Ogni persona di buon gusto ha certamente apprezzato la domenica di riflessione che Draghi si è giustamente voluta prendere dopo 36 ore in cui è stato quasi travolto dal generale ed eroico precipitarsi in soccorso del vincitore: una opportuna pausa in cui ognuno, non solo Draghi, ha avuto l’occasione di riflettere. Perché ci sono stati, in questa vicenda, episodi particolarmente illuminanti. Così come ci sono, non solo da ragazzi, ma in ogni stagione della vita, esperienze che lasciano un segno da cui non si può più prescindere.
In effetti, quello che è accaduto nel pomeriggio del 1 febbraio agli ultraottantenni di Roma e della sua regione che hanno tentato di fissare un appuntamento per essere vaccinati è qualcosa che non potranno dimenticare per tutto il tempo che loro resta ancora da vivere. E che non potrà non influenzare negativamente la visione della società e l’eredità morale che essi stanno per consegnare alle generazioni successive.
Gli ottantenni di oggi costituiscono l’ultima fascia generazionale che ha conosciuto la guerra, la brutale arroganza del regime che vi aveva trascinato l’Italia, e la ferocia razzista e la cecità morale dei nazisti. L’ultima generazione che dispone ancora oggi di un patrimonio di memorie capace di consentir loro di comprendere appieno cosa volesse intendere Hannah Arendt quando, assistendo a Gerusalemme al processo di Adolf Eichmann, elaborò il concetto della “banalità del male”, mise in luce l’indifferenza con cui vengono seguite le ordini più criminali procedure burocratiche, con cui un piccolo miserabile travet può giocare con la sofferenza altrui, e con la vita di milioni di uomini e di donne.
Perché cos’altro possono essere, se non un pugno di piccoli travet impazziti, coloro hanno organizzato e gestito il sito “ prenotavaccino-covid.regione.lazio.it ” e l’apposito numero telefonico 06 164 161 841 ? Cos’altro possono essere, coloro che hanno torturato per ore ed ore, con un sito on line chiaramente mal concepito e ancor peggio funzionante, una folla di anziani spaventati dal continuo susseguirsi, nei giorni precedenti, di notizie catastrofiche sulla sempre più scarsa disponibilità del vaccino anti-covid, e che tentavano perciò di fare una prenotazione per la prima data possibile? Cos’altro possono essere, coloro che li hanno fatti aspettare per ore ed ore al telefono, per poi trovarsi a parlare con una povera ragazza appena arruolata, e mandata allo sbaraglio del contatto con il pubblico, anche se totalmente incapace di fornire il minimo servizio?
Di fronte al modo in cui sono stati trattati questi ultra-ottantenni, di fronte alla non considerazione con cui si è scontrato il loro legittimo desiderio di essere protetti dal contagio, è difficile non pensare alle parole con cui Federico II di Prussia apostrofò i suoi soldati che esitavano a farsi ammazzare da un’armata austriaca due volte più numerosa di loro: “ Cani! Volete vivere in eterno? ”.
La reazione all’atroce esperienza vissuta in quel pomeriggio del 1 febbraio da un grandissimo numero di anziani alle prese col ”servizio” di prenotazione predisposto dalla Regione Lazio, non può pertanto limitarsi solo ad un giusto risentimento. Perché si è trattato, come dicevamo, anche di un episodio particolarmente significativo di una più vasta storia, un episodio che getta una luce cruda sulla tragicità ormai assunta dalla vicenda politica italiana, e sulle caratteristiche di certi personaggi emersi negli ultimi anni, che cercano di farsi passare per statisti, ma che non riescono neanche per un minuto indossare la maschera, la persona – come si direbbe in latino – ora tragica ora comica del teatro classico.
Ultime ruote di una sgangherata carretta burocratica, i piccoli impiegatucoli responsabili del vergognoso trattamento imposto il 1 febbraio agli anziani della capitale e della sua regione, possono infatti – chiunque siano – provare a nascondersi dietro a precedenti, a comportamenti e a decisioni assunte da personaggi dotati di una certa visibilità amministrativa, e perfino politica. Potranno infatti provare a nascondersi dietro le parole di quel tal Piero Marrazzo,
il quale , quando da più parti si levarono le proteste contro la ventilata chiusura del Forlanini, dichiarò, con convinzione pari all’avventatezza della previsione, che «ai cittadini del XXI secolo non servono posti letto”. E che animato da questa granitica certezza sottrasse alla disponibilità degli abitanti della capitale non solo questa grande e storica struttura, ma anche altri due importanti ospedali, il Nuovo Regina Margherita ed il San Giacomo.
Anzi, dall’alto delle sue poltrone di Presidente della Regione Lazio nonché di Commissario straordinario alla Sanità, Marrazzo si permise addirittura di insinuare – come se le proteste assai vivaci suscitate dalla sua decisione fossero frutto di un complotto ai danni delle finanze pubbliche – che “i posti letto magari interessano qualcun altro”. E chi sarebbero stati questi “qualcun altro”. Voleva forse il leader della maggioranza di centro-sinistra insinuare che a criticare fossero non tanto gli immobiliaristi che già avevano puntato quell’area di grande pregio e centralità, ma gli attivisti di Action, che ancora negli anni successivi hanno continuato a protestare in maniera clamorosa contro una
decisione che ha lasciato Roma quasi sguarnita di un essenziale servizio pubblico? Oppure si riferiva ai 4000, tra medici, infermieri e tecnici occupati nelle strutture sanitare soppresse? Perché tanti erano, come venne calcolato sia dai Sindacati che dalla Confindustria, che pure protestò vivacemente, i professionisti allora dispersi. E di cui avremmo oggi vitale (o meglio, mortale) bisogno.
Storia antica, si dirà. Ebbene, niente affatto! Perché un successore di Marrazzo nella stessa sciagurata poltrona regionale – poltrona che egli peraltro unisce ad una carica politica nazionale in passato detenuta da ben altre personalità – ha avuto in tempi assai più recenti la possibilità di emularne le gesta. In particolare, il 30 Giugno 2015,
giorno della chiusura definitiva dello storico ospedale, quando Zingaretti ne parlò come fosse parte di un grande piano di recupero e di rilancio. E promise addirittura “una sanità più efficiente e meno costosa per i cittadini del Lazio”. Solo che nel drammatico 2020, quando esplose la pandemia, il Forlanini era ancora – come fece
dettagliatamente vedere ai telespettatori la consorte di Francesco Rutelli – una struttura abbandonata, ferita come fosse stata colpita da una folgore, piena di macchinari mai utilizzati e andati in malora, e persino di grandi quantitativi di medicinali ormai scaduti. E sempre lo stesso Zingaretti, dichiarò allora che fare del Forlanini un reparto attrezzato per i malati di Covid-19 era una impresa “ da folli”. Parole che fecero infuriare l’ex primario di chirurgia toracica di quell’ospedale, il Prof. Massimo Martelli; il quale, parlando ad una radio privata, non esitò a definire “delinquenti” i responsabili della sanità regionale. E – secondo quel che è stato riportato dai giornali – il Prof.
Martelli si sarebbe spinto sino ad affermare che Zingaretti, quando si sono verificati i primi due casi di
coronavirus a Roma (i due turisti cinesi), “si è fatto una risatina”. Perché è pur vero che il male, anche nelle sue forme più gravi, può essere il portato della asinina stupidità di qualche piccolo burocrate. Ma ciò non può essere una scusa per minimizzarne la gravità; per esonerare dalla maggior colpa coloro ai quali dovrebbe in definitiva rispondere anche il più piccolo travet.
Non a caso, il libro della Arendt, e la sua visione del carattere spesso “banale” del male, suscitò proteste, anche da parte di esponenti della cultura ebraica, che comprensibilmente vi videro il rischio di una minimizzazione di quella che è invece stata un’indelebile tragedia. Perché il male “banale” deriva sempre da un male più grande. E non vi sarebbero stati i tanti obbedienti Eichmann se non vi fossero stati eventi più grandi di loro. E – senza voler comparare l’incomparabile – gli ultra-ottantenni di Roma e del Lazio non sarebbero stati trattati oggi come cani da abbandonare al margine di un’autostrada, se non ci fossero stati in passato gli atteggiamenti thatcheriani di Marrazzo in materia di spesa sanitaria, e non ci fosse in seguito stata la patente sottovalutazione del problema da parte di Zingaretti.

Giuseppe Sacco

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