Non bisogna farsi illusioni: dal momento dell’aggressione militare della Russia all’Ucraina, terza mossa, dopo le prime due che non hanno provocato ritorsioni, (Crimea e Donbass), l’economia mondiale è entrata in un regime di guerra, che postula la necessità di organizzarsi per coesistere in un nuovo contesto geopolitico che richiede coraggio e consapevolezza?
Qualcosa di sorprendente sta accadendo in Europa. Finalmente forte e coesa sul fronte esterno, in risposta al suo sforzo di isolare economicamente e politicamente la Russia. Con l’enorme folla radunatasi sotto la iconica Porta di Brandeburgo, a Berlino, è cominciata forse la nuova storia europea sulla base della consapevolezza che non ci possa essere Pace senza Giustizia e senza Libertà. Il “gigante dalla forza gentile”, come definita da Padoa Schioppa, comincia a percepire che il suo mix di bit e finanza, satelliti e tecnologia, economia e diplomazia, valori e cultura ha la capacità di contrastare e chissà vincere la guerra che la Russia di Putin ha avviato sul territorio ucraino.
Putin una battaglia l’ha già perduta: diversamente che in precedenti occasioni, l’Europa ha dimostrato di esistere e di volerlo affermare ottenendo che l’Ucraina divenga un ponte e non costituisca un confine.
Queste posizioni pongono a noi, come singoli e come Unione europea, una domanda che postula una risposta: fino a qual punto siamo, davvero, disposti a sacrificare il nostro benessere per difendere i valori non negoziabili di una democrazia liberale?
Non è vero che le Democrature, nuove autocrazie, siano più efficienti delle democrazie liberali. In una democrazia liberale si discute, non si invade.
Rare volte nella storia è successo che fosse tanto agevole decidere di parteggiare per uno dei due contendenti. In quanto esiste un aggressore\invasore che esercita ingiusta violenza in termini di diritto internazionale e che non va certamente molto per il sottile in termini di vite umane. La particolare sensibilità nei confronti della violenza fisica impone di stare sempre dalla parte di chi subisce violenza e combattere con tutte le armi disponibili chi la pratichi e la usi.
Ordinando l’invasione\accerchiamento dell’Ucraina, Putin ha violato, secondo lo ha ricordato anche Sabino Cassese, molti dei principi che reggono l’ONU: il rispetto della sovranità degli stati, la regola dell’autodeterminazione dei popoli, l’obbligo di risolvere in modo pacifico le controversie, il dovere di astenersi dall’uso della forza, l’obbligo di non interferire con le competenze interne di altri Stati; accordi multilaterali sottoscritti dalla Russia, quelli istitutivi del Consiglio d’Europa e quello dell’OSCE, il memorandum di Budapest dell’anno 1994 e due trattati bilaterali, del 1997 e del 2010. Per il diritto internazionale, la Federazione Russa è adesso uno stato fuorilegge.
Rare volte nella storia è stato possibile percepire come assurdo ed inverosimile il disegno strategico, coincidente con una Eurasia russificata, di una grande potenza nucleare ai danni di un paese confinante che si era autodeterminato, trent’anni fa, come le norme del diritto internazionale gli consentivano di fare. Rare volte nella storia è stato tanto condivisibile la ricognizione del male indotto da Putin: negazione della bellezza delle diversità; insofferenza per le libertà, autodeterminazione, democrazia; violenza come strumento di regolazione dei conflitti. Rare volte nella storia i paesi occidentali hanno sentito tanto forte l’imperativo di non sguarnire il fronte orientale dell’Europa, anche contribuendo a rafforzare la tenuta democratica di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia.
Raramente negli ultimi anni siamo stati tanto vicini a ferocia e violenza, ma abbiamo anche potuto riflettere sulla relazione tra popolo, libertà, democrazia. Il Popolo, insieme di persone che cerca i modi per dare risposte comuni ai problemi da affrontare, come ricorda Mauro Magatti, esprime una solidarietà che è nelle cose; si compatta nei momenti di difficoltà. Estirpare ad un popolo le libertà è un’illusione; alla fine il Popolo vince.
Mai come ora è il momento di rendere percepibile ai Russi, per quanto possibile nonostante la chiusura di Internet, ma soprattutto alla pubblica opinione occidentale e democratica chi sia in verità il capo di “un regime antimoderno che predica l’obsolescenza dei regimi liberali incapaci di rispondere alle esigenze del tempo e teorizza il contrasto tra le idee liberali e gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione russa”. Mai, dopo il 1938, l’Europa aveva subito un attacco tanto diretto. Mai negli ultimi 75 anni, l’Unione Europea si è trovata nella necessità di contrastare una sfida esistenziale, dal cui esito potrebbe dipendere addirittura la sua stessa esistenza. Lo sta facendo, grazie anche alla solidarietà dell’intera comunità occidentale, grazie alla propria enorme potenza della moneta e della finanza; lo sta facendo portando una guerra, non la Guerra, a casa di chi ha iniziato la Guerra, con l’intento di indebolire quanto più sia possibile il ruolo di Putin all’interno della sua comunità. Fortunatamente le percezioni degli sfortunati cittadini russi, disinformati più del necessario, si stanno modificando: non pensano più che la guerra in Ucraina sia guerra di liberazione per gli Ucraini, non stanno applaudendo ai giovani impreparati ed ingannati soldati russi; manca loro, financo, l’amato Hamburger con patatine fritte ora che Mc Donald’s ha lasciato la Russia.
L’obiettivo della coraggiosa, tenace resistenza degli ucraini è quello di rendere salato ed impopolare il costo della violenza sterminatrice del regime russo ed auspicabilmente determinare la deposizione\scomparsa del suo capo, come, ormai, a molti opinionisti, appare sempre più probabile. Fine logica, perché Putin ha sostanzialmente fallito la sfida più importante: la modernizzazione del suo paese. Perché la Russia è un grande paese, che meriterebbe la libertà, quella stessa libertà che l’Ucraina si è conquistata con un percorso lungo e complesso e che ora tenta strenuamente di difendere.
Fiducia, speranza, futuro. Serve concentrarsi su questi termini per concludere questa riflessione sul tema più angoscioso del momento presente per l’intera umanità pensante e provare ad identificarne lo strumento ottimale che resta il negoziato, come a più riprese, ha sostenuto su queste pagine molto autorevolmente da Giuseppe Sacco (CLICCA QUI).
Il negoziato, strumento che la Provvidenza pone nelle mani degli uomini per costruire una storia nuova ed una civiltà nuova, secondo un importante pensiero di Giorgio La Pira riproposto su queste pagine da Nino Giordano ( CLICCA QUI). Tutti i negoziati, con qualunque animo e da chiunque iniziati e perseguiti, senza pre giudizi. Si deve negoziare, sempre ed ovunque, anche, e forse soprattutto, con i nemici.
Massimo Maniscalco