“…..la pace viene da Dio come dal suo fondamento: essa è un dono di Dio”. Così Giovanni Paolo II che, nello stesso documento per la “giornata mondiale per la pace” del lontano 1982, afferma: “Se la pace è un dono, l’uomo non è’ mai dispensato dalla responsabilità di ricercarla e di sforzarsi di stabilirla con impegno personale e comunitario lungo tutto il corso della storia”.

La Pace è, dunque, “un dono di Dio affidato agli uomini” e tra questi, tra gli uomini politici, in modo particolare, Giorgio La Pira è sicuramente tra i più illuminati interpreti di questo comandamento. Il “Sindaco santo”, con l’ intelligenza del cuore ed il disincanto e la semplicità della ragione, convocava a Palazzo Vecchio i sindaci per condividere quella volontà e quell’impegno di costruire la pace, cui non poneva confini, se non quelli del mondo.
Accanto a chi comprendeva lo spirito profetico che lo animava, altri restavano sorpresi ed allibiti da gesti – il messaggio a Stalin del gennaio ‘51; l’incontro, nel novembre ‘65, con Ho Chi Minh, ad Hanoi – che taluni, anche molti cattolici sinceri, ritenevano velleitari, pleonastici, improduttivi, ascrivibili ad un’ utopia che poco o nulla aveva da spartire con la quotidiana fatica della convivenza civile.

Non la pensava così Nicola Pistelli, suo concittadino, uno dei politici più raffinati di quei giorni, con La Pira protagonista della formazione, a Firenze, di una delle prime Giunte di centro-sinistra. La Pira – sosteneva Pistelli – “….e’ un politico di prima grandezza….” e gli attribuisce il merito di aver posto radicalmente discussione “il costume di inavvertita assuefazione all’ordine borghese introdotto nei credenti dalla tradizione clerico-moderata”.

Giorgio La Pira definisce i convegni di Palazzo Vecchio come un “concilio” cui concorrono “le nazioni viventi nell’orbita del cristianesimo”, gli Stati che appartengono allo “spazio di Abramo” ed “alle grandi civiltà metafisiche orientali”.

Cosa penserebbe, cosa farebbe oggi La Pira ? La sua grande intuizione, mediata dal suo compito di sindaco, fu quella di rivolgersi, anzitutto, alle “citta’” del mondo. Le città sono, a tutti gli effetti, istituzioni, più degli Stati vicine ed interpreti del sentimento popolare, del respiro della gente comune.

Ci vorrebbe un altro La Pira che avesse il coraggio di reinventare questa dimensione.

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