La Chiesa, cardinali e vescovi tirati da ogni parte per la giacchetta. I singoli cattolici, o i gruppi in cui si organizzano, tirati anch’essi in tutte le direzioni, per i loro voti. Molti, che non conoscono bene le cose, pensano che tutte queste giacchette siano una sola, ma si sbagliano.
C’è da constatare come nel nostro Paese, anche a seguito di evoluzioni storiche ben precise, il rapporto con l’articolato insieme rappresentato dagli uomini della Gerarchia e dai laici, concepito in maniera errata come soggetto unico, coerente e coeso, continui a restare davvero schizofrenico.
Un giorno vanno bene. Quello dopo, disturbano. Si applaude quando la loro voce coincide. Tollerati con fastidio nel momento in cui quella stessa voce dissente. Evidente, quando ciò concerne temi eticamente sensibili, in particolare, le delicate questioni della vita e della morte.
Storia antica. Emblematico, nei drammatici anni a cavallo di fine millennio scorso, il trattamento riservato a Giovanni Paolo II. Esaltato per il ruolo svolto nel contribuire alla fine del disumano sistema del comunismo applicato. Papa “ silenziato” quando criticava le pratiche negative del liberismo sfrenato o invitava alla Pace e definiva avventure “ senza ritorno» le guerre del Golfo.
Oggi, più d’uno giunge a tirare in ballo pure Papa Francesco, a seguito di questa o quella dichiarazione dei politici italiani, di questo o di quel risultato elettorale. Non percepito il senso di quanto siano davvero universali il suo impegno e il suo insegnamento. Ogni sua parola e ogni suo intervento continuano ad essere misurati sulla base della piccole domestiche vicende italiane.
Per quanto riguarda la Chiesa italiana, è evidente l’esistenza di un profondo rispetto, ma anche di distacco nei confronti delle dinamiche politiche in corso.
Atteggiamenti confermati da un elemento emerso con precisione: predilezione dell’intervento attorno ai problemi concreti, sulla base di operosità realistica. Lo è stato mesi fa nel caso degli imbarcati sulla nave Diciotti. Più recentemente, espresso anche in punto di diritto, in materia di fine vita.
Alcuni laici d’orientamento cattolico, intenzionati a occuparsi della politica, continuano a prospettare la possibilità di sostenere partiti e schieramenti diversi, ma cresce la consapevolezza tra altri di loro che nessuna forza dell’oggi riesca a rappresentarli.
Si guarda con grande perplessità a quello che sta accadendo nel centrodestra e nel centrosinistra.
Forza Italia è in una crisi evidente a causa della deriva estremista imposta da Matteo Salvini e il contemporaneo formarsi di una maggioranza antisovranista in sede europea partecipata dal sostegno anche del Ppe, di cui Berlusconi continua a dirsi il principale esponente italiano.
Già si vagheggia la possibilità che tronconi degli “ azzurri” e i gruppuscoli democristiani, sempre orbitanti nell’area di centrodestra, si uniscano senza mettere nel conto che una sommatoria di debolezze può difficilmente cambiare il duro incalzare delle cose. Né la riproposizione di facce logorate da decennale pratica politica è in grado di sopperire a una mancanza di progetti e di truppe. E’ evidente che anche il mondo dell’imprenditoria e gli esponenti delle rappresentanze di categoria, importante parte del ceto medio, sono poco interessati da operazioni politico – elettorali di risulta.
Il Pd è già rimasto gravemente ferito dalla “ prima bomba” fatta detonare da Matteo Renzi. Altre potrebbero esplodere a seguito dei risultati delle prossime elezioni regionali in Umbria e in Emilia. Là, la Lega sta facendo affluire truppe e munizioni alla ricerca di una rivincita che sarebbe davvero esiziale per il partito di Nicola Zingaretti. In ogni caso, Renzi lavora a rappresentare un’ alternativa “ globale” alla linea del partito di cui è stato ex segretario. Poco lo tocca il fatto che, dopo la sua scissione, l’intero centrosinistra resti solo lievemente sopra il 20%.
L’impronta radicaleggiante del partito dei democratici si è accentuata con l’ arrivo di Zingaretti alla segreteria e non sembra che chi non ha voluto seguire Renzi, non di provenienza post Pci, abbia molte carte da giocarsi. Qualcuno sostiene possibile l’idea di “ democristianizzare” il Pd. Cosa che fa il paio con quanti s’illudevano di dare vita ad una corrente “ di cristiani” tra i democratici e portare a casa, così, un qualche risultato.
Purtroppo, sembra che dopo lo strappo di Renzi la questione possa diventare persino quella della stessa sopravvivenza del centro sinistra, così come conosciuto finora. Sono evidenti le difficoltà di molti nel barcamenarsi tra Zingaretti, Franceschini e Renzi. L’unico loro collante residuo è l’essere costretti a tenere in piedi l’esecutivo Conte bis, pena lo spianare la strada a Salvini e alla sua strampalata idea sovranista destinata a sistemare tutti per le feste.
In realtà, non si tratta di “ democristianizzare” nessuno. Bensì di fare sì che nell’azione politica, soprattutto in quella legislativa, si riesca finalmente a recuperare lo spirito di quel convergere della Costituzione e del Pensiero sociale della Chiesa per trasformare radicalmente il Paese. Questo spiega il senso del parlare di una presenza autonoma da parte dei cattolici interessati alla politica: nessuno altro partito è intenzionato di porre mano a un simile processo di trasformazione radicale.
E’ necessario impegnarsi per superare quelle che restano alcune malattie infantili di molti gruppi che formano il movimento politico dei cattolici: autoreferenzialità e tendenza ad accettare la logica dell’accomodarsi in casa altrui dopo due decenni e mezzo di bipolarismo.
Forse è venuta l’ora che quanti fanno riferimento ad un certo tipo di cattolicesimo democratico e sociale si decidano a diventare adulti, a riscoprire il senso di una presenza ben definita, a passare il Rubicone dell’autonomia che è libertà e creatività, soprattutto per quanto riguarda la capacità di avanzare proposte politico programmatiche degne di essere prese in considerazione dall’intero Paese.
Fare questo significa riconoscere che la piena aderenza al messaggio universale della Dottrina sociale della Chiesa, sui cui contenuti pure tanti laici convergono, costituisce il presupposto di una nuova partecipazione riconosciuta e coerente nelle dinamiche della dialettica pubblica ed istituzionale.
Riaffermare la propria identità non esclude forme di collaborazione con coloro con cui si condivide possibili scelte programmatiche indirizzate al bene comune.
Si tratta, in realtà, di partecipare in modo rinnovato a una continuità storica di pensiero e di azione sulla base della quale si è alternativi alla sinistra e antitetici alla destra e di portare una ricca e feconda specificità nelle istituzioni, nella politica economica e internazionale e nelle relazioni tra gli esseri umani che devono essere rigenerate. Solo chi questa continuità non la respira, o preferisce ignorare, riduce la questione dell’identità alla passione per la “ solitudine” politica.
Le nostre malattie infantili le superiamo con un solo vaccino: ascolto e ricerca della condivisione. Ascolto della nostra gente, condivisione di un progetto sollecitato dalle condizioni del Paese.
Giancarlo Infante
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