Obiettivo primario del Piano Scuola 2020-2021 è sostanzialmente quello di ripristinare la normalità per una scuola duramente provata da mesi di lockdown e di emergenza sanitaria.
Il 2020-2021 sarà necessariamente un anno di transizione e di assestamento, ma potrebbe essere trasformato anche in un’occasione per avviare una vera riforma del sistema, impiegando gli interventi congiunturali come primo avvio di interventi strutturali.
Alcuni elementi di questi obiettivi di revisione del sistema si possono anche rinvenire all’interno dello stesso Piano dove, ad esempio, si richiamano diverse potenzialità già individuate dall’autonomia didattica.
La stessa ministra Azzolina nella sua lettera alla comunità dice che “quella di settembre sarà una scuola innovativa e aperta, sarà una scuola radicata nel presente, ma con lo sguardo rivolto al futuro (…). La ripartenza del Paese non può che passare dunque da un nuovo slancio innovativo della scuola”.
La scuola, momentaneamente al centro dell’attenzione generale, è ora a una svolta: riformarsi coraggiosamente o accontentarsi di razionalizzare l’esistente.
Nel primo caso potrà assumere centralità all’interno della società e diventare volano per lo sviluppo del Paese e per il conseguimento della cittadinanza attiva soprattutto da parte delle giovani generazioni. Conseguentemente per il prossimo decennio il nostro sistema scolastico potrebbe recuperare quei livelli di prestazione e credibilità che attualmente lo vedono agli ultimi posti in Europa.
Nel secondo caso la scuola continuerà a sopravvivere nelle sue ordinarie criticità, forse un po’ più contenute, tra eccellenze e negatività, rimesse soggettivamente alle capacità o ai limiti delle singole scuole in una logica asistemica.
La riforma strutturale del sistema deve prendere di petto:
- il dimensionamento del sistema
- le regole di funzionamento (orari, reclutamento, supplenze, etc)
- l’organizzazione degli ambienti di apprendimento e la struttura delle classi
- la revisione della didattica, spostando il baricentro dall’insegnamento trasmissivo all’apprendimento partecipato
- la valutazione
- la formazione (obbligatoria) del personale
- il percorso professionale, commisurato alle competenze e all’impegno di ciascuno. Con incrementi salariali per tutti (perché i livelli stipendiali sono intollerabilmente bassi), ma maggiori per chi si impegna di più
Conseguentemente per sostenere la riforma del sistema occorre impiegare cospicue risorse finanziarie, attingendo anche ai fondi europei, che sembrano ora accessibili. C’è inoltre una finestra di opportunità dovuta al trend demografico, che sa anche di ultima chance: tra 10 anni ci saranno un milione e 300 mila studenti in meno, con un turnover del 40% degli insegnanti (ne abbiamo parlato nel report “Il dibattito sulla crisi e sul futuro del Paese: la grande assente è la scuola. Eppure c’è un grande opportunità…”). Ci vuole un vero progetto. Quale modello di scuola vogliamo per il Paese? Serve un piano strategico 2020-2030 per la scuola.
Occorre visione e il coraggio di una scelta convinta da parte di tutto il Governo e delle forze politiche che lo sostengono, e sarebbe auspicabile (e doverosa) la partecipazione dell’opposizione. Si sono da poco conclusi gli Stati Generali dell’Economia “per far ripartire l’Italia”. Non se ne è sentito parlare. Se non si riparte dalla scuola, da dove?
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