Pubblichiamo la mozione presentata al Senato dalla sen Tiziana Drago sulle questioni della natalità 

Il Senato, 

premesso che: 

l’Italia è tra i Paesi sviluppati che si trovano oggi a fronteggiare uno scenario demografico il cui  impatto sulla crescita del prodotto pro-capite nei prossimi decenni sarà negativo. L’Istat stima che la  popolazione residente in Italia dovrebbe attestarsi nel 2065 sui 53,7 milioni di abitanti, con una perdita  di popolazione pari a 7 milioni rispetto ad oggi, 4,2 milioni dei quali a scapito del sud. La contrazione  della natalità e della mortalità, quest’ultima legata ad un innalzamento dell’aspettativa di vita, hanno  inciso sulla struttura per età della popolazione, determinando un lento e progressivo invecchiamento  della popolazione italiana e causando il calo del prodotto interno lordo che nel medio-lungo termine  potrebbe significare un’ulteriore precarietà e incertezza per i lavoratori del Paese. 

Accanto a questo, recenti dati Istat hanno evidenziato che il 2019 ha segnato, per il settimo anno  consecutivo, il valore più basso mai registrato in oltre 150 anni di Unità Nazionale. Prosegue,  pertanto, il rapido declino della natalità, avviata a partire dal “punto di svolta” del 2008, con una  dinamica che in poco più di un decennio ha ridotto di un quarto il numero annuo di neonati: dal  confronto tra il 2008 (577 mila) e il 2019 (435 mila) se ne contano infatti 142 mila in meno. Poi è  arrivata la pandemia da Covid-Sars-2, con conseguenze drammatiche, fra le quali, come è tristemente  noto, spiccano in primo luogo quelle di ordine sanitario, ma che portano al seguito anche talune  rivoluzionarie trasformazioni imposte all’organizzazione sociale e familiare, nel cui ambito le stesse  relazioni della vita quotidiana di coppia e le scelte nella sfera affettiva e riproduttiva finiscono per  risultare fortemente esposte al cambiamento. 

Che ne sarà dunque della natalità nel prossimo futuro? Cambiamento che incrementa le dimensioni  del cosiddetto “inverno demografico”, termine coniato dai sociologi per esprimere il progressivo ed  inesorabile processo di invecchiamento della popolazione, un vero e proprio suicidio demografico,  che in mancanza di interventi in grado di invertire il pericoloso trend di invecchiamento della  popolazione, costituisce fattore critico economico e previdenziale della stessa popolazione che  invecchia. L’Italia, in tale contesto, non solo non fa eccezione ma è, anzi, tristemente nelle posizioni  di vertice di questa tutt’altro che invidiabile classifica. 

Il nostro è fra i Paesi al mondo con il livello più basso di nuovi nati ed ha una popolazione fra le più  anziane, con un tasso di fecondità che ha raggiunto il record negativo che oscilla tra l’1,26 e l’1,29  figli per donna, un valore ben al di sotto del livello di sostituzione superiore a 2 figli, necessario per  mantenere l’equilibrio demografico. Se consideriamo la fertilità della donna, potremo affermare che  è massima nel periodo compreso tra i 20/25 anni, ma paradossalmente dobbiamo constatare che quelle  che aumentano (4%) sono le gravidanze attorno ai 40 anni, proprio quando si registra un  impoverimento del patrimonio ovarico. Questi concetti riconosciuti universalmente, non sono chiari  nella popolazione che tende a sovrastimare la fertilità della donna. Dobbiamo quindi sostenere le  coppie nella gestione serena della famiglia e nell’educazione dei figli, armonizzando i tempi di lavoro  e di cura della famiglia e garantendo loro la massima presenza e vicinanza al nucleo familiare. Una  coppia serena genera figli sereni. 

Gli studi evidenziano come la nascita di ogni nuovo figlio produca un significativo effetto benefico  sull’economia del Paese, poiché costituisce un importante fattore di stimolo alla produzione di una  vasta gamma di beni e servizi destinati alla cura e alla crescita del bambino e del futuro cittadino, con  un’incidenza complessiva sul prodotto interno lordo stimata in circa 35.000 euro annui per ogni nuovo  nato. Se pensiamo che negli ultimi 11 anni si sono registrate 142.000 nascite in meno la perdita in  termini di PIL si è attestata nell’ordine di 4.970.000.000 di euro… 

Considerato che 

-si assiste ad un progressivo spopolamento proprio in quelle aree che presentano criticità per assenza  di infrastrutture e servizi essenziali; 

-la fascia di popolazione, la cosiddetta “generazione core”, ovvero di giovani di età compresa tra i 19  ed i 39 anni, è “costretta” ad emigrare per motivi di studio e/o lavoro, ed è quella che rappresenta un  “moltiplicatore” per ogni Paese, in quanto, se inserita nel mondo lavorativo, produce beni e servizi,  acquista (casa, automobile, ecc.), genera figli stimolando l’indotto; 

-nonostante la presa di coscienza della gravità della situazione e le dichiarazioni di impegno più o  meno solenni da parte della politica, si fatica a trovare, nell’esperienza recente, interventi che abbiano  affrontato in modo organico e sistemico il tema; 

-parte della responsabilità delle crisi economiche succedute negli ultimi anni sono da imputare al  crollo della natalità. Detto crollo ha modificato la struttura socio-economica aumentando i costi fissi  coperti con crescita di imposte sul PIL e conseguenti riduzioni dei redditi e degli utili d’impresa; -le differenze nei tassi di occupazione tra uomini e donne sono più ampie tra le persone che vivono  in famiglia e in particolare nel Mezzogiorno, dove lavora solo il 34% delle donne con figli piccoli, la  presenza della donna, con figli in età scolare, nel mercato del lavoro è allo stato attuale e, in  conseguenza all’epidemia, di difficile conciliazione, le donne occupate (oltre un milione) hanno  dichiarato di aver apportato un tale cambiamento contro poco più di mezzo milione di padri;  (Blangiardo,ISTAT 2020) 

-È opportuno incentivare il ciclo economico virtuoso proprio della famiglia considerato l’auto  produzione di reddito e redistribuzione al suo interno, la produzione di risparmio, gli investimenti e i  consumi. Perciò la famiglia è da considerarsi un ammortizzatore che assorbe al suo interno costi  sociali presi in outsourcing dallo Stato, ma contemporaneamente compete con esso attraverso  l’istruzione, il sostegno di figli disoccupati e l’assistenza a malati ed anziani. 

Si impegna il Governo: 

1) ad adottare uno o più provvedimenti legislativi a sostegno della formazione delle famiglie nuove,  destinando lo 0.9 % del PIL nazionale, fuori dai parametri fiscali ordinari, con carattere  straordinario causa la situazione emergenziale; 

2) a modificare l’attuale disciplina delle astensioni e congedi per maternità e paternità, ampliando la  finestra temporale disponibile e incrementando il trattamento economico, in particolare  prevedendo la possibilità per entrambi i genitori, in maniera alternata, di astenersi  facoltativamente dal lavoro per i primi tre anni del bambino, con una retribuzione del 60 cento  nei primi due anni di vita del minore e del 50 per cento nel terzo anno; 

3) a riformare il sistema di calcolo dell’ISEE, al fine di considerare il reddito netto effettivamente a  disposizione delle famiglie in luogo di quello lordo e rimodulando i parametri di calcolo del  patrimonio familiare e la scala di equivalenza a favore di alcune categorie di soggetti (famiglie  numerose, famiglie con figli in tenera età, nuclei monogenitoriali e diversamente abili);

4) ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati allo sgravio fiscale, riducendo dal 22% al 5%  il valore dell’IVA per l’acquisto dei beni per l’infanzia; 

5) ad adottare piani socio-sanitari per prevenire l’insorgenza di condizioni patologiche in grado di  compromettere la possibilità di procreare, promuovendo campagne informativo-formative sul  piano sanitario, socio-psico-pedagogico ed economico; 

6) a rivedere il ciclo di studi scolastici ed universitari, contraendoli e rendendo abilitanti più diplomi  di laurea, allo scopo di anticipare l’inserimento nel mondo lavorativo; 

7) sostenere la libertà di scelta educativa, progettando l’integrazione tra la scuola pubblica paritaria e pubblica statale, prevedendo una quota capitaria per alunno, senza distinzione alcuna; 

8) introdurre un sistema di esenzioni dai costi di compartecipazione per l’accesso alle prestazioni  sanitarie rientranti nei livelli essenziali di assistenza (LEA) per le famiglie in cui siano presenti  almeno due figli; 

9) Adottare, vista la situazione emergenziale in atto, misure volte a favorire il ricorso al lavoro agile  e flessibile con particolare riferimento alle madri, allo scopo di agevolare la conciliazione fra le  esigenze della famiglia con quelle lavorative, come lo smart working, tutto ciò, oltre a garantire  maggior tutele alle donne, potrebbe produrre effetti incisivi sulla distribuzione del reddito (costo  zero) e di fatto intervenire diminuendo l’emigrazione e facendo aumentare i consumi sul proprio  territorio; 

10) ad assumere ogni iniziativa di competenza, per garantire la piena attuazione della legge 22 maggio  1978, n. 194, al fine di attuare i primi articoli, aumentando il numero delle culle in anonimato,  aumentando e potenziando il numero di consultori familiari.

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