L’on. Alessandra Ermellino, parlamentare di INSIEME, di cui è componente dell’Ufficio di Segreteria, ha rilasciato le seguente dichiarazione a seguito della decisione del Senato di introdurre l’Iva a carico dei soggetti del volontariato e del no profit.
«Credo sia necessario valutare con attenzione la decisione di introdurre l’IVA per le associazioni di volontariato e le realtà non profit, mentre diversi aspetti fiscali della riforma del Terzo settore sono ancora in via di definizione. Rischiamo di non riconoscere la specificità di questi enti, che non possono essere accomunati ad attività commerciali». Lo dichiara Alessandra Ermellino, deputata del gruppo Misto. «Si tratta piuttosto di realtà che operano per l’interesse generale, secondo un principio di sussidiarietà. Se le si obbliga ad aprire una partita Iva si nega la loro stessa natura, che è invece quella di concorrere al bene comune della Repubblica, non di operare  nel mercato in concorrenza “sleale”.
Senza contare che, anche in regime di esenzione, questi enti dovranno far fronte a oneri, costi e adempimenti burocratici che molte realtà, specie le più piccole, non saranno in grado affrontare. Mi auguro che il testo si possa correggere nel primo provvedimento utile»
L’on. Ermellino ha anche pubblicato sulla sua pagina Facebook il seguente commento
Francamente sono perplessa rispetto alla scelta di rendere le imprese non profit soggette all’IVA. In questo modo rischiamo di non riconoscere la specificità di questi enti, che non possono essere accomunati ad attività commerciali. Si tratta piuttosto di realtà che operano per l’interesse generale, secondo un principio di sussidiarietà. Se le si obbliga ad aprire una partita Iva si nega la loro stessa natura, che è quella di concorrere al bene comune della Repubblica, non di operare nel mercato in concorrenza “sleale”. Tra l’altro il #DecretoFiscale appena approvato in Senato prevede il passaggio da un regime di esclusione a uno di esenzione.
Il che significa che, pur non dovendo versare nulla all’erario, le associazioni benefiche e gli enti del #terzosettore (anche senza svolgere attività commerciali), dovranno entrare comunque in un regime di rendicontazione. Ciò implica l’obbligo di far fronte a oneri aggiuntivi e altri adempimenti burocratici, in poche parole, nuovi costi (anche per le realtà più piccole).
Senza contare che la decisione arriva mentre sono ancora in via di definizione diversi aspetti fiscali della riforma della riforma del Terzo settore, che stanno già complicando la vita di questi soggetti.
Onestamente non vedo ragioni per un provvedimento simile. Spero che si riesca a modificare il decreto e che si tenga conto dei numerosi rilievi già avanzati da chi vive ogni giorno la realtà del volontariato sui territori.

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