Il Pnrr è stato pensato per cambiare l’Italia in meglio. Se davvero l’Italia volesse farlo, dovrebbe essere ambiziosa e determinata; e se no, lasciare andare le cose per come vanno, senza lambiccarsi troppo la testa.

Domanda: da paese tra i più indebitati dell’Unione Europea, possiamo permetterci di non fare tutto quanto possibile per crescere, svilupparci, sfruttare le occasioni, limitare il nostro debito? La risposta, naturalmente, è no.

Il Pnrr rappresenta una straordinaria opportunità per l’Italia di affrontare i problemi strutturali del Paese[1]

Obiettivi etici da cercare di conseguire in ambito nazionale, dopo aver avuto l’accortezza di realizzare un buona comunicazione, tramite la buona Politica ed in  un’ottica di Bene comune. Lungo percorsi di crescita: combattere povertà ed ingiustizie. Soprattutto, nella distribuzione dei beni, l’armonizzare verso l’alto realizzando in Italia il salario minimo, creare percorsi umanitari, leciti, comuni, europei e condivisi per l’immigrazione legale; ottenere un maggior benessere individuale e sociale che generi una ripresa demografica; centrare un incremento dello stock infrastrutturale, ubicato precipuamente nel Mezzogiorno.

Nei primi due anni il nostro Paese è stato sufficientemente virtuoso a raggiungere i traguardi posti dal Piano, consistenti nell’approvazione di norme e riforme; nella sostanza abbiamo incassato tutte le somme che ci sarebbero dovute pervenire dall’Europa.

Il giorno 8 Aprile 2023, un autorevolissimo costituzionalista, opinionista  ha lanciato, però, un “allarme Pnrr[2]”. La spesa per investimenti ristagna: i ritardi riguardano in particolare il settore scolastico e quello dell’igiene urbana. Secondo il Professor Cassese, necessiterebbe “poter fare affidamento su una centrale capace di mobilitazione  e di monitoraggio, cioè di stimolare l’attuazione, seguire l’esecuzione, verificare i tempi, , assicurarsi della ricezione e dell’applicazione dei nuovi principi; agire sugli snodi e sugli intoppi decisionali, sapersi dotare di collaboratori, saper decentrare con giudizio”.

Alcuni ambienti della Commissione Europea sono oggi favorevoli a consentire una parziale e motivata revisione del Pnrr, orientamento che il Governo italiano dovrebbe contribuire ad incoraggiare; richiedendo anche nel Next Generation EU un sovrappiù di flessibilità e pragmatismo  “che sono sempre stati la cifra distintiva ed innovativa del Policy making UE”[3].

 Il Governo Meloni sarebbe opportuno che si concentrasse sul cercare di  comunicare cosa pensi di fare con le sue decisioni e conseguenti soluzioni.

Il problema, al momento irrisolto, auspicabilmente in via di soluzione, è quello relativo alla Concorrenza[4], rispetto al quale, a causa di contrasti di interessi elettorali tra le forze politiche costituenti la maggioranza di Governo, nonostante l’allerta formale della Presidenza della Repubblica, la soluzione non è ancora stata adottata, dopo due Consigli dei Ministri convocati con questo argomento all’Ordine del Giorno. Il bello viene nei prossimi quattro anni di cui il 2023 è il primo.

Adesso siamo chiamati a realizzare opere, dalla definizione delle quali dipenderà, a consuntivo, l’arrivo dei Fondi nel prossimo anno e così poi di seguito fino all’anno 2026\2027. Purtroppo, per insipienza ed incapacità allo sguardo lungo, il Piano è stato esplicitato in tanti piccoli interventi provenienti dai cassetti degli Enti, attualmente impossibilitati a realizzare il vero Obiettivo del Piano: una crescita razionale ed equilibrante.

I numeri: nell’anno 2023, la spesa da realizzare era fissata in 36 miliardi di Euro; dovendone recuperare cinque non spesi, oggi il traguardo è fissato in 41 miliardi; e così sarà negli anni a venire.

Fin da subito, serve impegnarsi per ottenere il risultato propostoci dall’Unione Europea; ne va della sopravvivenza del Welfare di cui ha bisogno un Paese che fortunatamente invecchia ma che, sfortunatamente, è alle prese con il grande problema sociale della denatalità, in alcun modo compensato, flussi migratori compresi, contrariamente a quanto hanno fatto, senza clamore, Francia e Germania.

Il nostro Paese è infatti stretto fra due spinte contrastanti: una massa, numericamente maggiore di quella degli anni precedenti, di immigrati cerca di entrare nel nostro Paese, e la Dirigenza Politica fa di tutto, talvolta anche di troppo, per respingerli; contestualmente le imprese e le famiglie cercano spasmodicamente mano d’opera che non trovano, con la conseguenza che molte migliaia di posti di lavoro disponibili non trovano chi possa occuparli.

La responsabilità di ottenere il risultato che l’Italia, come ogni singolo stato membro si è dato, è affidata oggi dal Governo Meloni al Ministro competente, Fitto, il cui compito consiste essenzialmente nel centrare il risultato proposto: che la crescita si concentri nel Mezzogiorno, tramite le corrette direttive ai cospicui uffici che ha avuto affidati, cercando di garantire risultati e vigilando sulla capacità della dirigenza, nonostante le ben note croniche debolezze (frammentazione degli obiettivi, scarsa capacità di spesa, una macchina burocratica indebolita da decenni di blocco del turn over, con numeri ridotti al minimo e con quadri e dirigenti sempre più anziani e demotivati); solo a queste condizioni potremo aspirare a quella disponibilità dell’Unione Europea che potrebbe contribuire a risolvere il problema, consentendo, a certe condizioni, un certo tasso di flessibilità.

Pier Ferdinando Casini si appella a maggioranza ed opposizione affinché sul tema Pnrr “collaborino perché quei miliardi di Fondi Pubblici non vadano né persi né sprecati; sarebbe utile al Governo, ma sarebbe utile soprattutto all’Italia”. Il Ministro all’Economia ha dichiarato: “Si sta valutando un provvedimento per migliorare l’organizzazione della Pubblica Amministrazione, la cui struttura burocratica probabilmente non era ed ancora non è all’altezza di sostenere questo choc da domanda”.

Il Commissario Europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha avuto occasione di affermare: “Il successo del Pnrr è obiettivo comune di Roma e Bruxelles; c’è un margine per rinegoziare i termini del Piano e quando arriveranno le proposte da parte italiana, la Commissione é pronta ad esaminarle con il massimo di collaborazione e flessibilità”. “Revisioni dei Piani sono possibili, purché si tratti di revisioni mirate e motivate da circostanze oggettive e non politicistiche.” “Il Pagamento entro breve termine della rata da 19 Miliardi, non è in discussione e sarà effettuato, anche se in ritardo.”

I risultati fin qui conseguiti, al 13 Marzo 2023, tratti dalla Piattaforma della Ragioneria Generale: la spesa finora realizzata ammonta a 23 miliardi di euro, attinenti a due Riforme e 105 investimenti con una percentuale di realizzazione delle risorse complessivamente disponibili all’anno 2026 del 12% circa.

Al Governo compete ottenere che ogni euro di quei Fondi sia congruamente utilizzato perché è il Governo in carica e perché il Pnrr è il Progetto che l’Italia si è dato come Paese. Né ha senso lamentarsi di chi ha governato prima, avendo ricevuto le consegne relative ad un Paese che ha conseguito due anni di crescita eccezionale, accresciuto il numero degli occupati, ristretto la forbice delle diseguaglianza e dell’ingiustizia, come anche attestato dall’Indice Gini a fine anno 2022.

Indispensabile costituire a Palazzo Chigi, appena possibile, una squadra credibile, immediatamente operativa, di circa 70 funzionari esperti, alcuni dei quali Dirigenti Generali.

Ricordandoci che, purtroppo, la Storia tende a ripetersi: anche con il tanto citato precedente del Piano Marshall, ci furono problemi; ma la capacità della Dirigenza politico amministrativa di allora, sotto la spinta dell’Amministrazione statunitense, ottenne di centrare i target e di ottenere la somme che ci competevano. Alla fine del percorso, l’Italia divenne la quinta economia del Mondo, ancorché le somme del Piano Marshall fossero solo la metà di quanto ora attribuito all’Italia dall’Unione Europea., con il Recovery Fund, New Generation EU. All’epoca la soluzione fu trovata nella costituzione della Cassa per il Mezzogiorno; oggi potrebbe consistere nella realizzazione di una struttura Commissariale con i sufficienti poteri per centrare i risultati? Bisognerebbe solo essere molto attenti nella scelta del vertice Commissariale.

Le soluzioni andranno trovate utilizzando le norme del Decreto Pnrr 2023 (relativo alle sole Opere dallo stesso previste ed i relativi poteri sostitutivi). Il giorno 4 Aprile 2023 il Governo ha presentato emendamenti al Decreto PNRR all’esame al Senato che prevedono ulteriori misure di riforma della Governance e di velocizzazione delle procedure.

D’altronde, che la soluzione ai problemi del momento non consista nel folle proposito di rinunciare a Fondi, ipotizzato soltanto da un Sottosegretario leghista[5], ma piuttosto nel proposito di ottenerne altri, ovviamente finalizzati, è riscontrabile nell’affermazione di Ursula von der Leyen, la quale, in occasione alla sua visita di Dicembre all’università Bocconi, ha annunciato che l’Italia avrebbe potuto contare su ulteriori 9 Miliardi di € per il Repower EU; la Premier, Giorgia Meloni, ha accettato la possibilità,  che avrebbe consolidato la possibilità di ottenere  la diversificazione delle forniture e la cancellazione di approvvigionamento del gas russo e la realizzazione dell’Italia quale Hub energetico per il Mediterraneo, obiettivo per il quale saranno attivati strumenti finanziari e di politica industriale. Il tema che deve guidare la dirigenza politica consiste nel come utilizzare le risorse disponibili per promuovere un’offerta nuova capace di contribuire a raggiungere gli ambiziosi traguardi prefigurati, quali quelli conseguiti, soprattutto grazie all’export negli anni 2021e 2022. Contestualmente bisognerà evitare che vadano deserti Bandi relativi ad importanti progetti quali quello relativo al 5G la cui fibra non può essere posata a causa della mancanza di mano d’opera manuale, allo stato non reperibile.

Nemmeno praticabile è la procedura richiesta da Zaia e da Sala, “spostate i Fondi che altri non riescono a spendere”, perché concreterebbe violazione esplicita di uno dei presupposti previsti dal Pnrr, cioè che il 40% delle risorse debbano essere destinate al Mezzogiorno.

Importante tenere presente che il totale dei Fondi attualmente disponibili ammonta ad 300 miliardi; la quota di Fondi nazionali e della programmazione Europea sono utilizzabili entro l’anno 2029; secondo il Ministro Fitto, “allargando il campo delle risorse, utilizzando i vasi comunicanti tra i diversi Fondi, si potrebbe recuperare, in presenza di un accordo con la Commissione, quella flessibilità necessaria a non mettere a rischio il PNRR, per l’impossibilità di conseguire tutti gli obiettivi previsti nei tempi fissati[6]”, tramite un confronto sul merito, in modalità chirurgica e puntuale, attuata non solo dal Governo ma fatta propria dal Paese.

Indispensabile evitare che il prezzo da pagare per l’ottenimento della flessibilità sia un utilizzo non congruo del tempo, lentezze, ritardi; crescita, Pil, risultati possono attendere veramente poco.

La proposta di possibili modifiche del Piano dovrebbe essere presentata alla Commissione europea.

Allo stato delle attuali conoscenze, la proposta ora allo studio prevede l’allineamento del Pnrr con le risorse per le Politiche di Coesione (43 miliardi di € per gli anni 2021\2027) e con quelle del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione che riguarda il periodo fino all’anno 2029. Tale proposta dovrà essere presentata a Bruxelles  entro il 30 Giugno 2023.

Il Ministro vorrebbe, quindi, far sì che la proposta possa essere presentata dopo l’approvazione del Decreto Pnrr 2023, in discussione al Senato. La credibilità del Paese Italia è affidata alla capacità di portare a temine con successo il Piano proposto da Recovery Fund.

Quindi, ora serve fare presto e bene. Serve un cambio di passo. Quello attuale non è sufficiente. Serve ottenere il massimo, nel minor tempo possibile.

Massimo Maniscalco

 

[1] Nando Pagnoncelli, Sondaggio, Corriere della Sera, !5 Aprile 2023.

[2] Sabino Cassese, I rimedi possibili sul Pnrr , Corriere della Sera., 8 Aprile 2023.

[3] Maurizio Ferrara, L’errore all’origine del Pnrr , Corriere della Sera, 9 Aprile 2023.

[4] Stabilimenti balneari, tassisti, ma certamente non soli..

[5] Riccardo  Molinari, prontamente smentito, tra l’altro dalla Premier. “ L’ipotesi di rinunciare ad una parte dei fondi non è sul tavolo.

[6] Fitto: La priorità è non perdere i Fondi, Enrico Marro, Corriere della Sera, 6 Aprile 2023.

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