Con la legge 117 del 2017, istituiva del Terzo Settore,  l’Italia ha introdotto nel proprio ordinamento un fatto nuovo e potenzialmente rivoluzionario perché riconosce la piena legittimità giuridica, economica e di impresa agli Enti del Terzo Settore. Già con il DGLS 106 del 2016 erano stati definiti alcuni elementi  chiave per identificare e qualificare le “imprese sociali”, distinguendole nettamente dalle imprese private e da quelle  di diritto pubblico.

Di fatto, l’ordinamento italiano, riconosce che hanno diritto di impresa non solo le aziende private per il perseguimento del loro legittimo profitto o le imprese pubbliche per il perseguimento delle finalità pubbliche definite dallo Stato, ma anche le imprese sociali appartenenti al Terzo Settore purché le finalità siano quelle previste dalla legge istitutiva e negli ambiti specificatamente individuati, in accordo con le finalità generali stabilite dalle leggi nazionali:

In particolare le finalità caratterizzanti sono

  • Prevalente interesse sociale nelle attività svolte
  • Non perseguimento dell’utile di impresa nello svolgimento della propria attività di impresa sociale
  • Adozione di modalità di gestione responsabili e trasparenti
  • Il più ampio coinvolgimento possibile dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle attività oggetto delle loro iniziativa di impresa.

Di fatto si viene a costituire un soggetto nuovo, legittimato a sviluppare impresa, senza i vincoli della remunerazione del capitale e del perseguimento del profitto quale finalità esclusiva o principale, come nelle aziende private, e senza essere asservito al  potere statale, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

Elementi cardine della impresa sociale sono

  • l’incardinamento territoriale,
  • il forte coinvolgimento di dipendenti, utenti e stakeholders isomorfi alle attività dell’impresa, in uno spirito partecipativo innovativo dove chi è destinatario del servizio o prodotto è ANCHE  coinvolto nella produzione del prodotto o servizio stesso, e chi produce il prodotto o servizio può essere corresponsabilizzato nella gestione stessa della attività della impresa sociale.

Con questa normativa,  è stata di fatto  istituita una circolarità di interessi  all’interno delle “attività produttive” che supera  il conflitto di interessi su cui è fondata la classica organizzazione aziendale e sociale attuale: conflitto tra produttore e acquirente, conflitto tra operatore e proprietario, conflitto tra utente/utilizzatore e operatore/dipendente, e che governa la relazione tra i differenti soggetti (non casualmente definiti stakeholders) e che, conseguentemente, può essere regolata solo da rapporti di forza più o meno temperati  da norme o strumenti di compensazione legati a aspetti di tipo burocratico/formale.

Molta attenzione è stata fino ad ora posta sul carattere non speculativo che devono avere le imprese sociali iscritte tra gli Enti del terzo Settore: poco o nulla è stato invece fatto per definire meglio il criterio di coinvolgimento di lavoratori, utenti e soggetti interessati, in base alla loro prossimità territoriale.

Un coraggioso e diretto coinvolgimento dei dipendenti può assumere  un elevato valore antropologico e politico perché coinvolge il lavoratore e lo fa partecipe non solo del prodotto, ma anche delle finalità dell’impresa, diventando esempio manifesto del significato della centralità del lavoro, proprio in una epoca storica differente da quelle delle precedenti rivoluzioni  industriali e che subordina il lavoro alla finanza e tende a negare la dignità umana del lavoro stesso, ipotizzando forme di assistenza  che negano di fatto la necessarietà del lavoro che invece è iscritta anche nella neurobiologia del nostro funzionamento mentale.

Lo stesso ruolo del sindacato può cambiare in profondità, perché può essere co-protagonista dell’impresa, superando il paralizzante conflitto tra difesa dei diritti dei lavoratori e difesa dei diritti degli utenti  che, specie nelle attività di erogazione di servizi, ha fatto diventare irrilevante l’azione stessa del sindacato.

Un altro elemento fondativo, poco sottolineato, è  il coinvolgimento degli utenti, non solo e non tanto come “customer” che giudicano la rispondenza del servizio rispetto alle loro attese/esigenze, ma come co-costruttori di attività, assumendo anche il punto di vista e le difficoltà di una condivisa conciliazione di legittime istanze di reciproci diritti con i lavoratori stessi.

Terzo elemento costitutivo è il coinvolgimento di settori della società civile o delle istituzioni locali come elementi  che giustificano e danno linfa e energia alla impresa costituita: o si è radicati nel territorio o non ha senso definirsi ente del terzo settore: il coinvolgimento non può e non dev’essere strumentale, ma deve saper offrire spazi veri di decisionalità e responsabilità: superare  l’individualismo, non è un principio “astratto” declarato come  imperativo etico,  ma è quotidiana e concreta modifica dei modelli attualmente imperanti.

Perché ciò non rimanga “lettera morta” o solo idealistico auspicio che in virtù della sua utopica aspirazione non potrà mai concretizzarsi  dando così ragione ai detrattori di questo  nuovo sistema sociale tri-polare, è necessaria una iniziativa politica determinata, ma concreta, affinché, proprio nelle imprese sociali del Terzo Settore che maggiormente si ispirano alla dottrina sociale della Chiesa, in particolare per quelle che operano nel campo dei servizi sociali e socio-sanitari e educativi, ci sia un nuovo disegno della “governance d’impresa”, prevedendo in maniera trasparente la presenza,  in modalità isomorfe alla tipologia di attività e alle dimensione dell’impresa sociale coinvolta  sia nelle assemblee  dei soci che negli organi di governo, di rappresentanze dei lavoratori, degli utenti e dei territori,   “aprendo le porte” di imprese sociali e ETS.

In questo modo si contrasterebbe il rischio di  forme di auto-isolamento o di arroccamento in difesa di posizioni storicamente determinatesi, che gli ETS possiedono in maniera costituiva, senza la linfa del continuo confronto con i bisogni concreti manifestati da utenti, operatori, territori.

L’impatto antropologico di una tale rivoluzione, si radicherà nella cultura delle persone coinvolte, testimoniando che è possibile un’altra finalità del lavoro e del fare impresa.

Questa nuova modalità dovrebbe essere adottata a maggior ragione da tutte quelle imprese sociali che sono  diretta emanazione di entri religiosi che potrebbero così distinguere in maniera netta le finalità della loro attività da quelle proprie della loro congregazione o ordine di appartenenza, offrendo loro la opportunità di rivitalizzarsi immergendosi in un confronto autentico con quella società civile, oggetto del loro spirito apostolico e delle loro iniziative sociali, togliendo gli attuali steccati che, come balaustre delle vecchi chiese, dividono la realtà popolare dalla realtà del mistero che dovrebbe essere incarnato dalla loro presenza viva e paritaria in mezzo al popolo.

Una iniziativa politica forte deve però saper offrire  esempi concreti di attuazione delle modalità di coinvolgimento e partecipazione, anche sul piano della organizzazione di impresa o aziendale, coerenti con le norme italiane, da diffondere e incoraggiare nei settori dove è presente una sensibilità alla nuova visione  sociale e  del lavoro come sottolineato anche nelle ultime encicliche papali e chiamando anche il mondo sindacale a co-costruire strade nuove di partecipazione attiva.

Una iniziativa in tal senso, se rivolta in primo luogo alle strutture che operano nei servizi alla persona (ambito socio-sanitario, sanitario e scolastico) avranno  anche l’ obiettivo  di un ridisegno dei contratti di lavoro adeguandoli all’insegnamento del magistero e alle nuove realtà delle imprese sociali.

Una altra ricaduta possibile può essere quella di promuovere iniziative in grado di aiutare gli ETS a soddisfare le linee guida previste dal decreto attuativo del 2019  sulle modalità di dare evidenza dell’impatto sociale di questi ETS e che non può essere lasciato scivolare verso una deriva solo burocratica e di comunicazione opportunistica e strumentale, svilendo così il significato stesso della nuova legislazione.

Massimo Galbiati

 

 

 

 

 

7 ottobre 2020                                   massimo molteni

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