Papa Francesco prosegue nella elaborazione del suo pensiero in merito al rapporto tra i cattolici e la politica con l’intervento del 4 marzo 2019 ad un gruppo della Pontificia commissione per l’America Latina.

Francesco aveva già parlato della necessità che i cristiani partecipassero ad una Politica con la “ P “ maiuscola. Qualcuno era corso a schierare il Papa su di un crinale o sull’altro in merito alle modalità e la “ forma” con cui questa partecipazione potesse sostanziarsi: formazione? lievito? Movimento, partito?

Il Pontefice approfondisce il concetto della Politica intesa come il “vivere dentro un’amicizia”, come spendersi “ dentro una comunità “ e non al limitarsi all’idea che un cattolico partecipi alla vita politica quale mera “ recluta di qualche gruppo, organizzazione o partito”. Dice testualmente: “Non dimentichiamo che entrare in politica significa puntare sull’amicizia sociale”.

Il Pontefice, così, supera la discussione degli ultimi tempi, troppo spesso ristretta nella superficiale contrapposizione delle tesi partito si, partito no. Un davvero falso problema, che non tiene conto delle condizioni specifiche, storiche, istituzionali e politiche, di ciascun contesto in cui il cristiano deve misurarsi sulla base di un’analisi fredda ed oggettiva, ma riscaldata e rinvigorita da un’abnegazione costruttiva e feconda.

Francesco, lo abbiamo visto,  interviene pure sull’idea cara a qualcuno del semplice spandersi o  del disperdersi o di farsi “ recluta” in una miriade di altre organizzazioni.

E’ chiaro, ma non può essere altrimenti, che alla base ci deve essere una capacità di discernimento, l’immergersi in un umile processo di analisi delle realtà concrete, così come esse si sono storicamente definite e di come si vanno nell’oggi a consolidare.

Il mondo, le vicende umane, gli equilibri tra le forze e le dinamiche degli interessi sono sostanzialmente le stesse, ma al contempo mutano a seconda del contesto concretamente coinvolto.

Persino la dimensione del tempo ci sollecita a valutazioni che richiamano inevitabilmente la riflessione sull’opportunità, sui modi, sul percorso, su quei contorni e successione di piani non sempre facili da individuare in maniera univoca e definitiva.

Dunque, andiamo al punto fondamentale su cui viene l’invito alla riflessione da parte di Papa Francesco: “Se tu, nel formarti nella Dottrina sociale della Chiesa, non scopri nel tuo cuore il bisogno di appartenere a una comunità di discepolato missionario veramente ecclesiale, in cui puoi vivere l’esperienza di essere amato da Dio, puoi correre il rischio di lanciarti un po’ da solo nelle sfide del potere, delle strategie, dell’azione, e finire nel migliore dei casi con un buon posto politico, ma solo, triste e con il rischio di essere manipolato”.

Il problema, così, non è quello dello strumento, di questa o quella modalità attorno cui si sviluppano e prendono corpo un coinvolgimento e l’assunzione di una responsabilità pubblica. E’ necessario, invece, riferirsi alla qualità, alla sostanza ed alle prospettive di una o più iniziative politiche che il cattolici, i cristiani, sono in grado di articolare.

Ricordando anche le parole del vescovo martire e santo Romero, Papa Francesco riferisce l’intima e diretta relazione della Politica con l’essere “ liberi e non schiavi”.

Non “ una mera arte di amministrare il potere, le risorse o le crisi” o “ mera ricerca di efficacia, strategia e azione organizzata”, bensì “ vocazione di servizio, diaconia laicale che promuove l’amicizia sociale per generare il bene comune”.

Il Pontefice, che bene  conosce quella realtà, auspica “una nuova presenza di cattolici in politica in America Latina” che “ implichi non solo nuovi volti nelle campagne elettorali, ma anche e soprattutto nuovi metodi che permettano di forgiare alternative che siano al tempo stesso critiche e costruttive. Alternative che ricerchino sempre il bene possibile, anche se modesto. Alternative flessibili, ma con una chiara identità sociale cristiana”. Egli aggiunge: “Fare politica ispirata al vangelo a partire dal popolo in movimento può diventare un modo potente per risanare le nostre fragili democrazie e aprire lo spazio per reinventare nuove istanze rappresentative di origine popolare”.

Impossibile , però, non cogliere un riferimento anche alla dimensione dell’Europa. Là dove prese corpo e si sostanziò l’elaborazione del pensiero popolare e democratico cristiano. Vivida rappresentazione, sotto forma organizzata,  in alcuni paesi ancora presente, del concreto dispiegarsi dell’energia vivificatrice del Vangelo nella cosa pubblica di uno dei tre grandi filoni di pensiero rappresentanti la storia e l’essenza della libertà e della democrazia occidentale, assieme a quello liberale e a quello socialdemocratico.

Giustamente, ricordando la  Octagesima adveniens di San Paolo VI, Francesco parla della “legittima varietà di opzioni possibili” perché una” medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi”.

Da qui, il possente invito papale a vivere la fede “ con grande libertà”. “ Senza credere, aggiunge Francesco, mai che esista un’unica forma d’impegno politico per i cattolici” sotto la forma di un “ partito cattolico” perché, giustamente, egli ricorda, in “ politica è meglio avere una polifonia ispirata a una stessa fede e costruita con molteplici suoni e strumenti, che una noiosa melodia monocorde, apparentemente corretta ma omogenizzante e neutralizzante — gratuita — tranquilla”.

La sostanza è dunque quella di non aver paura della Politica, se si vuole prendere incitamento anche da un altro importante “ grido”, quello di san Giovanni Paolo II: non aver paura di dedicarsi al prossimo, alla propria comunità.

Già Papa Benedetto XVI ed il cardinal Bagnasco esortarono alla nascita, pure in Italia, di una nuova generazione di cattolici interessati alla Politica. Il cardinal Bassetti è ripetutamente intervenuto, così come ha fatto il Segretario di Stato, il cardinale Parolin, perché si esca dall’indifferenza e dall’irrilevanza per il bene del Paese.

E’ questione complessa, sicuramente destinata a portare gioia e dolori lungo un percorso non sempre piano e lineare, tanto è il peso di una storia e di una cronaca scandite da divisioni, contraddizioni, limiti personali e collettivi.

Eppure, nel nostro Paese e in questa Europa si tratta di un punto cruciale. Queste due entità politiche, istituzionali, economiche e sociali che sembrano aver smarrito il senso di un percorso, diluiti l’afflato comunitario e il concetto di “ amicizia sociale”, obnubilata la direzione di marcia, perché entrambe diméntiche delle loro radici popolari e solidali, hanno bisogno anche di una specifica presenza di pensiero capace di richiamarsi al patrimonio popolare e cristiano democratico.

Questo spiega perché è giunto il momento che il mondo cattolico, con spirito aperto di servizio, solidale, convergente, torni a partecipare alla cosa pubblica.  Non perché esista una “ questione cattolica”. La Chiesa non ha bisogno, non può e non deve coinvolgersi nella politica perché suo compito è altro. Sono le esigenze concrete della gente, rese ancora più drammatiche da una forte crisi economica e da un altrettanto forte smarrimento ideale e morale  a richiedere un’assunzione di responsabilità libera e consapevole da parte dei laici, nella loro libertà, nella loro autonomia.

E’ vero che molte sono le opzioni   possibili per un credente ispirato cristianamente, ma è pur vero che la coniugazione della Costituzione con i cardini del Pensiero sociale della Chiesa, soprattutto costruito attorno alla Solidarietà, alla Sussidiarietà, al rispetto della dignità umana ed alla Giustizia sociale, sia pienamente possibile grazie ad un pensiero consolidato, ad un metodo di iniziativa politica, alla creazione di una rete di presenze sociali, economiche e culturali simili a quelle che nel passato hanno consentito di raggiungere risultati altrimenti impensabili a centinaia di milioni di italiani ed europei.

E’ allora necessario che in molti riprendano a ragionare su come si possa ottenere quella efficace “ polifonia” cui si riferisce Papa Francesco. A partire dalla consapevolezza che tutti i brani hanno bisogno di un’adeguata orchestrazione la quale, nel rispetto della specificità dei singoli cantori, deve partire da una convergenza, del resto sollecitata dalla certezza che esistono comuni  superiori fini e che l’impegno attorno ad essi è diretto al bene del Paese ed alle sue genti.

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