La stagione estiva è stata proficua per chi, come me, ritiene indispensabile la ricerca di strumenti utili a interrompereil dilagarsi della piaga dell’azzardo. Con due pronunce, una di giugno e l’altra di luglio, il Consiglio di Stato ha rigettato i ricorsi di alcuni gestori di sale da gioco avverso l’ordinanza della Capitale del 2018, che pone dei limiti orari al funzionamento delle “macchinette” (limitandolo, appunto, dalle ore 9 alle ore 12 e dalle 18 alle 23).
Nelle sentenze sono riportati due elementi reputati rilevanti dai giudici: i dati del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, da cui emerge che per il gioco d’azzardo patologico c’è un aumento progressivo del numero di soggetti in carico ai servizi di cura; e l’elevato numero di aperture di sale da gioco autorizzate”, un segno “che appare innegabilmente insuperabile quanto alla prova della necessità di misure di contenimento da adottare”.
Queste sentenze evidenziano la necessità di bilanciare gli interessi economici e l’iniziativa economica privata, da una parte, e la salute dei cittadini, dall’altra. Imporre delle limitazione orarie al funzionamento degli strumenti del gioco d’azzardo può essere utile per contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo e ancor di più per “contrastare l’insorgere di abitudini collegate alla possibilità di utilizzo degli apparecchi stessi da parte degli studenti, con particolare riferimento agli orari di uscita dalle scuole”.
La misura quindi “pur comportando, certamente, una riduzione dei ricavi, è considerata del tutto proporzionata e legittima poiché volta a tutelare la salute dei cittadini, esigenza questa del tutto del tutto prevalente rispetto a quelle economica. Dunque, secondo i giudici amministrativi, è nei poteri “del Sindaco disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali sono installate le apparecchiature da gioco” e speriamo che tutti i sindaci sentano l’esigenza di esercitare tale potere. Ma un passaggio delle sentenze del Consiglio di Stato merita a mio parere una più approfondita riflessione: ossia la diffusione del gioco d’azzardo, e della relativa dipendenza, nella fascia dei giovani. Certo basterebbe leggere i dati e i risultati delle ricerche condotte dal Consiglio Nazionale delle Ricerche che hanno evidenziato come la diffusione del gioco d’azzardo tra i giovani (della fascia di età compresa tra i 18 e i 35 anni) abbia raggiunto livelli preoccupanti per comprendere la portata del fenomeno.
Giocare d’azzardo allora diventa un rischio percorribile perché per quanto possa essere rischioso allontana per qualche instante dalla vita reale. Queste considerazioni non devono però indurci in inganno: la dipendenza da gioco d’azzardo non conosce infatti discriminazioni di alcun genere; è così diffusa anche tra le fasce della popolazione più agiate. Perché trova terreno fertile nella mancanza di prospettive, di sogni e di possibilità concrete da perseguire: carenze esistenti in tutte le fasce della popolazione. Per questo l’impegno di tutti deve muovere nel senso di produrre possibilità, di creare aspettative soprattutto per i giovani. L’augurio quindi che questo impegno venga portato avanti da tutti e in particolare da chi, con l’entusiasmo che la contraddistingue, ha oggi assunto l’incarico di Direttore Generale dell’Agenzia Nazionale Giovani, Lucia Abbinante, alla quale è affidato il compito non facile di sostenere i sogni dei giovani per allontanarli da ogni facile devianza come lo è, senza dubbio alcuno, il gioco d’azzardo.
Rita Tuccillo
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