproci dei singoli Stati, l’UE può contare su un proprio potere di deterrenza per evitare di
farsi trascinare in conflitti che riguardano interessi di altri, e per essere in grado di proteggere
i propri valori contro qualsiasi minaccia e, in un futuro, raggiungere un sostanziale disarmo.
Come associazione riteniamo che sia opportuno che il piano europeo per la consegna delle
armi difensive all’esercito ucraino sia attuato e monitorato in maniera efficace, per evitare un
escalation che rischia di provocare terrificanti conseguenze nel nostro continente.

È necessario quindi ritrovare la stessa azione comune che si è vista non solo con la
predisposizione delle sanzioni alla Russia durante la prima fase della guerra, ma soprattutto
durante l’emergenza della pandemia. Due crisi queste che potevano provocare la distruzione
del progetto europeo, ma che possono portare a un suo rilancio e a uno suo inaspettato
sviluppo, a patto che le decisioni siano comuni e decise ai vertici dei palazzi di Bruxelles.

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