L’incarico conferito a Mario Draghi di formare il nuovo governo sta incontrando serie difficoltà perchè, come si era capito subito, l’assenza di una maggioranza precostituita e l’invito all’unità, lanciato dal Presidente della Repubblica, rischiano di creare un vero terremoto all’interno del sistema dei partiti.

L’invito all’unità rompe la regole “aurea”, si fa per dire, del bipolarismo e innesca nuovi equilibri, per il conseguimento di una maggioranza parlamentare. L’invito è rivolto a tutti, ma è certo che il partito di Speranza-Bersani e la Lega di Salvini difficilmente potranno convivere assieme nello stesso governo.

L’unità possibile allora si dovrà ricercare tra le altre componenti partitiche, dove la competizione per l’occupazione del “centro politico” è molto alta, ed ha aperto una fase di confronto che si estende anche al loro interno.

Il governo Draghi, tecnico o istituzionale che sia, di fatto sta già dividendo il centro-destra, dove Forza Italia, dopo aver regalato il proprio elettorato tradizionale a Salvini e Meloni, è oggi alla ricerca dell’originario elettorato “moderato”, per il quale potrebbe essere indotta a seguire logiche diverse da quelle della coalizione .

L’ipotizzato nuovo governo divide anche il Movimento Cinque Stelle, che annovera tra le sue file, sia la componente movimentista che la componente più istituzionale. Alcuni contraccolpi si avvertono anche all’interno del Partito Democratico, tra l’anima di sinistra e la componente ex-democristiana.

Quanto al partito di Renzi, che di fratture ne ha create già abbastanza, anch’esso è alla ricerca di una sua collocazione nell’area centrale. L’ha intravista nell’allontanamento di Giuseppe Conte, perseguito ostinatamente, immaginando che la perdita di notorietà del presidente del consiglio uscente, possa rappresentare un’occasione di recupero della centralità perduta.

Il centro interessa a tutti. Ma non è uno spazio che può essere occupato da chiunque. La dichiarazione di europeismo va bene. Anche il rigetto del populismo va bene. Ma, il centro si caratterizza per qualcosa di più. È sinonimo di stabilità. Significa anche continuità, almeno per quello che concerne la salvaguardia delle istituzioni e delle regole dello Stato di diritto. Vuol dire soprattutto tolleranza ed equilibrio: due regole comportamentali, che identificano una precisa cultura politica, attraverso la quale è possibile raggiungere soluzioni di compromesso, di mediazione, di moderazione.

Italia Viva, con la bocciatura del governo Conte, ha mandato un  segnale chiaro: il primo tempo della partita per la conquista del centro non è andato bene. Per giocare il secondo tempo, serve una nuova squadra e un nuovo leader. La vera contesa allora, diciamo la verità, non è sui contenuti, ma in quel difficile gioco di posizionamento, che sembra essere l’unico presupposto utile per massimizzare il proprio consenso o per ridurre il consenso altrui.

Il nuovo che auspicabilmente verrà, non potrà cancellare tutto. Soprattutto non potrà cancellare il senso di sfiducia dei cittadini, che è cresciuto in questi giorni, a testimonianza che servono nuovi soggetti politici, partiti nuovi, ricchi soprattutto di senso civico, non di senso cinico.

Guido Guidi

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