In questo tempo di Natale, in cui si fa festa perché nasce un bambino, nasce Gesù, è certo appropriato fare qualche riflessione sulla L. 194/78 norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.

La legge n. 194 del 22 maggio del 1978 che rese possibile l’aborto in Italia non ha formalmente introdotto un “diritto” di aborto. In Italia ma esiste la possibilità di abortire, come ultima soluzione, come “male minore”. “ Lo Stato… riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”, recita l’art. 1 della L. 194, cioè dal momento della fecondazione, come dice la scienza. Lo Stato predilige la nascita, per questo proprio la L194/78 prevede che venga fatto di tutto, ma proprio di tutto perché la donna sia libera di non interrompere la gravidanza. Allora perché oltre 6 milioni di bambini, dal 1978 ad oggi. non hanno avuto la possibilità di nascere e le loro madri non sono state tutelate nella loro maternità? Fondamentalmente perché la 194 è una legge ambigua…di fatto la preferenza per la nascita è stata completamente ignorata.

Una legge “integralmente iniqua”. Così la definirono Giorgio La Pira, dopo di lui Carlo Casini, presidente onorario del Movimento per la Vita Italiano, scomparso lo scorso marzo, e Marina Casini, attuale presidente del MPVI. Iniqua perché questa legge introduce una discriminazione odiosa tra esseri umani: il diritto alla vita della madre vale di più del diritto alla vita del figlio, a tal punto che il diritto alla salute-di rango inferiore rispetto al diritto alla vita- della madre prevale sul diritto alla vita del figlio. Con la conseguenza di una violazione dei diritti umani ed in particolare del diritto alla vita, il primo dei diritti fondamentali, necessario per poter godere di tutti gli altri, a scapito del soggetto più debole, il bambino nella pancia della mamma. Una discriminazione per età. Questa ingiustizia sta alla base dell’ambiguità di tutta la legge e sella sua disapplicazione proprio nelle sue parti a tutela della nascita.

Una legge inapplicata . Sono vari gli articoli della 194 che sembrano preferire la nascita. Oltre all’art. 1, già citato,che anche nell’ultimo comma dice che lo Stato promuove servizi ed iniziative “necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite” ci sono anche gli artt. 2e 5. L’art. 2 prevede che in consultori assistano la donna gravida, la informino sui diritti a lei spettanti e sui vari servizi sociali e assistenziali operanti nel territorio che la possano aiutare nella gravidanza e dopo. Inoltre, dovrebbero contribuire “a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’IVG”. Per far questo potrebbero avvalersi della collaborazione volontaria di associazioni. Peccato che in gran parte i consultori non facciano quanto previsto dalla legge … anzi di recente, in palese violazione della 194, i consultori saranno fornitori di aborto a domicilio, incontrollato, attraverso RU486. Poi l’art. 5, relativo all’IVG entro i primi 90 gg, prevede che ancora il consultorio o la struttura socio-sanitaria, trovino “le possibili soluzioni” ai problemi che portano la donna a chiedere l’aborto e che la aiutino “a rimuovere le cause che la porterebbero all’IVG”. Dovrebbero, inoltre, aiutarla a far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre e “sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto”. Norme, tutte queste, inapplicate proprio lì dove prevedono la difesa della vita nascente e della maternità.

A conferma di questo tipo di interpretazione contraria alla nascita e contraria alla donna, sono le relazioni Ministeriali che ogni anno vengono redatte con precisione. «Silenzio assoluto sull’applicazione delle disposizioni che manifestano una pur tenue “preferenza per la nascita”» scrive Marina Casini che continua «cosa risulta dalla relazione circa le cause che inducono la donna all’aborto e in che modo la donna sarebbe stata aiutata a rimuoverle?

Quali le soluzioni proposte e le alternative offerte per evitare l’aborto? E cosa sul collegamento tra consultori e realtà che sul territorio aiutano la donna anche prima della nascita? Come si sono svolti i colloqui? Cosa si è fatto, insomma, per la vita umana sin dal suo inizio?». Non solo, sempre la relazione ministeriale ci dice che il rapporto tra strutture nascita e strutture di Ivg è di 1,1:1 (Relazione 2020 relativa ai dati del 2018), evidenziando una grossa sproporzione a scapito della vita. Infatti, mentre i nati vivi sono 439.747, i non nati per  Ivg sono76.328; quindi 1 aborto ogni 5,8 nati. A livello nazionale si contano 3,0 punti nascita, contro 2,9 punti IVG. In Lombardia sono più i punti IVG dei punti nascita. Si prediligono“gli aspetti mortiferi” della legge, sottolinea Marina Casini.

Il potere dell’antilingua. Un altro aspetto inquietante della legge sull’aborto è l’antilingua in essa contenuta a partire dal titolo. Si tutela socialmente la maternità prevedendo che si possa sopprimere il bambino nel grembo di una donna? Evidentemente no. Non si tutela qualcuno, sopprimendo qualcun altro. Interruzione Volontaria della Gravidanza: l’interruzione presume di sospendere qualcosa che poi si può riprendere…nel caso dell’aborto questo non è possibile. Quella gravidanza non ricomincerà mai più, quel bambino concepito non avrà più la possibilità di nascere. Sarà possibile iniziare una nuova gravidanza e avere un altro figlio, ma non quello “interrotto”. Volontaria…l’aborto non è mai volontario, la donna non “sceglie” di abortire, lo fa perché è sola, perché nessuno la sostiene, né il partner, né la famiglia, né il lavoro, né la società, lo fa perché ha paura e pensa di non avere altra scelta, lo fa perché non ha nulla, lo fa perché nessuno si prende cura di lei come donna e come madre. Questo lo sanno le associazioni che da oltre 40 anni (il MPV da 45 anni) si prendono cura della donna durante la gravidanza e dopo, sia quando decide per la vita, sia quando decide per l’aborto.

Aspettando la Giornata per la Vita“. «La Chiesa non si rassegna e non si rassegnerà mai» sono le parole che accompagnarono l’istituzione della Giornata per la Vita all’indomani dell’approvazione della legge 22 maggio 1978, che legalizzò l’aborto” ha ricordato tante volte Carlo Casini.“La proposta di istituire un annuale Giornata per la Vita fu formulata dalla Commissione Famiglia della Conferenza Episcopale Italiana pochi giorni prima dell’approvazione della legge 194 che ormai sembrava ineluttabile. Sono parole che io personalmente ascoltai perché fui convocato dalla Commissione per fornire informazioni sulla legge.” Scriveva ancora Casini “In sostanza la giornata ha lo scopo primario di mantenere sveglia la coscienza dei cristiani e della società civile sul dramma dell’aborto…La Giornata aveva lo scopo di «educare all’accoglienza della vita e combattere l’aborto ed ogni forma di violenza esistente nella società contemporanea»”.Si tratta anche di liberare le donne dall’oppressione che le circonda. La prossima giornata per la vita sarà il 7 febbraio, la prima domenica di febbraio appunto. “Libertà e vita” sarà il tema quanto mai opportuno, scelto dalla Conferenza Episcopale Italiana.

Elisabetta Pittino

About Author