Ben volentieri pubblichiamo un nuovo intervento di Massimo Brundisini in materia di vaccinazioni. Personalmente ritengo che, per contrastare la diffusione della Covid-19, sia necessario utilizzare tutti gli strumenti che la scienza oggi mette a disposizione. Nella consapevolezza che la ricerca sia un divenire, spesso non lineare,  cui non può essere data un’adesione fideistica, ma sempre basandosi su dati certi, dimostrati e consolidati. In ogni caso, soprattutto di fronte a fenomeni come quelli del Coronavirus, è necessario seguire dei criteri di precauzione diretti alla salvaguardia di più vite umane possibili.

A mio avviso è necessario, semmai, tornare ad un atteggiamento più fermo anche per quanto riguarda l’uso delle mascherine, della pulizia delle mani e del rispetto del distanziamento perché, i dati stanno a confermarlo, non si può affidare tutto l’impegno di questa dura battaglia alla sola vaccinazione e al tampone.

Questo non significa demonizzare le altrui, divergenti opinioni. Questo mai è stato fatto su queste pagine. Non l’ha fatto neppure Domenico Galbiati che si è limitato ad esprimere la non condivisione di quegli atteggiamenti “ascientifici” e “antiscientifici” espressi dalle frange più estreme di un movimento acriticamente e irrazionalmente contrario all’uso del vaccino e, persino, strumentalizzato politicamente.

La pubblicazione di tutti gli interventi inviati dall’amico Brundisini sta a confermare che noi in nessuna occasione, e su nessun tema, sposiamo un “pensiero unico”. Soprattutto se, come ha sempre fatto Massimo, i propri convincimenti sono  argomentati civilmente.

La nostra è una palestra di opinioni e tale la vogliamo mantenere.

Giancarlo Infante

 

Dico subito a quanti avranno la pazienza o la curiosità di leggere queste righe, che il mio desiderio di scrivere per una quarta volta sul tema che tutti ci coinvolge planetariamente, è pari a zero o posizionato addirittura in campo negativo, e questo per una serie di ragioni, non ultima il livello di discussione ormai da tifo calcistico e quindi da bar sport raggiunto dalla diatriba, ma anche per la difficoltà che si incontra nel leggere i dati, spesso  contrastanti ed utilizzati in maniera strumentale.

Come nelle altre occasioni però, la motivazione contingente è stata il recente articolo dell’autorevole amico e collega Domenico Galbiati ( CLICCA QUI ),  il quale ha manifestato un evidente sconcerto di fronte a posizioni da lui ritenute inspiegabili. Lo sconcerto si è poi tradotto in affermazioni non certo caratterizzate da levità, come “pensiero delirante”, “delirio di riferimento”, “sofferenza psichica” (!!!!!!) e “ignoranza”, affermazioni queste che lasciano non solo interdetti, quanto piuttosto increduli: si sarebbe certo preferito che giudizi così definitivi, tra l’altro dati da un medico, fossero stati perlomeno accompagnati dalla considerazione che determinati comportamenti, e talune iniziative un po’ estreme, siano state portate avanti solo da una minima parte di quanti cercano di comunicare, a volte sì esagerando, la loro differente visione sulle politiche sinora attuate riguardo la problematica sanitaria, evitando di fare di tutta l’erba un fascio.

La constatazione che chiunque si discosti dal verbo ufficiale venga ostracizzato e quasi demonizzato, è forse la ragione che genera, solo in alcuni, in realtà pochi a fronte dei milioni di non vaccinati, reazioni scomposte. In un nostro breve colloquio telefonico, mi esprimeva comunque l’idea che un ulteriore scambio di opinioni e visioni potesse avere una sua utilità. Scriverò allora qualche mia riflessione, soprattutto con l’intento di cercare di rassicurare il collega, impresa titanica a fronte del suo prolifico argomentare, sul quale peraltro mi sono ritrovato spesso d’accordo. Riaffermo d’altra parte di riconoscermi nel motto, parafrasato, di Renè Des Cartes (Cartesio per noi): “Dubito, ergo sum”, ma motivi di perplessità (usando un eufemismo) ce ne sono a bizzeffe.

Il collega afferma, e concordo, che tutte le motivazioni di chi manifesta la sua opposizione ad obblighi sanitari, convergono verso un sentimento di diffidenza e di paura: è vero, abbiamo a che fare con un brutto incubo che di per se porta ad esasperazioni emotive e conseguenti esasperate esternazioni, ma evidentemente questo vale anche a mio avviso per il campo dei favorevoli ai vaccini. Verrebbe da pensare che forse a chi ha il dovere, anche professionale, di guidare e consigliare il prossimo, spetta il  gravoso e per niente facile compito di tenere sotto controllo la propria emotività, e non di contribuire ad innescare la spirale di esasperazione. Siamo di fronte a due paure, pur se caratterizzate da diverse motivazioni, e forse la cosa più importante da fare è non perdere di vista la razionalità.

Ricordiamo anche che la scienza, tirata per la giacchetta in tutte le occasioni, offre in realtà una visione non univoca, e chiedere verso di essa un atto di fede cieca è una richiesta che troppo spesso si scontra con evidenze di altro tipo: concordo quindi con il collega che la comunicazione, troppo spesso contradditoria, è stata un pessimo biglietto da visita.

Ho pensato allora di fare alcune considerazioni, cercando di avere come metodo il buon senso, il bene comune come stella polare, ma soprattutto cercando di fare mia quella che considero una delle virtù più importanti e forse meno praticata, la Sintesi, ricordando un motto di cui non ricordo l’autore: “La sintesi salverà il mondo”.

Per sdrammatizzare, e per l’appunto per amor di sintesi, inizio dal considerare quelli che sono in fondo la quintessenza delle sintesi, e cioè i possibili titoli che avevo pensato per questo scritto:

  1. compito ingrato (il mio)
  2. due opposte fazioni…o tifoserie… ma il tifo da stadio può produrre risultati utili?
  3. embrassons nous!!!! ….l’auspicio
  4. quei rompiscatole dei whistle blowers ( o segnalatori di illeciti)
  5. perché in Italia si parla così poco del “great reset”? (considerazione a latere)
  6. incomunicabilità
  7. ma da quando la parola “terapia” è diventata un tabù?

E voglio partire proprio da quest’ultimo immaginario titolo per una nota positiva, e cioè che, con grande soddisfazione di molti, è stato finalmente superato il tabù che ha condizionato la nostra storia recente: la TERAPIA, parola mai pronunciata in quasi due anni dal Ministro della Sanità e dal CTS, ora è una realtà ufficiale, esiste, funziona, è già stata autorizzata in Gran Bretagna ed è stata richiesta un’autorizzazione d’urgenza alla FDA (Food and Drug Administration) e all’EMA (Agenzia Europea del Farmaco). Il farmaco in questione si chiama Molnupiravir, ed è stato studiato dalla Merck (MSD). Osservazione di non poco conto è che il pluricitato dottor Fauci ne sembra entusiasta. Altra buona notizia è che anche Pfizer e Roche stanno lavorando su terapie con farmaci antivirali: Pfizer ha affermato all’inizio di questo mese di aver avviato uno studio di fase medio-tardiva sul Ritonavir per il trattamento del COVID-19 in pazienti adulti sintomatici non ospedalizzati. Per quanto riguarda Roche, secondo l’azienda sono positivi gli esiti dello studio di fase II/III, che ha coinvolto il Ronapreve, il trattamento anti-Covid, in pazienti ospedalizzati ( CLICCA QUI  QUI  e QUI ).

Ma ora cerchiamo di capire da dove possono nascere le perplessità di quanti vengono, con una notevole dose di approssimazione definiti no-vax, termine che viene spesso usato in modo denigratorio, e riferendomi questa volta al titolo immaginario numero 4 di cui sopra, cito un recente articolo del British Medical Journal (BMJ – CLICCA QUI )

L’articolo, nel quale la vicenda è ben approfondita, nasce dalle scioccanti rivelazioni della “whistleblower” (segnalatrice di illeciti) Brook Jackson, una dirigente del centro di ricerca di Ventavia in Texas, su evidenti falle nella sperimentazione del vaccino Pfizer affidata a quell’istituto: la scienziata ha rivelato di aver lavorato in laboratori gestiti “a casaccio”, con dati truccati, personale non addestrato, ed altre gravissime accuse, tutte ben documentate. Era stata poi licenziata dopo aver inviato una lettera di protesta alla FDA, che si era premurata di non rispondere. Dice il BMJ, nel dettagliato articolo, che tali pratiche sollevano interrogativi sull’integrità dei dati e sulla supervisione normativa. Gran risalto su Le Figarò, l’Express e lo Spiegel, un po’ meno da noi, dove le grandi testate sono apparentemente impegnate a fare i custodi della narrazione dominante a prescindere (tranne sembra Il Foglio). Come accade spesso per le notizie non in sintonia con quella narrazione, si omette, si minimizza o si cerca di confutare, ma inutilmente in questo caso, vista l’evidenza dei fatti: a mio avviso questa pratica non contribuisce certo a modificare il pensiero dei dubbiosi. Riprendendo le considerazioni del collega Galbiati: “La Scienza deve sapersi comunicare in modo chiaro e vincente, cosa che non sempre avviene, senza chiudersi in un linguaggio elitario ed esclusivo”.

Guardando al passato, ma sempre nel campo delle terapie, termine ormai non più tabù, è doveroso anche ricordare le incomprensibili vicissitudini degli anticorpi monoclonali: per chi volesse approfondire riporto due articoli comparsi sui quotidiani ( CLICCA QUI  e QUI )

Il mancato utilizzo di tali farmaci, che avevano agito sul Presidente Trump e sul Governatore del Texas con “effetto Lazzaro”, è uno dei misteri legati al protrarsi del tabù sulle terapie e alla narrazione ufficiale a senso unico. Sui vaccini, la cui utilità è comunque fuori discussione, permangono  perplessità sulla reale entità della protezione (mascherine e distanziamento sempre necessari), sulla durata, che impone continue dosi di richiamo (ad libitum?), e sul controllo effettivo dei possibili e mai negati effetti collaterali. È di questi giorni l’invito dell’AIFA ai medici di comunicare in maniera attiva la loro comparsa per ottenere un quadro il più completo possibile, cosa finora non implementata a differenza di quanto avviene in Gran Bretagna, dove viceversa, e in maniera lungimirante, è stato rimarcato lo scopo dichiarato di cercare di non suscitare diffidenza nella popolazione. I casi di comparsa di miocarditi, perlopiù in soggetti giovani e con l’incremento delle dosi, si stanno moltiplicando. Ecco solo uno dei tanti esempi ( CLICCA QUI )

E sempre nel campo delle poco utilizzate e snobbate terapie, ricordo il protocollo proposto dal prestigioso Istituto Mario Negri, un’eccellenza italiana, che, sembrerebbe un po’ in sordina, visto il contesto difficile, ha pubblicato un recente studio sulla rivista “Lancet” dove si rimarca la possibilità concreta e provata di evitare complicanze, ricoveri e terapie intensive attraverso l’utilizzo di farmaci di comune impiego. Personalmente proporrei il Professor Giuseppe Remuzzi a capo del CTS, anche se la lontananza da Roma non aiuta. Allego i link relativi ( CLICCA QUI  QUI e QUI )

Ma guardiamo cosa succede oltreoceano: il coraggioso Senatore Rand Paul, valoroso collega, ha messo con grande determinazione alle strette il ministro della sanità di Biden, Becerra, sul tema dell’imposizione dei vaccini a chi ha sviluppato l’immunità naturale: siamo molto invidiosi di questi Politici, ma dobbiamo rilevare che anche da noi c’è qualcuno che con molta franchezza esprime le proprie convinzioni, esibendo una sua particolare concezione del “politicamente corretto”. ( CLICCA QUI  e QUI )

Sempre per capire il perché delle diffidenze e delle perplessità, può essere di aiuto ascoltare uno scienziato molto titolato, Peter Doshi, senior editor al BMJ e professore di ricerca sui servizi sanitari farmaceutici all’Università del Maryland. I suoi dubbi sono a mio avviso condivisibili. Sempre nello stesso video, sottotitolato, altri dubbi non di poco conto vengono espressi dalla Dottoressa Linda Westila. Doshi al minuto 13.27 fa un’affermazione molto pesante, e che cioè sotto il “cofano” degli studi Pfizer non c’è scienza ma affari (business e marketing), e poi precisa, notizia che ha dell’incredibile, che anche solo per poter richiedere i dati specifici necessari per poter analizzare il vaccino Pfizer si deve attendere il Maggio 2025!!!!! ( CLICCA QUI )

Forse dopo questi video le teorie più prudenziali, più accorte e più in linea con il mai abbastanza perseguito principio di precauzione e sull’analisi del rapporto costi-benefici, potranno annoverare nuovi aderenti. Non si può comunque nascondere l’impressione che non volendo, o non potendo discostarsi dalla narrazione unica, si decide di agire su altri parametri, come per esempio mantenendo la durata del lasciapassare a 12 mesi, ben sapendo che già dopo 4 o 6 mesi (ad essere ottimisti), la protezione decade: si colpevolizzano allora i non vaccinati (a partire dai neonati?), imponendo crescenti limitazioni che generano maggiori proteste, in un drammatico circolo vizioso. Si potrebbe anche pensare che se è possibile attraverso un DPCM prolungare per legge la durata del lasciapassare, si potrebbe nello stesso DPCM ordinare al virus di non replicarsi. L’imponente studio di seguito smentisce la ragion d’essere delle accuse ai non vaccinati, contraddicendo le affermazioni di Walter Ricciardi, consulente del Ministro della Sanità, già autore di una clamorosa gaffe sul monodose JJ. ( CLICCA QUI  QUI e QUI )

E allora ecco la SINTESI: l’utilizzo consapevole, critico e libero dei vaccini e lo sdoganamento delle terapie precoci, possibilmente domiciliari, validate e implementate, modulato in base alle diverse esigenze e situazioni particolari, e favorito da un dibattito pubblico nel quale ciascuna visione possa avere uguale visibilità e dignità, può rappresentare una strategia ed una sinergia vincente.

Massimo Brundisini

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