Giorgia Meloni: “Sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana”. Elly Schlein: “Sono una donna. Amo un’altra donna e non sono una madre, non per questo sono meno donna”. Se non si trattasse della presidente del Consiglio in carica e della segretaria del primo partito di opposizione, potremmo pensare di essere vittima di uno strano sogno o di un’allucinazione. E invece no! E’ la politica italiana, bellezza! Fatta dalle donne e con un linguaggio che non lascia alcun margine di interpretazione.
Nessun maschietto si era mai spinto sino a questo punto. Brandendo l’orientamento sessuale, manifestando la propria fede religiosa, rivendicando la propria identità di genere. Una rappresentazione di sé senza precedenti nella storia repubblicana. Non possiamo immaginare altri leader politici italiani (ne abbiamo avuti anche di spessore internazionale e autentici statisti) che abbiano fatto ricorso a questa tecnica comunicativa o abbiano avuto bisogno di descrivere in pubblico il proprio “io” e farne uno strumento di lotta politica.
Ma il nostro tempo è anche questo. E dunque sembra che d’ora in poi questo processo di autodefinizione possa o addirittura debba accompagnare la vita politica. Quasi che la questione identitaria personale incida sulle prassi politiche e sugli stessi processi decisionali. Si dirà, come dicono i colti, che questo è “il portato del nostro tempo”. Un po’ guardone e un po’ esibizionista, un po’ serioso e un po’ burlone, un po’ solido e un po’ fluido. Comunque sempre sotto i riflettori dei media e nel cuore dei social.
Ora, che a rompere la diga sia stata propria la leader della destra italiana, è esattamente un segno dei tempi. Il fatto che il suo “Io sono Giorgia…” sia diventato un tormentone capace di procurarle notorietà sulla rete al punto da prendere la forma di un rap con milioni di visualizzazioni, la dice lunga sulla qualità della politica pop nella quale siamo immersi. Ma al tempo stesso ci dice che tanta disarmante sincerità forse non poteva venire che dalle donne. Due donne diversissime, ma unite nella scelta di riaffermare, orgogliosamente, la propria identità divergente. Un mondo doppio e diviso. Un orizzonte, il loro, divisivo e contrapposto. Due visioni e due antropologie in linea di collisione.
E qui si pone forse la questione centrale. Sembra quasi che le due signore della politica italiana abbiano voluto dirci che il mondo si divide in due. Mentre noi, gente normale, eravamo abituati a pensare di doverci inevitabilmente mischiare e convivere. Nella società come in famiglia, gli uni accanto agli altri, a prescindere dalle definizioni identitarie. Non eravamo neanche lontanamente preoccupati della necessità di autodefinirci, nella nostra intimità come nella nostra socialità. Qualcuno ha catalogato tutto questo nella categoria dei comportamenti ipocriti e passatisti. Forse eravamo solo sempliciotti. Comunque non eravamo convinti che la questione identitaria e di genere fosse decisiva. Pensavamo che la percezione di sé rientrasse più nel privato che nel pubblico. Ma i processi di disvelamento e soprattutto l’annullamento sostanziale della privacy (tanto invocata quanto violata) ci hanno resi tutti più indifesi. Sino a spingere tanti sulla soglia dell’esibizionismo.
La divaricazione antropologica (due mondi diversi e in conflitto fra loro) manifestata dalle due donne più potenti d’Italia non promette nulla di buono. Questa loro manifestazione identitaria a cosa prelude? Due politiche sociali, due legislazioni, due culture, due stili di vita, due forme di socialità? Domande legittime alle quali solo loro due, Meloni e Schlein, possono rispondere. Ma vale per entrambe un avvertimento: che a nessuna delle due venga in mente di chiederci come intendiamo schierarci. Che a nessuna di loro passi per la testa di chiederci di fare outing (in nome della parità assoluta di genere, varrebbe a questo punto per tutti, etero, omo, trans ecc.). Mentre l’orientamento sessuale dovrebbero essere ancora protetto dalla privacy.
Per concludere, un piccolo gioco. Immaginiamo che a duellare siano tali Gianni ed Henry. Il primo, presidente del Consiglio, stentoreamente direbbe: “Sono un uomo, sono un padre, sono italiano, sono cristiano”. Il capo dell’opposizione, di rimando e con un sorriso compiaciuto: “Sono un uomo. Amo un altro uomo e non sono un padre, non per questo sono meno uomo”. Non è ancora accaduto, ma potrebbe in un futuro prossimo. Magari anche con uno scambio di posizioni. Cosa diremmo? Che stanno esagerando o che è necessario che facciano outing? Nel frattempo Giorgia ed Elly lo hanno già fatto e pace… Dimostrando, come sospettavamo, che il mutamento antropologico è guidato dalle donne. E non solo quello. D’ora in poi, forse, lo è anche il conflitto antropologico.
Domenico Delle Foglie