Il cosiddetto deserto demografico fa riflettere e anche all’interno del “mondo” delle donne, anche tra quelle notoriamente indicate come femministe, si cominciano a levare delle coraggiose voci sul diritto della donna a diventare madre. Un diritto troppo spesso conculcato da questioni economiche e sociali: disparità di salario, sfruttamento del lavoro femminile, mancanza di una politica di sostegno alle donne madri sole, a quelle che non trovano o non possono permettersi l’asilo nido per il figlio piccolo; ancora le altre che devono rinunciare al lavoro perché costrette a fare assieme la moglie, la madre e la figlia di genitori anziani o disabili. E questo perché ci manca la visione adeguata di una società moderna in cui sono mutati completamente i fondamenti della vita concreta e quotidiana. In una parola, è necessario ragionare sulla cultura della Vita in cui uomini, donne, laici, credenti, imprenditori e sindacalisti, oltre che beninteso i politici, dovrebbero fare uno scatto innovativo per decidersi ad avviare nuove politiche di protezione e sostegno sociale alla famiglia e alle coppie che sentono forte il senso della genitorialità. In questo senso abbiamo bisogno di disegnare un nuovo welfare a partire dal cosiddetto welfare aziendale.
Nelle voci che si stanno alzando spicca quella di Cristina Comencini che, su La Repubblica, ha scritto recentemente: “Le giovani donne di oggi dovrebbero imporre a gran voce, come un tempo la generazione precedente ha imposto la libertà sessuale, la loro libertà di essere madri, di desiderare un corpo anche per fare nascere un’altra, un altro”. A 44 anni dall’entrata in vigore della Legge 194, mi pare un valido spunto di riflessione, immersi come siamo nel pieno dell’inverno demografico. Il legislatore si premurava di sottolineare che lo stato, mentre “garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”.
Che forse maturano tempi in cui si può pensare che tante questioni, finora affrontate il termini esclusivamente ideologici, com’è sicuramente stato nel caso dell’aborto, possano essere invece viste in maniera costruttiva con una prospettiva più ampia al cui fondo stia una comune battaglia per la Vita assunta in una prospettiva di crescita, concreta e culturale, per l’intera società?
Noi abbiamo avanzato una petizione (CLICCA QUI) per prevenire l’aborto applicando completamente la Legge 194 il cui titolo è corretto è “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” (CLICCA QUI). Una legge frutto di un “compromesso” che molti cattolici vissero come un “male minore”, ma che come tutti i compromessi è stata disattesa nella parte più costruttiva e attorno cui una convergenza è davvero possibile perché, salvo casi di estremismo pregiudiziale, tutte le componenti culturali del pensiero consolidato nel corso della nostra storia è sempre andato evolvendo nella ricerca di un senso più pieno dell’esistenza e della tutela della Vita.
In questo senso dev’essere considerato anche il recente intervento di Marina Casini sul’Avvenire (CLICCA QUI), con cui la Presidente del Movimento per la Vita ricorda che i “non nati” sono anch’essi portatori di diritti, esattamente gli stessi di quelli che nascono. Una legge , dunque, “iniqua” ed “insincera” com’è la 194. Ma ciò non può far dimenticare, dice Marina Casini, che ” gli obiettivi principali da mantenere a ogni costo sono quello di salvare i bambini non nati insieme alla giovinezza delle loro mamme e quello di gettare ponti per il dialogo. Di qui una lettura della 194 che non chiude il discorso, bollandola come ipocrita e perversa, ma apre una pista di riflessione evidenziandone l’’inquietudine’: sull’inquietudine si può lavorare, si può dialogare, possiamo incontrarci”.
Dunque, e questo è anche lo spirito che ha portato INSIEME a presentare la propria petizione, si tratta di mettersi d’impegno “nell’applicazione delle ‘parti buone’, oppure da qui ad arrivare a sganciare le attuali offese alla vita dal germe contenuto nella 194 c’è una bella differenza”.
Giustamente, Marina Casini valuta non maturi i tempi per l’introduzione di modifiche alla legge che continua ad essere chiamata “sull’aborto”, ma al tempo stesso neppure ci possiamo rassegnare alla «cultura dello scarto».
Però, proprio proseguendo lungo la riflessione di Marina Casini, possiamo ragionare sulla possibilità di andare al fondo dei diritti di cui tutti siamo ugualmente portatori, anche la bimba o il bimbo non nato. E viene per questo in soccorso proprio tutta la prima parte della Legge 194 che non è è mai stata applicata.
Per la petizione di INSIEME sulla 194 CLICCA QUI