Le banche devono restituire ai clienti le somme non dovute nel caso in cui un finanziamento è chiuso in anticipo rispetto alla scadenza prevista. Gli istituti di credito hanno resistito fino alla fine nel dare corso ad una direttiva dell’Unione europea. Anche approfittando di una norma varata dal Governo Draghi che ha permesso loro di continuare a spadroneggiare a spese dei consumatori e a tenersi somme loro non dovute. Parliamo, mediamente, di somme da migliaia di euro che fanno comodo sì alle banche e ai loro azionisti, ma che in taluni casi lo fanno ancora di più per chi è stato costretto a richiedere un finanziamento e a caricarsi delle relative spese per costi ed interessi.

Si è dovuto però arrivare fino alla Corte costituzionale, che ha preso la storica decisione proprio alla vigilia di Natale, affinché le banche scoprissero cosa vuol dire quello che significa il famoso, detto in inglese, “customer service”, cioé l’attitudine a mettere in cima della propria attività commerciale, finanziaria o produttiva gli interessi di clienti e consumatori. A maggior ragione se c’è una normativa europea e, anche se è un tema per loro molto ostico, soprattutto da mettere in pratica, della moralità nel far pagare davvero il giusto in relazione al servizio che una banca offre. Non si capisce proprio, infatti, se un finanziamento è previsto, ad esempio, per 10 anni, perché il cliente debba pagare spese ed interessi per tutta la durata di questo periodo se poi, in effetti, il finanziamento, per qual si voglia ragione, si chiude in anticipo e, in taluni casi, anche di parecchio.

Dovrebbero essere la stessa morale e l’interesse a mantenersi i clienti ad evitare di compiere veri e propri “furti legalizzati” a dispetto di una tendenza consolidata in Europa tesa a privilegiare gli interessi dei consumatori.

Meno male che ogni tanto possiamo dire “ci sono dei giudici a Berlino”, riferendosi, in questo caso a quelli della nostra Corte costituzionale che hanno “limato” un po’ le unghie delle banche.

 

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