Il carissimo amico Paolo Magnolfi ha avuto la gentilezza di inviarmi qualche giorno fa un messaggio, lui l’ha definito una Lettera aperta, con il quale pone dei problemi sulla “qualità” della costruzione in corso di INSIEME. Ringrazio davvero Paolo perché il suo è un sincero contributo affinché il dibattito congressuale vada al centro dei problemi che, inevitabilmente, ha un partito appena nato come il nostro. L’importante  è non avere paura di confrontarsi. Semmai, dobbiamo tutti sforzarci di farlo con spirito costruttivo e amichevole.

 

Il messaggio di Paolo Magnolfi

LETTERA APERTA A GIANCARLO INFANTE

Caro Giancarlo, ho letto con attenzione il tuo articolo di ieri 21 giugno pubblicato su Politica Insieme dal titolo “Tutti popolari ma con quali idee in testa?” e mi trovo d’accordo con molte delle tue affermazioni.

               Allora, però, visto che non siamo bambini che in modo ingenuo, anche se sincero, affermano cosa vogliono fare da grandi, ragioniamo da adulti, sapendo che “fare politica” è quanto di più pragmatico possa esserci e chiediamoci cosa siamo stati capaci di fare fino ad oggi.

               Un gruppo che aspira a costruire un Partito politico deve avere una IDEALITA’ che lo porti a saper “vedere lontano”, deve essere in grado di costruire un PROGETTO, deve essere in grado poi di ATTUARLO, dotandosi degli strumenti necessari.

               Sicuramente la Dottrina Sociale Cristiana e i Principi  della Carta Costituzionale rappresentano bene la nostra IDEALITA’, come d’altra parte il Manifesto Zamagni attorno al quale ci siamo ritrovati il 30 novembre 2019.

               Partiamo allora da quella data in cui fu deciso di lavorare alla costruzione di un soggetto politico, movimento? partito? in cui potesse riconoscersi almeno una buona parte di società civile. L’intenzione concordemente espressa fu quindi quella di un coinvolgimento, il più esteso possibile, dei territori, anche attraverso il rapporto con le Associazioni e i Movimenti di cui molti di noi facevano e fanno parte, perché, si disse, una casa si costruisce dalle fondamenta. Furono creati dei gruppi di lavoro tematici che, pur con numerose difficoltà, lentamente presero avvio e che portarono allo svolgimento della Assemblea costituente dello scorso ottobre 2020.

               In quella assemblea fu creato un gruppo dirigente provvisorio che si assunse il compito e la responsabilità di:

–        Completare la stesura dello Statuto, semplificandolo per renderlo comprensibile anche per le persone più semplici. Lo Statuto è la carta di identità e se diamo a leggere una carta di identità di oltre 50 pagine il 99% delle persone non va oltre la terza pagina.

–        Creare una struttura territoriale agile che potesse iniziare da subito a rapportarsi con i nostri territori, tra l’altro con caratteristiche molto diverse tra una regione e l’altra.

–        Preparare un regolamento da sottoporre agli iscritti attraverso i delegati regionali per arrivare al Congresso prossimo in grado di eleggere gli organi dirigenti con un metodo veramente democratico e rappresentativo.

Io questi compiti non li ho visti realizzati, se non in minima parte. Le buone intenzioni citate nel tuo articolo non trovano realizzazione nel lavoro di questi 8 mesi passati. Così mi chiedo:

Perché in quelle regioni come la Toscana, dove si voleva concretamente lavorare alla creazione della struttura territoriale, la segreteria politica ha detto di “stare fermi e aspettare”, come ha pubblicamente riferito il coordinatore regionale?

Quali problemi hanno tenuto impegnata la segreteria politica di Insieme per tutto questo tempo tali da impedire di svolgere il compito che le era stato assegnato? Devo forse pensare che molto di questo tempo sia stato speso discutendo senza trovare un accordo su come procedere? Eppure tutti sappiamo che quando si lavora in team ciascuno mette la sua competenza, la sua opinione, ma il risultato non può essere la prevaricazione di una opinione sulle altre, in altre parole voglio dire che si può anche decidere alla fine di andare alla conta davanti alla Assemblea, ma in questo modo tutti hanno perso e nessuno può dire di avere vinto.

Insomma si va al Congresso, il primo Congresso, con un regolamento approvato il 30 aprile scorso, portato a conoscenza degli iscritti a fine maggio se non ad inizio giugno, senza sapere il numero esatto degli iscritti, quindi senza sapere quale sia il 5% di firme necessarie per presentare una mozione; in poche parole un regolamento che fa acqua da molte  parti.  Allora quale attestato di fiducia posso dare a chi ha prodotto questo lavoro e fra qualche giorno chiederà anche a me di dargli di nuovo fiducia confermandolo alla guida del partito?

Caro Giancarlo ci conosciamo da tempo ed abbiamo avuto occasione di confrontarci trovando, almeno mi era sembrato, una certa concordanza di vedute, ma se fino ad oggi abbiamo realizzato per molti aspetti il contrario di quello che diciamo di voler fare, l’aspirazione di voler rappresentare in politica quel 40% di italiani che non votano o non sono contenti di chi hanno votato è una chimera.

Volevamo fare un partito “nuovo”, stiamo facendo solo un nuovo, un altro partito.

Un caro saluto,

 Paolo

 

La mia risposta

Caro Paolo,
ti giunga il mio abbraccio più affettuoso per quel che mi hai scritto, con tanta lodevole e argomentata franchezza.
Permettimi, però, di dirti che non merito di ricevere addirittura una lettera aperta. Sono, e mi sono sempre solo considerato uno dei lavoratori nella vigna, anche se spesso ripenso a quelle solitarie riflessioni fatte a Roma con monsignor Simoni che ci hanno portato a far nascere, prima, Politica Insieme, e poi Insieme. Un progetto sempre concepito come inclusività, occasione di convergenza e di autentica novità nei contenuti e nel metodo. O nasce un partito nuovo o non nasce niente.
In questi mesi è stato fatto un grande lavoro i cui frutti si vedranno. In una condizione difficilissima come quella determinata dalla pandemia, siamo riusciti a creare i presupposti di un partito, andando probabilmente al di là di quel che ci aspettavamo con monsignor Simoni dopo le elezioni del 4 marzo 2018.
Ho imparato che la politica non segue percorsi lineari, ma questo non significa essere autorizzati, noi, a non essere lineari. Ho imparato quanto il personalismo, non quello nobile a cui ci ispiriamo, bensì il più spicciolo, fatto di non ben gestite legittime ambizioni, di ripicche, di sospetti e, talvolta, di quel “chiacchiericcio” malevolo e disfattista, giustamente tanto criticato da Papa Francesco,  finisca in taluni casi per divenire troppo incombente a danno del ben più importante impegno da dedicare a un progetto politico di spessore. La conseguenza è quella di distorcerlo, deviarlo e renderlo sostanzialmente insincero.
Questi nove mesi sono stati caratterizzati dalla costruzione di un partito che, prima, non esisteva. Sono state messe assieme persone provenienti da esperienze e storie diverse. Sono state fissate le regole ( abbiamo visto che alcune sono troppo farraginose e dovrebbero essere modificate ) che costituiscono la garanzia per tutti. Sono state messe le prime basi per costruire quella presenza territoriale da non intendere solamente in termini di tesseramento, ma come prima e diretta occasione per costruire relazioni, offrire un punto di riferimento per l’emersione di quell’immenso patrimonio umano e di competenze che resta spesso inespresso nelle tante realtà che formano il nostro Paese. Sono stati avviati i presupposti perché si comunichi sempre di più e sempre meglio.
E’ emerso anche un confronto tra due anime. Non quelle tra buoni e di cattivi ( chi è in grado di dare simili pagelle?), ma tra coloro che hanno sempre pensato di impegnarsi per la prima volta, o di impegnarsi nuovamente dopo tanti decenni, per dare corso ad una iniziativa politica basata sull’efficace reinterpretazione di antiche e consolidate ispirazioni, al fine di dare vita ad un partito programmatico e fatto da facce nuove, e chi, invece, pensa di raggiungere un qualche risultato limitandosi a costruire qualcosa con vecchi spezzoni di esperienze sopravvissute, ma sempre meno in grado di marcare una novità e senza rispondere con un respiro adeguato alla mutata realtà odierna. Non credo interessi il limitarci a coltivare l’unico obiettivo di portare, o di riportare, qualcuno in Parlamento.
Un’altra distinzione, a mio avviso chiaramente emersa, in buona parte quasi coincidente con la precedente per quanto riguarda chi vi è coinvolto, è quella tra quanti sono vogliosi di un partito laico e aconfessionale e quanti, invece, non sempre hanno chiara la distinzione tra il piano religioso e quello politico con la conseguenza di pensare, magari inconsapevolmente, ad un progetto  autoreferenziale e dal vago sapore integralista.
Ancora: la questione del modello di partito. Tra chi ha una visione centralistica e quanti, invece, vogliono un partito davvero regionalizzato, convinto della necessità di trovare linfa vitale, sviluppo di relazioni, e se necessario di alleanza, talenti umani da valorizzare emergenti nei territori e chi, invece, pensa che un ristretto nucleo centrale detti la linea per tutti.
E’ bene che tutto ciò sia emerso e che costituisca oggetto di dibattito, se necessario di distinzione, nel corso del nostro prossimo congresso del 3/ 4 luglio. Dobbiamo avere paura del confronto? Crediamo che l’unanimismo ci aiuti a crescere o non rischi invece di far nascere un qualcosa senza quelle identità, determinazione e fisionomia necessaria a far sì che Insieme sia, oltre che apparire, un qualcosa di originale e di interessante?
Penso che si debba approfondire il concetto di unità in un partito politico. Si tratta di un processo e non di un punto di partenza. La definizione di una condizione dinamica che più forte sarà quanto più espressione di una dialettica da tutti partecipata nella consapevolezza che esistono dei principi comuni di riferimento, ma con la possibilità, cosa che per me è ricchezza e forza propulsiva, di lasciare spazio a diverse opzioni sulla valutazione del modo in cui quei principi possano e debbano essere tradotti in un’azione politica. Altrimenti creiamo un partito leninista e questo non sta nelle mie corde.
Credo, comunque, che quanto ti ho detto smentisca il racconto di un partito dilaniato da beghe personali. Non lo è sicuramente per tutte le amiche e gli amici che, con monsignor Simoni e Stefano Zamagni, s’impegnarono a partire, oramai tre anni fa, per costruire il nuovo soggetto a proposito del quale hanno appena ribadito quegli intendimenti presentando la mozione “Il partito nuovo. L’impegno di un ‘partito nuovo’ per la trasformazione del Paese”( CLICCA QUI ).
In ogni caso, faccio mie tutte le tue osservazioni, cui potrei aggiungere molto altro visto che mi sono trovato a svolgere un ruolo che mi ha messo minuziosamente a conoscenza di tutto lo stato del partito. Non parlo di bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Preferisco occuparmi della qualità del liquido che esso contiene. Esso è buono e gradevole, si tratta solo di aumentarne ancora sapidità e quantità, nella consapevolezza che ad altri toccherà entrare “nella Terra promessa”.
Grazie per la tua dedizione e per la fraterna sincerità che dobbiamo sempre più introdurre come cifra vincente nel nostro modo di vivere una comune avventura.
Giancarlo Infante

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