Siamo all’ ultima curva di un percorso parlamentare che, dal 2018, si è snodato come sfrecciassimo su un ottovolante ed ora si affaccia sul rettilineo dell’ arrivo, pur non sapendo dove esattamente stia la linea del traguardo. Il che rende difficile dosare lo sforzo e calibrare la posizione nel gruppone di testa che, ancor prima di affrontare la curva ed apprezzare dove esattamente finisca la corsa, già prepara lo sprint. In testa al gruppo c’è pur sempre la maglia rosa del Governo ed il tifo delle tribune che costeggiano la linea d’arrivo è così rumorosamente a suo favore da infonderle l’energia necessaria per quell’ultimo colpo di pedale vincente. Purché lo voglia.

Draghi presiede un Governo che gode della fiducia del Parlamento. Gode di una legittimità piena e, fino a prova contraria, intangibile; confermatagli dal Senato, istituzionalmente sovraordinata al dato politico contingente. Un governo consta, anzitutto, di una maggioranza che lo sostenga in Parlamento e di un programma che lo responsabilizzi nei confronti del Paese. Così equipaggiato, ogni governo avvia una navigazione che deve mettere nel conto gli imprevisti che derivano dallo sviluppo quotidiano delle vicende di un mondo che, oggi più che mai, ad ogni passo ci può sorprendere. Ne consegue che il Governo è una cosa viva e, quindi, nei suoi presupposti, va considerata quel tanto o quel poco di flessibilità comunque necessaria a riassorbire i nuovi eventi nello spirito del programma e, nel contempo, assumerli nella responsabilità politica della maggioranza, che tale è e resta purché e finché sia asseverata dalla fiducia del Parlamento.

Il Governo in carica è nato sul presupposto di un programma assolutamente puntuale e circoscritto indicato dal Capo dello Stato: pandemia e PRRN. Temi che per la loro evidente natura di oggettivo e comune interesse del Paese intero e, dunque, di ogni sua espressione politica, consentivano, anzi consigliavano, in un momento di sostanziale default del sistema politico, di evocarne le residue risorse di responsabilità. Né, peraltro e del tutto ovviamente, nessuno ha mai dubitato che l’Esecutivo – per quanto la maggioranza fosse composita e presumibilmente tanto meno consonante quanto più si fossero rivelate impegnative le sfide che, via via, avesse dovuto accettare sul suo cammino – fosse doverosamente tenuto ad affrontare temi, argomenti e situazioni ben più complesse, neppure immaginabili all’atto del suo insediamento, a cominciare dalla guerra in Ucraina.

La vita del Paese si snoda giorno per giorno, così la politica che se ne deve far carico e l’ impegno delle istituzioni parlamentari che vi devono presiedere. Quella sorta di fissità a priori che non può essere neppure lontanamente immaginata, all’atto dell’ insediamento di un governo, sul piano dei contenuti della sua azione, deve necessariamente valere sul piano della composizione formale della maggioranza? Se così fosse lo stesso Capo dello Stato non avrebbe potuto che arrendersi all’evidenza dei fatti. Senonché, altro – saggiamente e doverosamente – è stato il suo avviso, invitando il Presidente del Consiglio a tornare in Parlamento. Non certo per tornare a chiedere una fiducia di cui già dispone, magari immaginando di incrociare, nella giostra cacofonica dei 5Stelle, il volteggio, pur transeunte, ma, al momento, adatto a rimangiarsi tutto. Ma per verificare, dati gli opportuni chiaramente, la procedibilità politica dell’azione di governo. Il che evoca la responsabilità di ogni forza parlamentare, ma anche quella – del tutto personale e, quindi, se vogliamo, insindacabile – di Draghi, nella sua condizione di capo e guida del Governo, tout court, del Paese.

Per un verso non ha torto Draghi quando afferma di non voler governare in una condizione di costante pressione o addirittura di ricatto da parte di questo o quel partito, ma è altrettanto vero che la politica per nulla e per nessuno mai è stata una sorta di “vie en rose”. Ci si mette la faccia ed anche di più, qualunque sia l’ autorevolezza, il prestigio e la personale immagine che si mette in gioco.

E’ necessario, per il bene del Paese, che la personale responsabilità di Draghi diventi la pietra d’inciampo e la carina di tornasole della responsabilità di ogni singola forza politica. Andasse pur male e dovessimo constatare che, oltre ai 5 Stelle, vi sono altre forze che non sono in grado di assumere l’ onere del governo del Paese, in un momento di tale difficoltà, questo sarebbe, comunque, un istruttivo viatico per la prossima consultazione. Ed anche di questo utile chiarimento, dovremmo essere grati a Mario Draghi.

Domenico Galbiati

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