Gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, SDGs (acronimo inglese di Sustainable Development Goals) esprimono una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo e come tali non sono un onere, tantomeno un’imposizione per gli Stati bensì un’opportunità da cogliere ed a cui tutti i popoli aspirano.

Infatti, chi non vuole superare la povertà e la fame, avere un welfare universale, ridurre le disuguaglianze, perseguire uno sviluppo sostenibile, umano e attento all’ambiente, e tutti gli altri obiettivi dell’Agenda Onu 2030?

Molto meno semplice è passare dalle solenni affermazioni universali al particolare, sviluppando la capacità di cogliere in una dimensione istituzionale definita, sia essa municipale, provinciale, nazionale, comunitaria le interrelazioni globali dei problemi.

La politica è sempre un agire locale e contingente, talvolta capace anche di un pensiero globale. Più spesso però, a tutti i livelli istituzionali, sono le vicende particolari, personali o di pochi, che prendono il sopravvento sugli interessi comuni e che condizionano l’approccio ai grandi problemi della nostra epoca.

Una elezione da vincere, una posizione di potere da conservare possono cambiare fortemente l’ordine delle priorità, ponendo in secondo piano questioni che invece meriterebbero di essere affrontate per prime. Non vogliamo che succeda questo a proposito degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda globale delle Nazioni Unite per il 2030.

Vediamo allora cosa si sta facendo in Italia per superare gli ostacoli concreti e accidentali, non ideologici o concettuali, per l’attuazione dell’agenda per lo sviluppo sostenibile. Il precedente Governo ha approvato la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS), successivamente adottata ufficialmente dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE).

Si registrano nel nostro Paese alcuni passi avanti sui temi della governance e della produzione di indicatori statistici riferiti agli Obiettivi dello sviluppo sostenibile. Nonostante l’interessante ed esaustiva articolazione della strategia del governo, anche a causa della “congiuntura politica”, influenzata dalle elezioni politiche nazionali dello scorso anno, questa non ha esercitato finora alcun ruolo nel guidare le politiche nazionali e condizionare le misure legislative e gli interventi concreti.

L’unico atto amministrativo è rappresentato dalla direttiva emanata nel marzo del 2018 dall’ex Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, che affida alla Presidenza del Consiglio il coordinamento delle politiche economiche, sociali e ambientali per attuare l’Agenda 2030.

In particolare, la Direttiva prevede che la Presidenza del Consiglio coordini l’attuazione della Strategia nazionale di sviluppo sostenibile, attraverso una Commissione che, presieduta dal Presidente del Consiglio o da un suo delegato, è composta da tutti i ministri e dai rappresentanti delle Regioni, delle Province e dei Comuni. La Commissione deve anche rendere conto annualmente (a febbraio) dell’attuazione della Strategia nazionale e a tal fine ciascun Ministero deve condurre (entro il mese di settembre) un’analisi di coerenza tra le iniziative intraprese e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Sono inoltre previste iniziative di informazione e comunicazione pubblica sull’importanza dell’Agenda 2030.

In attuazione di quanto previsto dalla strategia governativa, nel mese di luglio dello scorso anno è stato presentato il primo rapporto Istat sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Il documento presenta un aggiornamento e un significativo ampliamento degli indicatori già diffusi in altre occasioni a partire da dicembre 2016, oltre a un’analisi del loro andamento tendenziale per il monitoraggio dei progressi verso gli Obiettivi dell’Agenda 2030. Con questo Rapporto, il panorama statistico reso disponibile comprende 117 indicatori tra quelli selezionati dalle Nazioni Unite e 235 misure nazionali.

Un altro importante passaggio per l’inclusione del tema della sostenibilità nel disegno delle politiche pubbliche è rappresentato dal decreto ministeriale pubblicato a novembre 2017 sulla Gazzetta Ufficiale, con il quale sono stati individuati gli indicatori del Benessere Equo e Sostenibile (BES) che vanno considerati nell’ambito del processo di programmazione economica e finanziaria e quindi inclusi nel Documento di Economia e Finanza (DEF), che delinea la strategia triennale di politica economica del Paese.

La scelta di andare “oltre il PIL” nella programmazione economica, cioè al di là delle misure tradizionali, rappresenta un passo importante per l’Italia, che è il primo Paese nell’Unione europea e nel G7 ad aver introdotto, per legge, gli obiettivi di benessere nella politica economica.

Il 28 febbraio scorso il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante un’iniziativa dell’ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, si è impegnato a considerare il progetto di trasformare il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe) in Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile, e a definire una Strategia nazionale per realizzare un’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile che si affianchi a quella già esistente per le aree interne, rilanciando il Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane.

Atti che vanno nella direzione di un superamento di ciò che ostacola la ricezione dei  SDGs nella concreta azione di governo e che fanno ben sperare per il futuro.

Gianni Bottalico

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