Fra due giorni inizierà la raccolta delle firme previste dalla Costituzione in calce ai sei quesiti referendari “per la giustizia giusta”, proposti dal Partito radicale e dalla Lega. Il Centro studi Rosario Livatino offre una prima lettura dei quesiti medesimi, verificando per ciascuno di essi – uno al giorno – i problemi di ammissibilità, gli effetti derivanti dalla sua eventuale approvazione, il differente impatto sul sistema istituzionale. Dopo le considerazioni introduttive (CLICCA QUI ), l’esame del referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, (CLICCA QUI ), quello sulla separazione delle carriere ( CLICCA QUI ), quello sulla “Custodia cautelare” (CLICCA QUI ), e quello sull’Abrogazione del testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo (legge Severino) (CLICCA QUI ), valutiamo oggi gli ultimi due quesiti, quello sull’abolizione della raccolta delle firme per presentare le liste dei togati nelle elezioni del CSM, e quello sui componenti non togati dei Consigli giudiziari.

5. Abolizione raccolta firme Lista magistrati. Il quesito. “Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (“Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura”), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, all’articolo 25, comma 3 limitatamente a “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta”?

La disposizione in questione disciplina le modalità di presentazione delle candidature per l’elezione dei componenti togati del C.S.M.: il messaggio, certamente apprezzabile, è di riportare le candidature per il Consiglio a una dimensione (anche) di disponibilità individuale, ricollegabile non già a una appartenenza correntizia, bensì, per es., alla stima di cui il singolo magistrato gode, in virtù del lavoro giudiziario svolto.

L’effetto dell’abrogazione fa sì che non sia più necessario accompagnare la candidatura con una lista di presentatori: è una modalità di per sé non indice di appartenenza del candidato a una corrente dell’A.N.M., poiché accade sovente che i presentatori siano magistrati non appartenenti ad alcuna corrente o a correnti diverse. D’altronde, l’eliminazione dell’obbligo di sostenere con le firme le liste per le elezioni del C.S.M. è un adempimento in meno per le correnti. Dunque, se l’intento del quesito è di limitare il potere delle correnti, lo strumento individuato non ha alcuna ricaduta concreta, mentre la avrebbe una completa riforma del sistema elettorale, che tuttavia – ancora una volta – necessita dello strumento legislativo, ed è incompatibile con quello referendario.
6. Voto per i membri non togati dei Consigli Giudiziari
Il quesito.
 “Volete voi che sia abrogato l’art. 16 (Composizione dei consigli giudiziari in relazione alle competenze) del Decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 che reca “Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lett. c) della legge 25 luglio 2005 n. 150?”
Il quesito punta ad abrogare l’art. 16 del d. lgs. n. 25/2006, che disciplina le competenze dei componenti non togati dei Consigli giudiziari distrettuali.
1. I Consigli giudiziari sono organismi territoriali, su base distrettuale, presieduti dal presidente della Corte d’Appello e composti da magistrati togati (con sezione autonoma relativa ai giudici onorari), eletti dai magistrati del distretto, e da membri c.d. laici, nominati dal CNF-Consiglio nazionale forense, su proposta dei locali Consigli dell’Ordine degli avvocati del distretto, tra avvocati con almeno dieci anni di anzianità professionale, e infine da professori universitari di materia giuridica nominati dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza della Regione, col compito di formulare pareri sulla formazione delle tabelle degli uffici giudiziari distrettuali, nonché sui provvedimenti relativi alle carriere e all’assegnazione degli affari giudiziari dei magistrati del distretto, anche a titolo consultivo dell’attività del Consiglio Superiore della Magistratura.
Scopo del referendum è cancellare la limitazione della partecipazione dei componenti non togati, i quali, pur variando in numero assoluto da tre a sei a seconda del numero dei magistrati del distretto, non superano mai il terzo della composizione effettiva del Consiglio. L’art. 16 permette che essi partecipino “alle discussioni e deliberazioni relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e)”, e cioè: a) al parere sulle tabelle degli uffici giudicanti e sulle tabelle infradistrettuali nonché sui criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti, proposti  dai  capi  degli uffici giudiziari, verificando il rispetto dei  criteri  generali; d) alla vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari del  distretto, con potere di segnalazione al Ministro di Giustizia; e) ai pareri e alle proposte  sull’organizzazione  e  il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto.
I componenti non togati sono invece esclusi dai pareri per la valutazione di professionalità dei  magistrati (lett. c); dai pareri, anche su richiesta del CSM, in ordine alla adozione, da parte del medesimo Consiglio, dei provvedimenti inerenti a collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici e riammissioni in  magistratura dei  magistrati in servizio preso gli uffici giudiziari del distretto o già in servizio presso tali uffici al momento della cessazione dal servizio medesimo (lett. g e h); dalle proposte al comitato direttivo della Scuola superiore  della  magistratura  in  materia  di  programmazione dell’attività didattica della Scuola (lett. i).
2. Le reazioni, in alcuni casi invero scomposte, di rappresentanti dell’ordine giudiziario che hanno gridato all’attentato alla autonomia ed indipendenza della magistratura, a causa del rischio che l’istruttoria relativa ai provvedimenti che disciplinano la vita dei singoli magistrati del distretto implichi l’inquinamento di rappresentanti estranei, derivano proprio dalla lesione della autodichia assoluta, di cui, invece, essi godono in base alla normativa attuale.
Il quesito referendario appare ammissibile sotto il profilo dei parametri costituzionali, sia perché la tecnica abrogativa per una volta raggiunge esattamente lo scopo che si prefigge: di eliminare la limitazione funzionale dei componenti non togati senza che la norma che ne residua perda efficacia organica nel suo complesso ovvero necessiti di interventi ortopedico-correttivi; sia perché non sembra esservi diretta lesione delle prerogative costituzionalmente garantite all’ordine giudiziario, ove si consideri che lo stesso organo di rilevanza costituzionale, di autogoverno dei magistrati, quale è il CSM, prevede la presenza di membri laici che partecipano pienamente all’esercizio delle sue funzioni e competenze.
3. L’intento di allargare l’effettivo controllo e svolgimento degli affari giudiziari del distretto a tutti i componenti dei Consigli giudiziari appare condivisibile, specie ove si consideri che la giurisdizione, specie quella di prossimità, più vicina alla reale sensibilità anche degli utenti e dei destinatari di giustizia, non è né deve essere appannaggio dei soli magistrati: la toga è indossata anche dagli avvocati e dagli stessi docenti universitari nelle materie di indirizzo, i quali a buon diritto possono vantare una partecipazione equiordinata e imprescindibile al perseguimento degli obiettivi di garantire il migliore funzionamento del sistema Giustizia sul territorio.
È però dubbio che sia sufficiente questo modesto intervento abrogativo, in assenza di un accompagnamento sia normativo che culturale: il primo, relativamente alle modalità di designazione degli avvocati, che andrebbe resa elettiva e non meramente frutto di accordi di ristrette consorterie, analoghe a quelle che i promotori del referendum hanno dichiarato di voler perseguire per le correnti della magistratura, e questo richiede un intervento legislativo sull’art. 9 del medesimo decreto legislativo; il secondo, nel senso di recuperare la consapevolezza della importanza non surrogabile della riforma morale dei singoli partecipanti alla giurisdizione, di cui occorrerebbe riprendere la strutturale funzione di servizio ministeriale in luogo dell’attuale connotazione di luogo di esercizio di potere.

** Nell’esame dei singoli quesiti ci si avvale dei testi di essi pubblicati su https://www.referendumgiustiziagiusta.it/, sapendo – come informano i promotori – che essi sono provvisori, e faranno fede quelli pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale a seguito del deposito in Cassazione.

Pubblicato su Centro Studi Livatino ( CLICCA QUI )

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