Quindici giorni fa la crisi di governo sembrava giunta su un binario morto, con i manovratori attenti ad evitare scontri tra i veicoli di servizio e i vagoni in sosta. Fra i vagoni fermi in stazione, anche quelli di un treno in transito, con alcuni passeggeri indecisi se rimanere a bordo  o scendere  per prendere la coincidenza di un rapido in arrivo.

Descritta come gli accadimenti di vita quotidiana all’interno di una stazione ferroviaria, l’azione dei politici della crisi di governo è paragonabile all’attività dei manovratori e dei passeggeri, ognuno dei quali agisce con azioni dirette ad evitare errori di valutazione. Alla fine, il treno riparte con tutti i passeggeri al loro posto e con un conducente d’eccezione alla guida dell’unità di trazione del convoglio. Quest’ultimo risponde al nome di Mario Draghi, un predestinato a cui il Capo dello Stato ha affidato l’incarico di formare il nuovo governo.

Mai scelta fu più indovinata. E’ bastata la sola ufficialità dell’incarico per vedere nei tre giorni successivi il rapido calo del differenziale fra i nostri Btp a 10 anni e gli analoghi titoli del debito pubblico tedesco, passato dai 119 punti base degli ultimi giorni di gennaio ai 94 punti base riscontrati nei successivi giorni di febbraio. Diciamo che l’arrivo di SuperMario è stata una vera panacea per il mercato italiano, con la Borsa di Milano che ha festeggiato l’evento “alla grande”  mettendo a segno rialzi che hanno favorito soprattutto i titoli bancari, a dimostrazione del carisma del personaggio, già salvatore dell’Euro  e che saprà salvare anche l’Italia.

In campo politico, i colloqui  fra Draghi e i rappresentanti dei partiti non hanno lasciato intravedere dubbi sul percorso di successo del nuovo governo. Ampia l’adesione dei partiti alle proposte di Draghi, per quello che per tutti noi sarà il governo  del “cambiamento”.

L’adesione, alla fine,  è giunta anche dal partito della Lega, con una folgorante conversione  dell’euroscettico Salvini che ha espresso adesione e fiducia. Fa anche scalpore lo stupore manifestato dal 5 Stelle Grillo  al termine del suo colloquio con Draghi : “ Ho parlato con un grillino, altro che un banchiere di Dio”.

Alla fine un consenso quasi unanime, generato dalla capacità indiscussa di un personaggio – con il quale era financo imbarazzante parlare di finanza durante le consultazioni –  e da un programma di governo che prevede la revisione del fisco, la riforma della pubblica amministrazione, la riforma della giustizia civile, con uno sguardo anche a quella penale per risolvere il dramma delle carceri, come suggerito da Emma Bonino; e ancora un piano vaccinale organizzato con una logistica nuova rispetto a quella adottata fino adesso, l’attenzione all’emergenza economica, ambientale e, soprattutto, a quella legata al mondo dell’istruzione. Interessante il ritorno alla concertazione, con l’incontro con le Parti sociali, la Confindustria e l’Abi.

Insomma come dire: “ E’ bene che tutti sappiano”.

Sul Recovery plan italiano,  credo che Draghi dovrà operare delle scelte dettate dalla logica di ottimizzare le risorse.  Spero tanto che, se scelte dovranno essere operate, non vengano limitate quelle che riguardano  le attese e le speranze della gente che vive nel meridione d’Italia.

L’utilizzo  del fondo di recupero, con una disciplina finanziaria che si intreccia a quella del nuovo bilancio pluriennale UE (2021-2027), non può non essere rivolto allo sviluppo e al recupero dei territori con un evidente deficit in termini di sviluppo economico e sociale. Al riguardo, poco o nulla è stato scritto prima, nulla è dato di sapere oggi.

E’ un momento cruciale per le sorti del Paese, lo abbiamo capito tutti e lo ha capito anche la politica   che,  per l’occasione, ha imparato a non  tirare troppo la corda di fronte all’uomo  capace di vincere le sfide “whatever it takes”.

Salvatore Cucinella

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