I riflessi che l’assalto al Parlamento orchestrato da Trump ha esercitato sui “sovranisti” di casa nostra mostra quale sia, in effetti, la vera natura di tale fenomeno.
Il “sovranismo” non è solo una tipologia particolare di “populismo” e di “demagogia”, forme degeneri di un orientamento politico che non rifiuta pregiudizialmente il campo democratico, per quanto populisti e demagoghi non siano in grado di capirne la “ratio” e, dunque, di rispettarne le regole, se non immaginandole ridotte ad una semplificazione che finisce per tradirle. Il “sovranismo” è qualcosa di geneticamente diverso.
La penosa reazione di Giorgia Meloni che addirittura riconosce a Trump il merito di aver chiesto che cessassero le violenze, rivela finalmente, sotto la coltre di espressioni spesso forbite e zuccherose che ricorrono nel suo lessico, quale l’ effettivo animus, l’abito mentale e la cultura politica di riferimento della leader di Fratelli d’ Italia.
Insomma, la “marcia” dei fratelli a stelle e strisce su Capitol Hill non sembra averla turbata più di tanto, salvo le necessarie parole di prammatica. C’è sempre un momento in cui casca l’asino, quell’attimo di verità che consente di cogliere, sia pure attraverso un’ espressione apparentemente circoscritta, la reale consistenza di un intero universo mentale, che, nella stretta inaggirabile dell’imprevisto, non lascia alla Meloni altra strada che non sia scambiare lucciole per lanterne, cosicché si assiste al deliberato capovolgimento di un dato inoppugnabile, tale per cui il Trump che incita alla violenza diventa addirittura il paladino che la contrasta.
Raramente, del resto, bastano uno foto o due a rendere, con più efficacia di quanto non farebbe un ponderoso articolo di fondo, una posizione politica, come nel caso di Salvini in questi giorni. Mai, in questi lunghi mesi di distanziamento, una mascherina è apparsa, più che altro, un bavaglio, come quella sfoggiata da Salvini ed inneggiante a Trump. In effetti, è così: Trump è diventato per Salvini un tappo in bocca che non gli consente altro se non articolare qualche impacciata parola di circostanza.
E così l’altra foto che circolava ieri sui social e mostrava – accanto al travestito da indiano che, con tanto di elmo corredato da corna di vacca, brandiva la bandiera a stelle e strisce – l’altro anonimo “cornuto” che, sul pratone di Pontida, sfoggiava orgogliosamente sul petto il “sole delle alpi”. E non basta evocare, come taluni fanno, Giorgetti per la Lega o Crosetto per Fratelli d’Italia, per sostenere come, nei rispettivi partiti, coesistano anche posizioni liberali. Se è così ben vengano allo scoperto, se non che le forze sovraniste sono evidentemente tali anzitutto al loro interno e non possono fare a meno di reggersi su un principio di autorità del capo, piuttosto che su quella libera dialettica che non sono neppure in grado di concepire e, ove fosse posta, le disarticolerebbe.
Non a caso, i passaggi di leadership avvenuti nella Lega da Bossi a Maroni e poi da quest’ultimo a Salvini sono apparsi dei “golpe” intestini al partito, piuttosto che articolazioni del confronto politico interno. Dobbiamo renderci conto che il “sovranismo” è strutturalmente anti-democratico per almeno due ordini di motivi. Sul piano interno in quanto sacrifica l’articolata composizione degli interessi particolari dei cittadini e delle loro aggregazioni sociali al Moloch dello Stato.
Sul piano delle relazioni internazionali, nella misura in cui, laddove quanto più fosse diffuso, tanto più implicherebbe che, necessariamente, si imponga la logica dell’ “homo homini lupus”. Esattamente il contrario, alla luce delle più lapalissiane considerazioni, di quel che serve oggi. Pare l’abbia capito anche Marine Le Pen…..ma vuoi mettere la tetragona fermezza del nostro Capitano…
In definitiva, per quanto sia sempre azzardato tracciare parallelismi tra una stagione storica e l’altra, se per “fascismo” intendiamo quelle forme di cultura politica che, per quanto differenziate su altri aspetti, siano accomunate da un sostanziale sprezzo della democrazia, è difficile sottrarsi alla suggestione di un’analogia, tale per cui il “sovranismo” può essere associato ad una forma storicamente aggiornata di fascismo. Forse il linguaggio lezioso del “politicamente corretto” non lo consentirebbe, ma va pur detto.
Del resto, questo può, paradossalmente, avvenire perfino a prescindere dalla buona fede personale e dalla consapevole intenzione dei protagonisti della vicenda. Non c’è, del resto, patologia più grave di quella che sia accompagnata da una totale assenza di coscienza di malattia.
Due considerazioni conclusive.
La prima di carattere interno rivolta ai cattolici benpensanti che votano i due partiti della destra: si tolgano della testa una volta per tutte che i valori della vita e della famiglia, al di là delle dichiarazioni a fior di labbra, si difendono sostenendo posizioni del genere. La seconda di carattere più generale: la vicenda di Washington dimostra ancora una volta – come su queste pagine è già stato affermato in altre occasioni – quanto la violenza sia una sequenza ininterrotta, una catena che dalla parola approda inevitabilmente, prima o poi, al gesto violento.
Infatti, la violenza è anzitutto, uno stato mentale, un abito comportamentale. Purtroppo, quello più facilmente ed immediatamente accessibile a personalità interiormente incerte, deboli e malsicure per fingere, mentendo anzitutto a sé stesse, di essere forti e dure.
Domenico Galbiati