Prima d’ogni altra cosa si deve salvare la nazione, il Paese intero che si trova sull’orlo di un baratro sanitario, economico e sociale. Poi si salvi l’attuale classe politica che non ha dimostrato né competenze ministeriali né capacità decisionali; né, tantomeno, un alto senso di responsabilità, di etica e di coesione sociale.
Si salvi chi può e dai tentennamenti ci salvi Iddio: da quelli dei leghisti “montanari” o ultra-sovranisti, così come dai “grillini movimentisti” e radicali o non-governativi alla “Diba”; si salvi chi può dal peggio della D.C., quella neo-trasformista “mastelliana”, oppure dal “ritorno in campo” dei Verdi inconcludenti e non attrattivi, che non sono mai stati capaci di educare la comunità nazionale alla cura e all’amore per il bene comune e di difenderlo con vigore, convinzione e senza compromessi. Una per tutti? Legambiente, la più grande organizzazione para-politica che ha fabbricato innumerevoli carriere politiche dal nulla o meglio sul “business” che si regge sull’equivoco della sostenibilità oscillante, in modo costante e sempre discrezionale, tra le esigenze della salvaguardia ambientale e quelle dello sviluppo energetico, cosiddetto. rinnovabile.
Si salvino pure e per tempo, prima di essere cancellati dal correre dei tempi moderni, i nostalgici degli schieramenti politici di destra e di sinistra, che denotano un atteggiamento ideologico statico, antiquato, a cominciare dai contenuti, si diceva dai “valori” o ideali, privo di un programma chiaro e lungimirante, da cui la comunità attende scelte inequivoche e essenziali, ma anche al passo con i nostri giorni. Le risposte si dovranno dare “in modo rapido e concreto” (aggettivi usati al Quirinale dopo il conferimento dell’incarico) grazie ad un governo “tecnico-politico” in grado di assumersi le piene responsabilità di queste ore drammatiche in vista dell’approvazione del piano relativo al
“recovery fund” dagli organismi comunitari con le finalità prioritarie, ormai note a tutti i cittadini. Ma quel che conta e sarà determinante è saper programmare e investire i famosi 209 mld. per la ripresa del sistema sanitario nazionale, della scuola ed il rilancio economico, senza alcun altra forma di assistenzialismo.
Si salvi chi può tra i burocrati statali e regionali (specialmente delle Regioni meridionali sempre in ritardo con gli adempimenti verso l’UE), i quali non sono spesso all’altezza di un Paese del G7 che ha la nostra storia e le nostre potenzialità; si salvino, ora, con impegno sia pur a distanza dall’ufficio, dando prova di essere all’altezza della funzione pubblica cui sono chiamati “ex lege”, specialmente quelli che lavorano negli uffici legislativi dei ministeri e al DAGL della Presidenza del Consiglio che devono rispondere di un “arretrato” – come si definisce da sempre nella P.A. – di centinaia di decreti attuativi, la qual cosa costituisce un record negativo in assoluto, da quanto mi risulta!
Ebbene, un ausilio culturale lo possiamo trovare nel saggio discorso che ebbe a pronunziare il marchese Massimo Taparelli d’Azeglio a Re Carlo Alberto, nel 1845 (tratto da “Nel nome d’Italia”, autore M. De Rubris): “…essendo generalmente il malessere materiale e morale, senza un solo mezzo ammesso d’ottenere nulla di meglio, non si può prevedere fino a qual punto, e fino a qual giorno, la prudenza e la ragione potranno servir di freno alla disperazione ed al furore” (siamo a poche settimane dopo il moto di Rimini). E Carlo Alberto disse tranquillo, ma risoluto (similmente all’atteggiamento del Presidente Mattarella in piena crisi di governo): “Faccia sapere a quei Signori che stiano in quiete e non si muovano, non essendovi per ora nulla da fare; ma, che siano certi che, presentandosi
l’occasione, in mia vita, la vita dei miei figli, le mie armi, i miei tesori, il mio esercito, tutto sarà speso per la causa italiana”. Questa che fu la prima dichiarazione esplicita di Sua Maestà alla vigilia del 1848 ci può insegnare una morale importante: nei momenti drammatici è fondamentale che le istituzioni pubbliche sappiano tenere la barra ben salda e prendere le decisioni giuste e necessarie in modo fermo e consapevole.
“Historia docet”, ordunque, avanti assecondando il pensiero del presidente incaricato, Draghi, che s’incentra sull’umiltà e sull’unità nazionale.
Michele Marino