Tra le priorità generalmente indicate (o genericamente enunciate) v’è quella della riforma della giustizia. Gli ambiti sono molteplici: esemplificativamente, si passa dalla organizzazione degli uffici con annessa la provvista di risorse umane e di competenze, alla riforma degli strumenti di ingresso nelle professioni forensi (esami e concorsi), o nei casi di maggiore avvedutezza, alla riforma dei corsi universitari nelle discipline giuridiche. Si passa dalla riforma del processo penale (prescrizione, riti) a quella, urgente, del diritto penitenziario. Si passa alla riforma del processo amministrativo, in alcuni casi con la proposta di sopprimerlo restituendo diritti ed interessi d’ambito pubblicistico alla giurisdizione ordinaria. Si passa alla riforma del processo civile. In essa, come è ovvio, i punti di ingresso di un esame critico sono a loro volta molteplici. E, tuttavia, due di questi ingressi sembrano essere convincenti e maturi per la loro applicazione, quello della forma del ricorso da darsi alle domande da far valere in giudizio, quello della semplificazione dei riti. Consideriamo acquisito un elemento di debolezza della giurisdizione civile, quello della durata dei processi.

Con questa sommarissima disamina delle questioni della giustizia (non considerando né minore per grado né meno urgente la questione della autonomia del potere giurisdizionale, che deve essere esaminata a parte), qui di seguito si espone una proposta concreta per la giustizia civile.

Integrazione del procedimento sommario di cognizione

“Forma della domanda, Costituzione delle parti”
Comma 1: Nelle cause in cui il Tribunale giudica in composizione monocratica, quando la domanda consista esclusivamente in una o più questioni di diritto, essa viene proposta con ricorso al Tribunale competente. Il ricorso, sottoscritto a norma dell’art. 125 c.p.c., deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4), comma 1, dell’art. 414 c.p.c.
Comma 2: A seguito della presentazione del ricorso, il cancelliere, nel termine perentorio di tre giorni, forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta al Presidente del Tribunale, il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento, individuandolo per la competenza nella materia oggetto del ricorso.
Si applicano i commi 3, 4 e 5 dell’art. 702 bis cpc
“Procedimento”
Fermi i commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 702 ter c.p.c., il Giudice fissa con decreto l’udienza di discussione non oltre il termine perentorio di sessanta giorni dalla presentazione del ricorso. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione di udienza, deve essere notificato al resistente, a cura del ricorrente, entro il termine perentorio di dieci giorni dall’emissione del decreto di fissazione di udienza.
Nei successivi sessanta giorni il Giudice, in due o più udienze, definisce il giudizio con ordinanza. La prima udienza consiste nel sentire le parti in contraddittorio libero davanti a sé stesso e si conclude con l’assegnazione alle parti di un termine non superiore a quindici giorni per il deposito di note. L’ultima udienza si conclude con ordinanza che accoglie o rigetta la domanda o le domande.
Restano fermi i commi 6 e 7 dell’art. 702 ter c.p.c.
“Appello”
Contro l’ordinanza emessa ai sensi del comma 5 dell’art. ….., che produce gli effetti dell’art. 2909 del c.c., è ammesso ricorso davanti alla Corte d’appello. L’appello si propone con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza se anteriore.
La Corte d’appello fissa con decreto l’udienza di discussione non oltre il termine perentorio di sessanta giorni dalla presentazione del ricorso. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione di udienza, deve essere notificato al resistente, a cura del ricorrente, entro il termine perentorio di dieci giorni dall’emissione del decreto di fissazione di udienza.
Nei successivi sessanta giorni la Corte in due o più udienze definisce il giudizio con sentenza. La prima udienza consiste nel sentire le parti in contraddittorio libero davanti a sé stessa e si conclude con l’assegnazione alle parti di un termine non superiore a quindici giorni per il deposito di note. L’ultima udienza si conclude con sentenza che accoglie o rigetta la domanda o le domande di cui all’impugnazione.

“Ricorso per cassazione”
Il ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore, con deposito presso la cancelleria della Corte di Cassazione.
La Corte fissa con decreto l’udienza di discussione non oltre sessanta giorni dalla proposizione del ricorso.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione di udienza, deve essere notificato al resistente, a cura del ricorrente, entro il termine perentorio di dieci giorni dall’emissione del decreto di fissazione di udienza.
La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da depositarsi entro trenta giorni dalla data di fissazione dell’udienza di discussione.
In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l’articolo 327 c.p.c.
Alla trattazione delle controversie di cui all’art. … devono essere riservati particolari giorni nel calendario delle udienze.
La Corte sia a Sezioni Unite sia a Sezione Semplice pronuncia con ordinanza in camera di Consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 1, n. 5), nel termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso.
“Vigilanza sull’applicazione degli articoli …”
I capi degli uffici giudiziari vigilano sull’osservanza dell’attuazione delle disposizioni di cui agli articoli …..
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La presente proposta di intervento in materia di giustizia civile, come può ricavarsi dalla sua lettura, attinge la propria ispirazione da parti diverse, vigenti, dell’ordinamento civil-processualistico italiano. Il punto di novità è costituito dall’applicazione ad una specifica casistica processuale, quella delle cause che si introducono davanti alla giurisdizione avendo ad oggetto esclusivamente questioni di diritto.
Per questa tipologia processuale “deve” sperimentarsi la competenza del Giudice, rectae, dell’ordinamento giudiziario nei tre gradi processuali, in un termine complessivo da inscriversi entro un anno solare. Poiché la pronuncia del Giudice, in questo caso, in ogni grado di giudizio consiste proprio nello “ius dicere”, il meccanismo processuale corrisponde, in buona sostanza, nella individuazione di un ambito professionale condiviso, nella diversità dei ruoli, tra giudici ed avvocati i quali, ciascuno per la propria sfera di interesse, contribuiscono ad una accelerazione fortissima della composizione delle controversie.
Come si può vedere, l’oggetto della controversia è costituito dalle questioni di diritto sapendo che molto spesso esse derivano dalla cattiva fattura delle leggi. Di fatto, si sopperisce a tale piaga istituzionale, affidando a giudici ed avvocati il compito di stabilire quale sia il significato della norma nella sua applicazione concreta. Sarà evidente a tutti che questa accelerazione contiene interventi di tipo organizzativo dei quali si ha coscienza e conoscenza, ma che debbono essere considerati un presupposto per il funzionamento del processo, non un limite al suo funzionamento.
Preme concludere sottolineando come l’applicazione di questo istituto processuale potrà contribuire, sensibilmente, alla stabilizzazione dell’applicazione del diritto, cioè della legge, in contesti che sono stati penalizzati e hanno penalizzato la credibilità del sistema Pese Italia anche in ambito internazionale. Non è una sfida, non si apre una contesa tra operatori del diritto, bensì una cooperazione feconda nell’interesse generale.

Alessandro Diotallevi

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