Ieri, Giancarlo Infante ha scritto quello che molti italiani pensano sull’amara conclusione della vicenda Alitalia ( CLICCA QUI ). E’ del tutto condivisibile il puntare il dito nei confronti dell’intera classe dirigente del Paese. Un disastro di quelle proporzioni non si raggiunge per caso. Soprattutto, non è cosa improvvisa. Inanellata, invece, da decenni di errori e spese che, oggi, si rivelano davvero inutili. A parte l’aver salvato lo stipendio a migliaia di famiglie per tanti anni. Ma non c’era altra strada?

L’Alitalia muore senza che nessuno si presenti almeno al funerale. Nessuno vuole avere a che fare con la defunta, meno che mai mostrare la pistola fumante. La cattiva coscienza, tanto sanno di averla fatta grossa, porta i personaggi della politica e dell’economia italiana a darsela a gambe mentre la cara estinta compie l’ultimo e fatidico viaggio.

Un aspetto davvero drammatico è legato al fatto che ci si è continuati ad occupare dell’Alitalia senza avere mai il coraggio, come ha scritto Infante ” di andare al fondo del problema”. Le carenze nell’analisi strategica, sono progressivamente diventate un grande costo per tutti gli italiani. Già nel 2015, uno studio di Mediobanca ( CLICCA QUI ), al momento della cessione della nostra compagnia aerea a Etihad, calcolò che tra il 1974 e il 2014, tra costi diretti e indiretti riconducibili ad Alitalia, erano stati spesi l’equivalente di 7,4 miliardi di euro, poco meno di 15 mila miliardi di vecchie lire.

Si rispondeva ai problemi creandone altri. Tanto avrebbe pagato Pantalone. Si è così saliti a oltre 12 miliardi di euro: se, come c’è da credere, è attendibile il conteggio di due anni fa de Il Sole 24 Ore ( CLICCA QUI ). Ma non è finita qui, perché sono arrivati gli “spiccioli” da poche centinaia di milioni prima del decesso. Inclusi quelli finali per assicurare gli stipendi prima che tutto fosse messo nelle mani di ITA. Anche la più ridotta denominazione del vettore nazionale spiega plasticamente la fine di Alitalia.

Purtroppo, la scomparsa della nostra compagnia di bandiera è sulla coscienza di tutti e nessuno si assume la responsabilità di darne la triste notizia. Né il Pd, né Berlusconi e neppure Salvini. Neppure ci si è arricchito direttamente, come taluni imprenditori che sanno solo prendere, e dei sindacalisti che pure hanno portato il loro contributo al disastro.

Per quanto riguarda la politica, ahinoi, non si salva nessuno. Dalle sinistre, al centro, alle destre. Eh sì. Abbiamo iniziato con il credere al potere taumaturgico delle privatizzazioni della metà degli anni ’90. Invece, esse, non avendo innescato alcun serio processo di liberalizzazione e, quindi, dato vita ad alcuna autentica concorrenza, si sono rivelate vere e proprie “regalie” fatte agli amici degli amici. Un bel viatico per l’appena nata Seconda repubblica che, a dispetto della proclamata ufficializzazione del cosiddetto “bipolarismo” politico parlamentare, si è tradotta in una “conventio ad includendum” dei centri d’affari tra di loro più disparati.

Dopo, visto che le cose continuavano a non andare bene, si è pensato di mettere tutto nelle mani a dei “capitani coraggiosi” cosa che ha fatto intravedere delle alleanze un po’ “strane” tra gli uomini della politica del centrodestra se si riflette su chi stava allora a Palazzo Chigi e alla provenienza di e alcuni di quei “capitani” cui guardava con una certa simpatia tutta un’area della sinistra. Ma ce n’è anche per la Lega, se solo si pensa alle energie e alle risorse profuse per far assumere un ruolo preminente a Malpensa, cosa che non trovò alcun sostegno da parte dei veri esperti del trasporto aereo.

Poi è arrivato il resto. Tutto abbastanza inspiegabile, ma che spiega bene invece perché oggi nessuno si presenta al funerale di Alitalia e fa finta di niente.

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