Ma siamo sicuri che il fatto che il nuovo segretario del PD sia Bonaccini o piuttosto la Schlein, faccia la differenza? Per lo stesso Partito Democratico, per gli equilibri del sistema politico-istituzionale ed, infine, per lo stesso Paese?
Abbiamo assistito ad una contesa tutta o quasi “in salsa emiliana”, condotta senza particolari slanci e piuttosto scontata, tra esponenti – salvo Cuperlo che associa cultura e sensibilità politica, eppure è finito largamente perdente – ancora privi di una caratura nazionale.

Il fervore d’attesa che accompagna le “primarie PD” di domenica prossima è comprensibile – si tratta, pur sempre, del principale attore dell’opposizione al governo della destra – ma forse sproporzionato alla posta in gioco. C’è chi attribuisce all’uno o all’altro esito, un significato – a seconda del punto d’osservazione – salvifico o piuttosto apocalittico, almeno per il destino del partito come tale.

Taluni sperano che la vittoria di Bonaccini consolidi l’albero del PD cosicché anche altri ci possano fare il nido, lucrando ancora la protezione della “quercia” che fu, secondo un’ intenzione forse inconfessabile, ma mai rimossa.
Altri già volteggiano ad ali spiegate attorno al corpaccione del partito e sognano di raccoglierne – immancabilmente al centro – se non le spoglie, almeno i brandelli che, a loro avviso, se ne staccherebbero ove vincesse la “sinistra” Schlein.

Il fatto che il destino di una forza politica dipenda da chi sia il segretario, nella misura in cui riassume in sé la stessa identità del partito, piuttosto che l’indirizzo politico del momento, la dice lunga sulla struttura complessiva della compagine. Che è il vero problema. Questo è il punto dirimente e non si può occultarlo concentrando l’attenzione solo sul segretario.

La questione concerne se il PD sia effettivamente un partito o piuttosto un apparato elettorale. La sua storia propende per questa seconda ipotesi, cosicché gli stessi numerosi “segretari politici”, che, fin qui si sono succeduti alla sua guida, se non l’assoluzione, meritano in generosa, generosissima attenuante. Non sono stati, come qualcuno vorrebbe far credere pur di preservare la “ratio” della ditta, degli incapaci, ma piuttosto dei “cirenei” che hanno dovuto sobbarcarsi la fatica di reggere una costruzione sghemba già di per sé.

About Author