Che la tentazione dell’iconoclastia e della provocazione alberghi sotto i burberi volti dei taciturni e coscienziosi Liguri, è una di quelle scoperte che richiedono molta attenzione e lunga consuetudine. Noto a tutti è invece che politicamente, la Liguria è stata sempre assai ben caratterizzata. E se, dopo la fine gli anni 50 non vi si pubblica più il settimanale “L’araldo leninista”, ancora oggi essa da molti voti alle sinistre.

Anche nel mantenere il mito fondatore dell’Italia repubblicana, i Liguri fanno tutta la loro parte. La narrativa della Resistenza costituisce infatti l’oggetto di un’attenzione continua. Ci sono musei interamente dedicati a quegli anni tragici e alla difesa spontaneamente messa in atto dalla popolazione quando i Tedeschi tentarono di smantellare gli impianti per portarseli in Germania. E le strade sono piene di cartelli che segnalano tali musei. Tutto è ok, insomma, sino a quando non si giunge in un luogo fatidico: a Molicciara.

Giace, questa piccola frazione di Castelnuovo Magra, non lontano dall’antica Luni. È solo un puntino sulla mappa, un borgo che in apparenza nulla distingue da altri agglomerati dai nomi improbabili e bizzarri, come Palvotrisia, o Caniparola. Ma solo finché non si giunga ad un piccolo spiazzo quadrato sui cui spicca il cartello “Piazza della Resistenza coniugale”.

Piazza della Resistenza coniugale! Ma che cosa è? Un omaggio ai valori tradizionali di questa terra da cui gli uomini si allontanavano per anni dalle famiglie nei loro lunghi viaggi alla scoperta di nuove terre? O l’appello a una nuova resistenza dei mariti costretti ad esercitare la pazienza di Giobbe e la diplomazia di Talleyrand per andare avanti in quest’epoca di mogli femministe? Oppure, un ironico far il verso alle mille piazze, vie, viali, ponti, parchi eccetera dedicati alla lotta contro i Tedeschi? Difficile rispondere a questi interrogativi. Ma, quale che sia stato l’intento originario, appare inevitabile che questo nome venga letto come una vera e propria “bomba ironica” scagliata contro il politicamente corretto.

Interrogati, gli abitanti del luogo minimizzano. Ma non sembrano scandalizzati dall’evidente dissacrazione del mito resistenziale, dell’incursione beffarda nel territorio di una storia quasi sacra, o contrariati dal riferimento a valori “obsoleti” come quelli coniugali. Né mai qualche autorità è intervenuta a cambiare la situazione su questo larghetto adiacente la strada provinciale, ma – pare – di proprietà privata, con un’inerzia cui si può una volta tanto plaudire, tanto sembra frutto di buon senso e spirito di tolleranza. La Resistenza ne viene forse un po’ sminuita. Ma l’adesione della popolazione a valori di cui si può anche di tanto in tanto sorridere dimostra che il mito è capace di andare al di là del semplice conformismo.

Chi, anche per semplice caso, passi per Molicciara non può che ripartirne riconfortato. La memoria della Resistenza appare ancora più fortemente radicata di quanto non si creda nella mente degli ironici liguri. E il PCI, che ha sempre dominato il Comune di Castelnuovo – può concludere il viaggiatore – era veramente “diverso” da quello plumbeo dell’URSS dove mai, neanche dopo la morte dell’uomo che gli Italiani chiamavano affettuosamente “baffone”, sarebbe stata possibile una simile sorridente dissacrazione. Si chiede anzi il viaggiatore come mai, anziché limitarsi a tollerala, non si sia preso spunto da questa singolarità per fare di Molicciara un’attrazione turistica.

Ciò sarebbe realizzabile anche in modi politicamente non laceranti rispetto al contesto culturale della regione. Per esempio, costruendo, come fu ipotizzato qualche anno fa, al centro della piazza un bel monumento dedicato alla resistenza familiare. Che non sarebbe – come qualcuno potrebbe temere – un cedimento ai valori dei cattolico-conservatori. Non significherebbe tradire il sentimento politico degli abitanti del Comune. Anche perché ci sarebbe un modo di esaltare il sentimento familiare rifacendosi addirittura al modello sovietico.

Circolò infatti l’idea di ispirarsi al famoso monumento moscovita all’operaio e alla kolkosiana. L’uomo stringe in pugno un martello, la donna lo incrocia con una falce. In Piazza della Resistenza coniugale, avrebbe potuto essere riprodotto quasi identico, solo che l’uomo avrebbe dovuto impugnare un battipanni e la donna un matterello, storici strumenti della dialettica moglie-marito.

Inutile dire che l’idea si è subito incagliata. Non per l’evidente mancanza di riguardo verso una fede politica in cui molti, in Italia, hanno sinceramente creduto; ma per l’opposizione femminista, cui matterello e battipanni appaiono come simboli di schiavitù, come oggetti da mandare al rogo.

L’obbligo di “correttezza politica” è insomma cambiato, ma non ammette comunque eccezioni; non si scherza con il gender. La muraglia del conformismo è senza crepe. Il giorno in cui Molicciara e la sua piazza potranno diventare un’attrazione turistica unica al mondo, e il giorno in cui gli uomini e le donne potranno sorridere di sé stessi, e con l’autoironia rafforzare la famiglia nel suo ruolo di nucleo centrale della società, è ancora lontano.

Giuseppe Sacco

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