Non posso dimenticare uno spiacevole episodio di bullismo romano, del quale ho conosciuto personalmente le circostanze, superate con qualche difficoltà, grazie al cielo. Ma erano altri tempi, una ventina d’anni fa circa, in cui la “belva social” non imperversava ancora nello scenario adolescenziale. Attualmente, invece è una costante globale che determina pesanti azioni violente, criminose e sconsiderate che, spesso, confluiscono in eventi mortali.

Gli ultimi, nefasti fattacci, avvenuti al fine di pubblicizzare/enfatizzare/esaltare le proprie bravate sono opera di una gioventù viziata mentalmente e non solo virtualmente, sì da spalancarci gli occhi (ingenui) avanti ad un mondo inaspettato, forse incredibile, certamente sottovalutato nella sua gravità.

E’ inaspettato per chi, come me, vive alquanto romanticamente, circondato da affetti veri, ideali “antichi”, valori umani e relazioni sociali che sono le premesse, ovvero le finalità, di progetti culturali, ambientali e di sviluppo sostenibile. Quindi siamo, noi “normali”, inconsapevoli di quanto quotidianamente fermenta e s’involve drammaticamente nella forma mentis e nel modus vivendi delle giovani/ssime generazioni della multimedialità globalizzata e dell’esistenza tecnologica, trascorsa in gran parte al cospetto di “sua maestà” lo smartphone o di un incessante videogame.

E tutto ciò appare, in fondo, incredibile soprattutto per gli accadimenti che l’uso distorto o eccessivo o irrazionale che si fa dei “social” espone chiunque a potenziali rischi, derivanti da comportamenti che non sono semplicemente irresponsabili, in quanto mirati ad ottenere un largo consenso di “like” o qualsivoglia “followers” a scopo di lucro! Perciò, volendo mutuare un vecchio brocardo: “mors tua, vita mea”. – Ah ma questi incassi saranno oggetto di evasione?-

Infine, trattasi di un fenomeno oggettivamente trascurato o almeno sottovalutato dalla Politica, dagli organismi preposti – penso soprattutto all’Autorità garante delle comunicazioni – dagli educatori (dove sono?!), quali genitori, nonni, insegnanti, ecc.; dagli ordini professionali degli psicologi e dei sociologi, oppure dagli addetti alle attività sportive, i quali potrebbero fare rete e lavorare sinergicamente per la prevenzione, onde evitare il proliferare di tali e tante devianze.

Orbene, mi pare di poter affermare che urge un intervento del legislatore e che non è sufficiente una direttiva della società che gestisce Face book o Instagram; così come s’impone un esame e un adeguato approfondimento da parte degli uffici del Ministero dell’Istruzione e del Merito, affinché si esca dalle sacche astratte, stereotipe ed un po’ inerti delle consuete linee riformatrici che vanno, di norma, nella direzione opposta o comunque diversa da quella seguita dal governo precedente, di contrapposta parte politica. Ed affronti, senza indugio, il ministro Valditara, quale persona capace e sapiente, il monstrum social, prendendolo per i capelli e, magari, facendogli pelo e contropelo …

Michele Marino

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