Per una forza politica come INSIEME, che nasce nel solco della tradizione “popolare” del cattolicesimo democratico, il riferimento al valore delle autonomie è del tutto ovvio. E rappresenta, tuttora – con il tema del lavoro – una priorità programmatica, di cui spetta anche a noi farci carico. Per ragioni storiche e fondative che risalgono al pensiero di Sturzo. E per motivi che hanno a che vedere con quel processo, si potrebbe dire, di “rifondazione”, cioè quel ripensare le sue ragioni, fin dalla loro radice antropologica, di cui oggi la democrazia ha bisogno.

E’ necessario, infatti, avviare un percorso di ricomposizione sociale ispirato a principi di sussidiarietà e solidarietà. I quali, per quanto un cammino del genere non sia per niente scontato, ne segnalano la possibile traccia che prende le mosse, come generalmente si dice, “dal basso”. Con una espressione che non rende giustizia al valore effettivo di un processo che nulla ha a che vedere con i massimi sistemi e neppure può essere surrogato da soluzioni istituzionali che,  quasi automaticamente, producano esiti virtuosi. Bensì, mette in gioco la “persona” come tale, l’ attitudine singolare di ognuno a farsi carico di una responsabilità da esercitare fin dai più elementari aggregati sociali, in cui ciascuno si forma e vive, cominciando dalla famiglia e dalla comunità cui si appartiene.

E’ necessario, insomma, partire da un lavoro umile e paziente di fine ricucitura dei lembi sfrangiati di un contesto civile lacerato e scosso dalle disparità sociali che lo attraversano, dai rancori, dagli arroccamenti, dalla paure e dalle speranze spente che lo appesantiscono. Cultura delle autonomie e cultura del lavoro sono due possibili catalizzatori di una reazione chimica che via via cerchi di addensare la “liquidità” del nostro contesto, recuperando progressivamente quella lacerazione del legame sociale di cui soffriamo.

In Lombardia, quindi in un mondo a sviluppo maturo, abbiamo condotto una prima riflessione che – anche sulla scorta dell’impegno con cui Roberto Pertile e gli amici che hanno discusso con lui nello specifico Dipartimento di INSIEME, hanno elaborato la petizione sul lavoro (CLICCA QUI) – ci ha indotti a suggerire la priorità di questo tema nell’ impianto programmatico che il partito dovrebbe assumere, in vista delle scadenze elettorali del prossimo anno.
Per questo abbiamo chiesto ad Aldo Livolsi, fondatore e presidente dell’ Associazione “Semplice Italia”,
di aiutarci ad insistere sull’argomento introducendo, con una sua relazione, la prima delle quattro conferenze online che i giovani del Coordinamento Regionale di INSIEME Lombardia (CLICCA QUI). Conferenza online dedicata al tema: “Lavoro ed impresa – Sviluppo economico e coesione sociale”.

Il lavoro, dunque, come fattore di rassicurazione e di stabilità sociale. E, per altro verso, le autonomie – locali e funzionali – in quanto momento attorno a cui la comunità si consolida ed assume la consapevolezza di un orizzonte storico, sociale e culturale comune. Insomma, due versanti che si inerpicano verso lo stesso crinale.

Va ripresa, studiata, aggiornata la lezione autonomista che abbiamo appreso da Sturzo e, del resto, profondamente radicata nella vicenda del nostro popolo, nelle millenarie esperienze di comunità vive che hanno lasciato straordinarie testimonianze storiche dello loro identità locali. Identità che hanno fatto, ad esempio, di ciascuno degli innumerevoli “centri storici” delle nostre città e dei borghi, un’opera d’arte originale, irripetibile, ogni volta talmente ricca di arte e di cultura da testimoniare come si trattasse di un “localismo” mai chiuso su di sé, bensì ogni volta aperto a valori universali. E’ questa la connessione che, nel tempo della globalizzazione, dobbiamo essere capaci di rimettere a tema.

Valorizzando il ruolo dei Comuni, grandi e piccoli, il compito del “municipio” come spazio della cittadinanza attiva, luogo in cui le mille disperse risorse associative che fermentano nella collettività possano trovare un momento di reciprocità e di sinergia. Il Comune non solo come agenzia o azienda che dispensa servizi pubblici e che si misura secondo i parametri dell’efficienza, ma soprattutto come ambito in cui la gente diventa “popolo” ed il collettivo urbano assume la consapevolezza di essere “comunità”. Non un mero aggregato o una somma inerte di soggetti, bensì il prodotto che esponenzialmente cresce grazie all’apertura ed alla generosità delle infinite relazioni che vi si intrecciano.

Del resto, i Comuni sono il soggetto istituzionale privilegiato per costruire quelle reti di reciprocità solidale, indispensabile a contenere, anzi decisamente combattere e riassorbire quelle diseguaglianze sociali che sono, ad un tempo, moralmente inaccettabili, socialmente pericolose, politicamente indecenti.

Domenico Galbiati

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