Pubblichiamo la parte finale del discorso fatto de Prof. Marco Vitale presso il “Centro Iniziative di Cultura Politica Alcide De Gasperi” di Castegnato (Brescia) nell’ambito del Convegno sul tema “Don Luigi Sturzo e l’Appello a tutti gli uomini liberi e forti”. Il discorso completo sarà inserito nel nostro sito www.servirelitalia.it

È necessario contrastare ogni tentativo di appropriazione strumentale del pensiero e dell’opera di Sturzo da parte di singole componenti dell’agire politico. Il pensiero di Sturzo è troppo profondo, lungimirante, universale per prestarsi ad operazioni di questo tipo, come, ad esempio, cercò, grottescamente, di fare Berlusconi all’inizio della sua carriera politica. Ma è giusto domandarsi: che cosa resta oggi del suo pensiero, dei suoi insegnamenti e che cosa è da dismettere? Mi sono a lungo interrogato su questo punto. E l’ho fatto anche sforzandomi di essere particolarmente critico. Ma sono giunto alla conclusione, in parte sorprendente, che di Sturzo dobbiamo conservare ed attualizzare se non tutto, quasi tutto. Non mi riferisco ai temi filosofici, teologici, sociologici, di politica internazionale, che richiedono una diversa e più approfondita analisi. Mi riferisco ai suoi suggerimenti concreti per l’Italia, ai suoi appelli, alle sue raccomandazioni sul piano economico, sulla struttura dello Stato, sul funzionamento delle nostre città. Mi riferisco dunque allo Sturzo Economista con la “E” maiuscola, allo Sturzo Patriota con la “P” maiuscola, allo Sturzo Municipalista con la “M” doppiamente maiuscola. Qui ben poco di lui non è attuale, tanto di lui è semplicemente da ricordare e da ricuperare. E lo illustro in dieci punti:

1. Per Sturzo, l’Italia che risorgeva dopo la dittatura e la guerra, doveva essere una democrazia con forte impronta sociale, secondo il disegno emerso dalla grande e miracolosa convergenza realizzata nella Costituzione. E ciò è forse oggi superato, con una Costituzione aggredita da tutte le parti, con la democrazia ridicolizzata dalla partecipazione diretta e da tante altre degenerazioni, con l’impronta sociale in via di demolizione, pezzo per pezzo?

2. Per Sturzo la nostra società e il nostro pensiero politico deve ispirarsi ai principi cristiani, pur in una impostazione severamente aclericale della politica, ben distinta dalla Chiesa. E ciò è forse oggi superato in una società che di cristiano serba ben poco se non nelle trincee dove si battono per i principi cristiani, isolate pattuglie di resistenti, e dove i movimenti politici che, cercano di rianimarsi sotto sigle cattoliche, cercano disperatamente l’appoggio delle gerarchie ecclesiali?

3. Per Sturzo la nostra economia deve essere impostata secondo il principio di libertà e di responsabilità individuale. Deve essere, insomma, un’economia imprenditoriale e di libero mercato, come verrà limpidamente definita nel paragrafo 42 della Centesimus Annus. E ciò è forse oggi superato in un’economia dove il saccheggio del pubblico denaro sembra lo scopo ultimo se non unico della politica e dove l’assistenzialismo a favore dei propri “clients” ed elettori ha raggiunto vertici assoluti, quasi grotteschi?

4. Per Sturzo la minaccia principale per la nostra civile e democratica convivenza sono le tre male bestie: statalismo, partitocrazia, sperpero di denaro pubblico. E ciò è forse oggi superato, mentre le tre male bestie ci avvolgono sempre più strettamente nelle loro spire che hanno ampiamente conquistato anche le nuove forze politiche?

5. Per Sturzo il perno, il valore fondamentale sul quale organizzare tutta la struttura sociale è il grande principio di libertà. “È in sostanza un problema di libertà” dirà in un grande discorso a Parigi nel 1925. E già nell’Appello a tutti gli uomini liberi e forti del 18 gennaio 1919, insieme agli altri firmatari, aveva detto: “Ma sarebbero vere queste riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova Società, il vero senso di libertà civile del nostro popolo e il più alto sviluppo delle sue energie”. Per Sturzo il grande principio di libertà è l’altra faccia del principio di verità, dell’evangelico: “sia il vostro dire sì quando è sì e no quando è no, il resto viene dal maligno”. Secondo Sturzo senza libertà non può esserci verità e senza verità non può esserci buon governo, buona convivenza, bene comune. E ciò è forse oggi superato in un paese che sembra tutto impegnato ad ingannarsi reciprocamente?

6. Per Sturzo il fondamento di un buon governo è servire non servirsi. Lo aveva già detto Plutarco: “quelli che governano sono al servizio di Dio per la cura e la salvezza degli uomini perché in parte distribuiscono, in parte proteggono quanto di bello e di buono Dio concede agli uomini”. E non è un caso che quello stesso Mussolini che riconobbe, da subito, nel prete di Caltagirone il suo vero nemico, quello dal quale doveva liberarsi a tutti i costi, sarà anche l’ispiratore di articoli contro Plutarco, come quello che uno dei suoi maggiordomi, Curzio Malaparte, pubblicò sul Corriere della Sera del 2 dicembre 1936 con il titolo. “Immoralità di Plutarco”, dove si afferma “che Plutarco dovrebbe essere bandito dalle scuole non è poi un’idea nuova… Chi dà il colpo di grazia alla morale plutarchiana, in Italia è Mussolini”. E invece i Plutarco e i Don Sturzo restano e formano quella catena del pensiero umano e della morale umana che indica il cammino dell’incivilimento, che rappresenta la nostra unica speranza. Ma questa speranza va coltivata, va difesa, va sviluppata.” E ciò è forse oggi superato in un Paese dove la politica è diventata la maggiore industria del paese?

7. Per Sturzo l’articolazione della struttura istituzionale e politica ha come base il Comune, che non è ente delegato dallo Stato ma è cellula primigenia della società, viene prima dello Stato. L’articolazione sociale si basa sulla famiglia; quella produttiva sull’impresa; quella della convivenza civile sul Comune. Questi corpi intermedi sono l’ossatura e il nerbo della nazione e sono collegati tra loro e con lo Stato attraverso i principi di sussidiarietà (quello che è confluito anche nella nostra Costituzione ma è per ora ignorato) e di solidarietà. E ciò è forse oggi superato in un Paese che sta vivendo una stagione di centrismo esasperato e dove i Comuni sono sempre più soffocati nella loro autonomia anche finanziaria, certo oggi molto minore di quella in vigore con la legge sulle autonomie locali dell’epoca fascista?

8. Per Sturzo la battaglia per lo sviluppo del Mezzogiorno è tema centrale per tutto il paese. Ma questa battaglia si vince all’insegna dell’autonomia e della competenza e non dell’assistenzialismo. Nel suo ultimo Appello ai Siciliani del 24 marzo 1959, pochi mesi prima di morire, Sturzo lancia un grido poderoso: “Così arriviamo al punto principale di questo mio appello ai siciliani: bisogna puntare alla formazione di tecnici, di studiosi, di personale specializzato, costino quello che costino. La Regione, invece di tenere due o tre mila impiegati più o meno senza titolo nei vari dicasteri ed enti, che ha il piacere di creare a getto continuo, ne tenga solo mille, ma contribuisca ad avere mille tecnici di valore, capi azienda specializzati, professori eminenti, esperti di prim’ordine.
Solo così la Regione vincerebbe la battaglia per oggi e per l’avvenire; sarebbe così benedetta l’autonomia da noi vecchi e dai giovani, i quali ultimi invece di chiedere un posticino nelle banche o fra le guardie carcerarie, sarebbero “ricercati” dalle imprese industriali, agricole e commerciali, nazionali ed estere. Scuole serie, scuole importanti; scuole numerose, scuole che insegnano anche senza dare diplomi, al posto di scuole che danno diplomi e certificati fasulli a ragazzi senza cultura”. E ciò è forse oggi superato o non è la nuova politica assistenzialista per il Sud del Movimento 5 Stelle la pietra tombale e definitiva per il Sud stesso?

9. Per Sturzo l’impegno contro la corruzione e contro il fenomeno mafioso è fondamentale. Il suo impegno contro la presenza della criminalità mafiosa e le sue connivenze con il mondo dell’economia, dell’amministrazione e della politica emerge già in un articolo del 21 gennaio 1900 nel periodico da lui diretto, La Croce di Costantino, intitolato: Mafia. Aveva 29 anni e continuò questa battaglia per tutta la sua vita vedendola come un capitolo essenziale della sua battaglia per la moralizzazione della vita pubblica. Come scrive Monsignor Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale, grande studioso di Sturzo:
“Sturzo sostiene che per combattere le varie mafie si tratta di comprenderne la presenza non innanzitutto e solo come problema di sottosviluppo economico, ma come un problema culturale, morale e religioso. La mafia potrà essere sconfitta attraverso un profondo cambiamento di mentalità, un “riarmo morale” che porti a non idolatrare il denaro e la violenza e a ritrovare il nesso indispensabile che deve legare morale, economia e politica.”
Osservando la penetrazione della Mafia nelle strutture dello Stato Sturzo dirà, con triste e, ancora una volta, centrata profezia: “Povera Sicilia mia. Povera Italia mia: ora la mafia diventerà più crudele e dalla Sicilia risalirà l’intera Penisola per risalire forse oltre le Alpi”. E ciò è forse oggi criticabile e da dismettere?

10. Per Sturzo i cattolici, a differenza di altri, non possono essere disorientati, perché hanno, a differenza di altri, una solida e sperimentata guida: la Dottrina Sociale della Chiesa, nella quale Sturzo ha sempre inquadrato la sua azione. Come De Gasperi, come Adenauer. Sturzo a chi gli rivolgeva dei complimenti amava dire: “non è farina del mio sacco. Devo tutto al Vangelo e alla Rerum Novarum”. E ciò non è forse oggi attuale? Sturzo è sicuramente un talento naturale assolutamente speciale. Ma è un grande errore considerarlo isolatamente.

Il suo pensiero è parte di un grande flusso di pensiero che è, a mio giudizio e parlo in pura chiave socio-economica, uno dei più moderni e attuali, l’unico in grado di fronteggiare il distruttivo e criminale neoliberismo finanziario della scuola di Chicago motore principale della finanziarizzazione dell’economia e dei suoi piccoli epigoni nostrani. È un pensiero poderoso che accomuna De Gasperi, Sturzo, Adenauer, Schuman, Monnet e le radici meno recenti ci portano a Toniolo, Rosmini, Manzoni, Tocqueville, a tutti quelli che hanno lavorato per una società umana e, almeno passabilmente, cristiana. Non è certo superato questo pensiero, ma di esso e della sua attualità la maggior parte dei cattolici non ne è consapevole, anche se la divina provvidenza ha fatto loro un dono come papa Francesco, unico leader morale di livello mondiale, che lavora contro l’economia e la società dell’esclusione e della violenza. Il silenzio dei cristiani e dei cattolici è, invero, un fenomeno impressionante e quasi misterioso dei nostri tempi.

ATTUALITÀ E ATTUABILITÀ

Riconoscere l’attualità di un pensiero non vuol dire riconoscerne anche l’attuabilità. Attualità e attuabilità sono cose connesse ma diverse. Perché un pensiero diventi azione non basta che sia attuale, ma devono realizzarsi circostanze e condizioni particolari. Che non si ripetono mai nella stessa forma e modalità.

Ciò non vuol dire che non si possa o non si debba impegnarsi per far si che questo pensiero riacquisti peso e significato nelle modalità permesse dai tempi. Il difficile è scegliere modalità appropriate. Il padre di Italo Calvino, che era un botanico importante, diceva che dobbiamo fare come le piante che gettano nell’aria milioni di semi nella certezza (non semplice speranza) che molti di loro attecchiranno.

È forse l’unica cosa che possiamo fare, noi, aspiranti cristiani, chiamati a vivere ed agire in un’epoca di minaccioso oscurantismo politico e culturale. Proviamo ad immaginare un colloquio tra De Gasperi e Salvini o tra Sturzo e Di Maio o tra La Pira e Toninelli. Eppure, proprio Sturzo ci insegna che non bisogna mai disperare e mai rinunciare alla speranza e quindi all’impegno personale.

Quindi cerchiamo di ripescare nella storia pensieri, valori, principi che hanno saputo guidare l’uomo nelle vicende più difficili, e teniamoli vivi ed applichiamoli al nostro tempo e divulghiamoli, e non perdiamo la memoria dei veri leader che, di tanto in tanto, la Divina Provvidenza ci dona. Ognuno nella sua sfera di operatività, nella sua maggiore o minore responsabilità può fare qualche cosa per diffondere i semi nell’aria con la certezza che molti attecchiranno.

Certamente unendo le forze si può fare qualche cosa di più, soprattutto se si poggia su una base di pensiero solida ed attuale.

Penso, ad esempio, che i gruppi cattolici potrebbero promuovere un’assemblea costituente autoconvocata per proporre una revisione seria delle parti della nostra Costituzione che devono essere revisionate o attuate. Si tratterebbe di una semplice proposta ma, se di alta qualità, essa non potrebbe essere ignorata. In fondo anche l’Appello a tutti gli uomini liberi e forti era una semplice proposta e pochi mesi dopo fu tolto il Non Expedit.

Potrebbero difendere, a spada tratta, il nostro legame all’Europa, ma abbandonando la mentalità e le metodologie da apprendisti contabili che sembra dominare negli organismi comunitari e nei nostri stessi rappresentanti, vivificandolo con un progetto politico alimentato da passione, spiritualità e visione politica, come saprebbero fare i De Gasperi, gli Sturzo, gli Adenauer, gli Schuman e i profeti come Isaia e La Pira.

Potrebbero mobilitare tutte le proprie istituzioni culturali per battersi sul piano del pensiero contro i Chicago boys e la loro visione dell’economia e dei loro epigoni e schierarsi, senza se e senza ma, per sostenere i formidabili NO pronunciati da papa Francesco che niente altro sono se non una efficacissima summa dell’economia civile e della possibile sopravvivenza democratica:

NO a un’economia dell’esclusione;
NO alla nuova idolatria del denaro
NO a un denaro che governa invece di servire
NO all’iniquità che genera violenza

Potrebbero battersi per una vera e forte autonomia dei Comuni, unica nostra speranza di rinascita secondo gli insegnamenti di Sturzo.

Queste cose farebbe probabilmente oggi Don Luigi Sturzo e le farebbe non cercando di attaccarsi alla Chiesa ma come uomo libero, coraggioso e profondamente cristiano e cattolico.

Da soggetto catalizzatore e unificante di un’azione di questo tipo, potrebbe oggi agire l’Istituto Sturzo, se al suo vertice ci fossero degli sturziani. Ma qui, forse, il mio sogno va troppo oltre.

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