Le confessioni religiose di Spagna, in una iniziativa senza precedenti, hanno firmato una “Dichiarazione interreligiosa sulla dignità della vita umana e sui diritti umani”. La Dichiarazione è stata firmata il 15 febbraio dai vertici della Conferenza Episcopale Spagnola, dalla Commissione Islamica, diverse Chiese ortodosse che hanno sede in Spagna, la Chiesa Episcopale Riformata e la Federazione degli Organismi Evangelici di Spagna, mentre non ha partecipato la comunità ebraica.
La dichiarazione è stata sollecitata dalla conferma, da parte della Corte Costituzionale Spagnola, delle legge sull’eutanasia e sull’aborto varata dal governo di José Luis Zapatero nel 2010. La legge permetteva l’aborto fino alla 14esima settimana di gravidanza. Nel confermare la legge, la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso del Partido Popular e un altro disegno di legge che nel frattempo è stato proposto, aprendo la strada ad una nuova legge sull’aborto, approvata lo scorso 16 febbraio.
Così, le comunità fedeli hanno dichiarato di essere unite dalla “preoccupazione per le leggi che lasciano la vita umana gravemente vulnerabile”. Pur apprezzando le istituzioni democratiche, le religioni notano che alcune leggi sono “promulgate non solo contro i principi del Creatore, ma anche contro i più elementari diritti umani”.
Per questo, notano, le situazioni giuridicamente complesse devono comunque tener conto che “profondi dilemmi etici e morali non possono essere risolti in via generale sacrificando uno dei diritti fondamentali in questione (in questo caso il diritto alla vita) per privilegiare l’altro”.
Le confessioni religiose notano anche che “rispettare la dignità della vita e i diritti fondamentali di ogni essere umano, specialmente dei più deboli, non è né un passo indietro né una contraddizione della libertà”, ma è piuttosto “un segno di progresso e prosperità della società”.
La legge approvata giovedì include anche la garanzia della pratica dell’aborto negli ospedali pubblici e l’abrogazione del consenso dei genitori per l’aborto su madri minorenni di 16 e 17 anni, mentre i medici obiettori saranno inseriti in un registro dedicato.
La legge inoltre estende i diritti riproduttivi a tutti i “transgender capaci di gravidanza”, comprese le persone che hanno cambiato sesso ma hanno mantenuto i loro genitali femminili. Altre misure comprendono l’assenza dal lavoro in caso di disturbi mestruali.
Andrea Gagliarducci
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