“….a sinistra uno squillo risponde”. Nel nostro caso, parafrasando Manzoni, si dovrebbe dire piuttosto: uno “strillo”.
Strillano, infatti, gli schieramenti del nostro sistema maggioritario-bipolare. Ciascuno dei due se la prende con i propri cari.

A destra non regge più la “pax augustea” di Villa San Martino. E a sinistra la pochezza politica di Conte non ce la fa a ritagliarsi uno spazio di visibilità all’ombra di Draghi, se non ricorrendo al brontolio di un ribellismo pruriginoso nei confronti del governo.

Era ovvio attendersi – e su queste pagine è stato osservato ripetutamente – come, via via ci si avvicinasse al passaggio elettorale del prossimo anno, sarebbe stato sempre più difficile contenere le spinte centrifughe di una siffatta maggioranza di governo. La stessa autorevolezza di Draghi, unico ed effettivo mastice che la tiene assieme, finisce per essere messa a dura prova. Ma, per la verità, era lecito presumere che le linee di divaricazione si sarebbero dislocate lungo l’asse che separa e distingue uno schieramento dall’altro. Di fatto, riposizionando frontalmente i due poli, pronti a menar le mani un’altra volta, secondo la postura già nota. A volte facendo del pugilato, suonandosele davvero.

In altri frangenti, passando al “wrestling”, per cui più è spettacolare lo scontro, più è evidente la “combine”. Ad esempio, quando si caracolla sul tema della legge elettorale, si fa finta di affrontare il tema quel tanto che basta per incartarlo e poter dire che .. sì … quella ora vigente fa un po’ schifo … bisognerebbe cambiarla, ma non si fa in tempo.
Ad ogni modo, ora succede che le linee di frattura si mostrano, anziché dove ce le saremmo aspettate, all’interno di ciascuno dei due schieramenti. A riprova che – essendo la politica più geometrica di quanti comunemente non si creda e pur sempre rispondente ad una logica, per quanto difficile da percepire – se si prendono le mosse da presupposti errati, la china, prima o poi, è ineluttabilmente orientata al peggio. Al punto che, dopo essersi mostrati incapaci di dar luogo ad una maggioranza secondo i canoni tradizionali della dialettica parlamentare ed altrettanto incapaci di trovare un successore a Sergio Mattarella, ciascuno dei due poli si incapretta per conto suo.

Si dovrebbe prendere atto, una volta per tutte, che ci stiamo facendo del male da soli, mutuando dai sacri testi di una supposta “politologia”, con tanto di presunzione scientifica, che un sistema “a due”, nella misura in cui garantirebbe l’alternanza, sarebbe, di per sé, democratico, efficiente ed affidabile.

E’ un errore spacciare per “coalizioni” delle alleanze che sono meri aggregati elettorali destinati a finire in crisi quando in gioco è il “potere” come tale, nella sua nuda ed immediata evidenza. E’ un errore anche peggiore, esiziale, pretendere di comprimere nella stessa “parte” culture, visioni, presupposti culturali dell’azione politica affatto differenti. Ciò non di meno, è facile prevedere che sia il centrodestra, sia il centro-sinistra si ricompatteranno e presenteranno al Paese il conto della loro inattendibilità  “sistemica”. Un motivo in più per augurarsi che nasca sul campo, con quel po’ di coraggio che una presa di posizione autonoma esige, un qualche grimaldello che sia in grado, se non altro, di mettere in discussione la tenaglia bipolare che stringe il Paese.

Domenico Galbiati

About Author