Voterò Sì al Referendum confermativo per alcune ragioni politiche e costituzionali.

Inizio con quelle politiche che non sono legate alla contingenza politica, ma a una ragione di fondo. Questa è una delle riforme costituzionali che hanno visto favorevole un larghissimo spettro parlamentare bipartisan, Centrosinistra quasi tutto alla fine, Centrodestra e i 5 Stelle, nuova forza politica ma maggioritaria in Parlamento e tuttora presente nel Paese anche se con peso ridotto. Le altre riforme condivise sono state l’abolizione della pena di morte in tempi di guerra e poco altro, io lo considero un fatto positivo, le riforme costituzionali dovrebbero essere tutte approvate con questa larghissima maggioranza, come elettore voglio condividere questo metodo.

Non credo che la riduzione del numero dei parlamentari significhi la fine della democrazia rappresentativa o un grave vulnus di questa. Le prerogative parlamentari non sono toccate, le immunità neanche, certo i regolamenti parlamentari dovranno essere adeguati ma questo è successo tante volte anche senza riforme costituzionali. Non è toccato il bicameralismo perfetto, la nomina del Governo, gli equilibri complessivi.

Se ci sono problemi innegabili con un sistema maggioritario a rendere conto della complessità e pluralità del Paese, esistono e permangono con il numero attuale e futuro di parlamentari.

Prima dell’attuale numero i deputati erano 573 eppure le Commissioni funzionavano ugualmente. Allora però non esistevano 21 Consigli Regionali con larghe potestà legislativa e non esisteva il Parlamento Europeo elettivo che fornisce il quadro entro cui agiscono i parlamentari nazionali che da tempo non concentrano più tutte le competenze. Esistono invece sempre 80 parlamentari in pratica a part-time: ministri, viceministri, sottosegretari che sono anche parlamentari e controllano loro stessi oltre ad essere particolarmente assenti in aula. Un problema sollevato da costituzionalisti come Ruffilli e solo la DC alla fine della cosiddetta Prima Repubblica volle introdurre l’incompatibilità fra incarico di Governo e incarico parlamentare ma per una brevissima stagione che pure portò alle dimissioni di big come Emilio Colombo da deputato dopo quarant’anni di elezioni ininterrotte.

Il problema non è il costo e non può esserlo ma il problema è l’assenteismo elevatissimo a fronte di una presenza ridondante nei dibattiti Tv. Qualche rimedio si doveva porre: l’alternativa poteva essere una tagliola automatica del mandato a fronte del superamento di un tetto di assenze, una riforma draconiana e severa che però non è nelle corde di eletti e partiti, per cui proviamo con la riduzione del numero dei parlamentari se può servire – lo spero ma non ho certezze e dogmi – a rendere i parlamentari più seri, impegnati e presenti.

Pier Luigi Tolardo

Pubblicato su Rinascita Popolare dell’Associazione i Popolari del Piemonte ( CLICCA QUI )

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