Una volta tanto è giusto spezzare una lancia a favore di Giorgia Meloni. Non si capisce francamente perché la sinistra – che avrebbe ben altro e ben di più da fare, ma non ne è capace – si scandalizzi tanto del commento che ha rilasciato circa l’ormai famigerato spot pubblicitario di Esselunga.

Un commento, anzi un apprezzamento appropriato che si può non condividere, ma neppure si può considerare fuori luogo. Tutt’ al più, a prescindere dal merito, si potrebbe discutere sul piano del metodo, cioè circa l’opportunità o meno che il Capo del Governo intervenga in un tale contesto. Ma poiché il contenuto dello spot ha evidentemente toccato un nervo scoperto nella coscienza degli italiani, non appare improprio che anche chi ha la più rilevante responsabilità politica dica la sua. O almeno non si può fingere di scandalizzarsi e condannare la Meloni perché ha osato tanto.

Ad ogni modo, tre brevissime considerazioni. Anzitutto, la polarizzazione del nostro sistema politico è cosi pericolosamente esasperata da diventare una sorta di “buco nero”, dotato di tale mostruosa forza gravitazionale da catturare ogni tema, ogni evento, ogni argomento che gli stia attorno per triturarlo e dissolverlo in una mera e pregiudiziale prova di forza muscolare fine a sé stessa.

E’ impressionante osservare come, salvo qualche intelligente eccezione, ad esempio Massimo Giannini, i commentatori politici si siano schierati allineati e coperti, perfettamente tutti inquadrati dietro le rispettive insegne, sempre all’ erta, in servizio permanente ed effettivo. In secondo luogo – e qui l’argomento riguarda, anzitutto, la sinistra – è preoccupante dover constatare il permanente alto tasso di ideologizzazione che accompagna determinati argomenti, in questo caso il tema del divorzio. C’è chi giunge penosamente al ridicolo di paventare che lo spot della pesca sia una sorta di subdolo attentato all’istituto del divorzio, addirittura il tentativo di reintrodurre emozionalmente nel cuore degli italiani l’attaccamento alla famiglia tradizionale, come se ciò – ammesso e non concesso che di questo si tratti – debba essere considerato un attentato alla coscienza civile del Paese. Infine, c’è chi ha lamentato la presunta strumentalizzazione della sofferenza dei bambini e la pretesa di rovesciare sulle loro
spalle compiti e responsabilità che a loro ancora non competono.

Ma siamo sicuri che , in una società talmente distratta, sia così scandaloso ricordare che i bambini veramente soffrono la separazione dei genitori, la vivono come una ferita che li attraversa, destinata a lasciare nel loro intimo una scia amara di insicurezza? Siamo sicuri che, almeno una volta, non valga la pena di affidarci alla sguardo dei bambini, più immediato ed ingenuo del nostro e perciò più libero, così da guardare la vita attraverso i loro occhi ?
Che sia fuori luogo osservare come la sofferenza di un bambino – questo, in fondo, potrebbe essere il messaggio implicito dello spot – possa essere così trasparente da evocare negli adulti un soprassalto di responsabilità?

Domenico Galbiati

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