Tra le mie vecchie carte un posto speciale è riservato alle raccolte annuali della rivista di Nicola Pistelli: “Politica”.
Insieme a testi fondamenti della nostra cultura, anche i fascicoli di “Politica” meritano di essere ripresi. Sono tuttora una miniera di analisi che valgono da spunto, da intuizioni capaci di iliuminare anche il cammino che abbiamo da percorrere oggi, nella nuova fase di lavoro cui dà il via l’assemblea che si apre tra poche ore, diretta ad illustrare il Manifesto di Politica Insieme, Rete Bianca, Costruire Insieme.
Questo vale anche per la concezione di partito che dobbiamo studiare, mettere alla prova e via via consolidare.
Sapendo che la società cosidetta “liquida” e frammentata è una sfida a maggior ragione difficile, anche sotto questo profilo.
Per Pistelli il partito non era la macchina del consenso, nè il comitato elettorale o lo strumento della propaganda, ma piuttosto il luogo del confronto con la società civile nelle sue mille articolazioni. Lo spazio in cui costruire, formare una opinione pubblica avvertita e democratica, capace di giudicare e, dunque, di partecipare in modo costruttivo e consapevole. Si tratta di un indirizzo da perseguire anche oggi.
Peraltro, c’è una sorta di contraddizione intrinseca in ogni partito: il riconoscersi “parte” ed essere, nel contempo, orientato al “tutto”, cioè alla “polis” nel suo complesso; rappresentare interessi, orientamenti particolari e sapere che sono tanto più legittimi quanto più vengano riassorbiti nell’ interesse generale della collettività, cosicché il “bene comune” non è qualcosa di scontato, messo lì’ confezionato e pronto all’uso, ma il frutto di una priorità ragionata e condivisa, attorno a cui convergono tutti gli attori di un determinato contesto.
C’è poi chi, in particolare nello stesso mondo cattolico, ritiene che debba essere privilegiato l’impegno formativo e culturale, investendo sulla rettitudine di una coscienza cristiana che sia capace di dare testimonianza dei valori in cui crede nello svolgimento concreto della vita quotidiana.
Da questa impostazione, sicuramente mossa da nobili intenti e che rispettiamo, ci permettiamo di dissentire.
La riteniamo utile ed, anzi, essenziale, ma parziale ed insufficiente. Talora, del resto, viene proposta – da taluni, almeno – con una intonazione polemica e sottilmente sprezzante nei confronti di chi propende, invece, per un ruolo di militanza attiva nel partito.
Andrebbe, a questo punto, considerato piuttosto come questa ultima scelta abbia, al contrario, in sè aspetti di generosità e di responsabilità di grande rilievo. Non a caso, se correttamente intesa – sia pure contro una errata opinione corrente – la militanza politica è una scuola di grande umiltà perchè consente a ciascuno di misurare il divario incolmabile che corre tra le proprie capacità e la dimensione spesso soverchiante dei problemi da affrontare.
Uno iato che forse non è sempre così evidente a chi osserva il mondo dalla stanza ovattata del proprio studio.
Da stamane, ad ogni modo, ci rimettiamo in cammino per una nuova tappa della nostra avventura e non mancherà occasione per approfondire quale debba essere la fisionomia di un partito politico adatto al tempo a suo modo straordinario che ci è dato vivere. Con l’entusiasmo e la dedizione assidua che merita.
Domenico Galbiati