“Balla coi lupi” lo spread, e i lupi non sono quelli del bel film di Kevin Costner, ma i mercati. Dopo l’annuncio del 9 giugno scorso della signora Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea, definito quantomeno “insoddisfacente” anche dai banchieri più moderati per il modo sbrigativo e il generico rinvio a “nuovi strumenti monetari”,  lo scarto tra il  nostro titolo di Stato decennale e quello tedesco è schizzato a livelli che non si conoscevano da otto anni.

L’annuncio riguardava la fine dei programmi di acquisti da parte della BCE di titoli e bond sul mercato secondario e un programmato aumento del tasso di interesse base.

Sono seguiti i crolli in tutte le Borse, vendite dei nostri titoli da parte di banche estere, richieste di rialzi nei rendimenti del nostro decennale, un più alto rischio Italia nelle stime degli investitori.

Non è nuova la signora Lagarde a queste sortite. Già una volta, nel marzo 2020, si era lasciata sfuggire che “non sono qui per ridurre gli spread”, una dichiarazione che aveva dovuto rapidamente precisare ( alludeva al suo compito e non voleva dire indifferenza). Stavolta non ha stonato, ma più semplicemente ha deluso tutti i banchieri che volevano sapere qualcosa in più rispetto al semplice formale annuncio i mercati.  Non più tardi di un mese fa, infatti, il 23 maggio 2022 la stessa presidente della BCE aveva preannunciato “strumenti mirati a garantire la trasmissione della politica monetaria”.

Non solo, la stessa continuava a ritenere l’inflazione solo transitoria, “tecnica”, destinata a rientrare rapidamente. Ben altro stile rispetto alla mitica Janet Yellen, Segretario al tesoro americana e già presidente della Federal Reserve, che in un primo tempo la pensava allo stesso modo, ma poi ha chiesto scusa ai risparmiatori.

Per rimediare a questa sortita, o forse su pressione degli altri banchieri centrali della eurozona, la Presidente della BCE ha riunito “d’urgenza” il Consiglio Direttivo e senza dare dettagli o spiegazioni ha annunciato la preparazione di uno “strumento anti frammentazione”, che nel gergo della politica monetaria è sempre il ballo degli spread, ovvero lo scarto tra il rendimento del titolo tedesco e quello degli altri Paesi.

Non è chiaro di che si tratti, ma come avviene in questi casi gli effetti si sono subito manifestati sui mercati: giù gli spread, su le Borse. Per poche ore, perché poi le cadute sono riprese complici le decisioni della FED americana che stringe sempre più i freni. Saranno i tecnici di Francoforte a individuare questo “strumento”.

Quello che non è chiaro in questa situazione è il giudizio dei mercati sul rischio Italia. Perché è tre volte più alto di quello belga o francese e addirittura il doppio di quello del Portogallo? Così dicevano i mercati nei giorni scorsi. E perché questo rischio è raddoppiato in peggio in soli sei mesi?

Siamo la seconda potenza manifatturiera europea e gli ultimi dati (aprile) sulla produzione industriale sono positivi e addirittura migliori di quelli tedeschi e francesi. L’export tira, la bilancia dei pagamenti è attiva e il turismo è in forte ripresa.  Abbiamo un governo di grande coalizione, insidiato finché si vuole dai soliti noti, ma c’è.

Certo il nostro debito pubblico è più alto rispetto a tutti gli altri Paesi, ma un percorso di graduale miglioramento dei conti pubblici Draghi lo ha avviato. Non lo dice il solito comunicato stampa di Palazzo Chigi ma il Fondo Monetario Internazionale nel proprio “Fiscal monitor” pubblicato lo scorso mese (fonte: IMF 4,2022).

Un debito elevato rispetto al PIL ma sostenibile, come hanno dimostrato tutte le nuove emissioni negli ultimi anni.

Forse il rischio Italia è altro ed è rappresentato dai soliti noti della nostra attuale classe politica. Ne abbiamo sentite di tutti i colori anche in questi giorni: “non si dovevano aumentare i tassi”, “si vuole svendere l’Italia all’Europa”, con l’occhio e l’orecchio attenti alle prossime elezioni.

Sempre la stessa musica. Peccato sia quella del circo.

Guido Puccio

 

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