INSIEME nasce secondo un’ambizione sproporzionata rispetto alle forze che, fin qui, siamo riusciti a raccogliere attorno al nostro progetto. Non siamo degli sprovveduti e, quindi, ne siamo perfettamente consapevoli, ma questo non è un buon motivo per perderci d’animo.

Anche a noi piacciono le sfide al limite dell’”impossibile”. Sappiamo che per le cose scontate e facili si stanno già organizzando molti altri amici. Guai se ci si impegnasse solo in imprese di cui è preventivamente garantito il successo. Se fosse così non avremmo ancora scoperto l’America. Il ragionato timore di non riuscire a bucare l’inerzia del sistema, non è un buon motivo per mettere la coda tra le gambe e stare zitti. Siamo anche convinti che un’impresa come la stiamo costruendo, a dispetto delle restrizioni di cui tutti soffriamo, richieda a monte un forte sentimento di gratuità, un atteggiamento schietto e sincero di disinteresse personale. Esige non un’umiltà esibita, un po’ da collo torto, che spesso si avvolge in posture pallide ed untuose, bensì quella vera, convinta, che nasce dalla consapevolezza dello iato che corre tra la gravità del compito e le forze di cui si dispone.

La politica non si risolve in una sorta di algebra dei sistemi sociali o in sofisticate architetture intellettualistiche. E’, anzitutto, un’esperienza vissuta e, pertanto, sono fondamentali gli aspetti etici e di costume che presiedono ai suoi sviluppi e sui quali si deve insistere ed investire. Senza cadere in facili moralismi da sepolcri imbiancati.

Il trittico di riferimento dei nostri criteri d’azione è rappresentato da autonomia, competenza e promozione di una nuova classe dirigente. Cominciando da quest’ultima, va radicalmente cancellato anche il lontano sospetto che un’iniziativa come la nostra, diretta a riportare in campo la cultura politica del cattolicesimo democratico e popolare, sia, in effetti, un po’ artatamente concepita solamente per riproporre singoli esponenti o pezzi di una classe politica che pur abbia onorevolmente fatto la sua parte. Ci vogliono gesti ad un tempo concreti e fortemente simbolici, che rendano, in modo inequivoco, chiaro, soprattutto ai giovani che si stanno avvicinando alla nostra avventura, che nessuno pensa di cavalcare la loro generosa disponibilità per riciclarsi.

Beninteso non si tratta di “rottamare”, ma piuttosto, esattamente al contrario, di valorizzare, nel modo più appropriato, chi – ad esempio, gli ex-parlamentari – ha acquisito sul campo una attitudine, tale per cui può fare politica suggerendo, formando, studiando, scrivendo, aiutando i più giovani, pur senza ricoprire incarichi istituzionali. Fedeli alla consegna che la politica, prima che esercizio di un potere, sia, anzitutto, capacità di “pensare politicamente” e, come tale, appartenga a tutti e non solo agli addetti ai lavori.

In quanto alla “competenza”, ci sta a cuore sia quella “politica” in senso proprio, sovraordinata rispetto ai saperi tecnici e particolari, sia la complessiva gamma di questi ultimi. Del resto, in un partito non più a struttura piramidale, ma piuttosto a rete, come va inteso INSIEME. Le competenze non stanno certo tutte dentro il partito, che deve, anzi, innervare di cultura politica quegli ambienti associativi, categoriali e di società civile, che, a loro volta, della politica non possono fare a mano, ma non intendono esercitarla in proprio, nella forma militante che assumiamo noi. Rovesciando come un calzino, in un certo senso, la vecchia logica del collateralismo.

Soprattutto, siamo ed intendiamo essere “autonomi”. Intanto, sottraendo l’impegno politico dei cattolici in Italia a un’obbligata ed intollerabile obbedienza ora alla destra, ora alla sinistra, cosa che dura ormai da decenni. “Autonomi” non significa isolazionisti. Tanto meno autosufficienti, anche sul piano della elaborazione di una linea politico-programmatica. Del resto, sappiamo bene che ogni progetto politico si sostanzia di due elementi: una piattaforma di contenuti programmatici e la scelta dei soggetti altri da sé, con i quali contrarre le necessarie alleanze.
E se il programma è decisivo, le alleanze sono dirimenti. Anche programmi fortemente caratterizzati conservano aree, più o meno marginali, che spesso si sovrappongono ed, al contrario, sono piuttosto le alleanze possibili a conferire al progetto una “cifra” molto marcata.

Qui siamo al “dunque” del nostro percorso. Non aspiriamo ad essere il “centro” – qualunque cosa significhi – di un sistema decotto e superato. Non intendiamo intrufolarci di squincio tra i due poli per cercare di lucrare qualche vantaggio marginale, magari andando ad occupare, per grazia ricevuta, qualche strapuntino. Piuttosto guardiamo all’attuale sistema politico “ab extra”, dal di fuori, per inquadrarne in un sol colpo d’occhio le criticità da superare nel quadro di una complessiva trasformazione.

Per questo, per farla breve, pensiamo ad una legge elettorale proporzionale che, in un certo senso, restituisca l’Italia agli italiani. Una legge che rappresenti un messaggio di fiducia o, addirittura, un atto di fede nell’intelligenza politica e nella maturità del popolo italiano. Riconosciamo come possibili compagni di strada solo coloro che condividessero sinceramente questo percorso, che, oltre ad essere alternativo ad ambedue i poli, nulla ha a che vedere con i tanti sedicenti “centristi” di cui parlano insistentemente le cronache.

Domenico Galbiati

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