Era inevitabile che la maggioranza facesse quadrato nel difendere la Ministra del turismo, Daniela Santanchè. Così come c’è da attendersi che le opposizioni continueranno a girare il coltello nella piaga.

La maggioranza dev’essere forte del fatto suo. Nel credere che nel comportamento della Ministra non vi sia niente da contestare. E questo sarà vero fino alla conclusione delle indagini che, è bene ricordarlo, non sono state originate dalla Magistratura, ma frutto di controlli di natura fiscale e gestionale condotte sulle aziende fondate da Daniela Santanchè. Poi, sono arrivate le inchieste giornalistiche. Quelle che hanno fatto ascoltare con tanta dovizia di particolari il punto di vista di fiscalisti e di dipendenti che sembrano smentire la difesa messa in campo. Ed è questo che fa dire ad una parte delle opposizioni che la Ministra non l’ha raccontata proprio tutta giusta in Parlamento.

La conclusione delle indagini ci diranno come sono andate le cose. O meglio, come la vedono gli inquirenti che, si presume, seguiranno il tutto tenendo conto delle leggi e di ciò che regola la gestione di società che, e questo è fuor di dubbio, non se la sono, e non se la passano bene.

Nel caso di un rinvio a giudizio le cose potrebbero mettersi non bene per la Ministra e per chi ha deciso di sostenerla ad ogni costo. Poi, si potrà sempre dire che, in un’ottica garantista, il tutto dovrà subire il vaglio dei tre gradi di giudizio. Insomma la classica tiritera cui ci siamo abituati in Italia dove ogni cosa si butta in politica con la conseguenza di diventare non oggetto di una serena ed obiettiva analisi, bensì il frutto di una lotta tra contradaioli.

Però, nel passato la destra si è scatenata contro taluni ministri provenienti dal campo avverso per molto meno. Anche i suoi esponenti sono saliti sulle barricate per accusare, chiedere dimissioni già prima che le cose fossero pienamente chiarite e spesso riferendosi all’art 54 della Costituzione che recita: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.

In effetti, in altri paesi di democrazia avanzata, politici e ministri si dimettono per vicende molto meno gravi nonostante non abbiano un apposito articolo della Costituzione che li sorregge nel valutare non solo le leggi, ma anche quel criterio di opportunità e ragionevolezza, oltre che di fiducia nella Giustizia, che spesso dovrebbe anche servire a personaggi pubblici per difendersi meglio, e nelle sedi opportune, invece che continuare a tenere in piedi un clima di accuse e di sospetti. Ma ognuno ha il suo stile. E ogni maggioranza valuta quale sia il modo migliore per sopravvivere.

In quel dibattito, però, ha colpito un tipo difesa che è venuta alcuni degli alleati di Fratelli d’Italia che ha lasciato non poco sopresi. E cioè l’affermazione che la mozione di sfiducia andava respinta perché alla Santanchè non venivano mossi rilievi per atti compiuti da Ministra. Ci si potrebbe spingere a semplificare e a tradurre dicendo che, con questo modo di ragionare, gli alleati ritengono che la Ministra è comunque in torto, ma siccome si tratta di cose non afferenti il Ministero che dirige può benissimo rimanere al proprio posto. Tutto bene, per carità, ma l’articolo 54 che ce l’abbiamo a fare?, verrebbe da chiedere a chi ha sostenuto questa tesi da alleato, sì, ma a ben guardare da poco “amico”?

Alessandro Di Severo

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