Le due parti precedenti di questo intervento sono servite a porre la questione della crisi dell’unico pensiero oggi dominante, quello del capitalismo ( CLICCA QUI ), e a vedere quale sia, invece, un’alternativa che può venire dall’ispirarsi alla Costituzione e al Pensiero sociale della Chiesa ( CLICCA QUI ), come emerge nitidamente dal nostro Manifesto ( CLICCA QUI ).

Senza la politica le cose non si cambiano. Nel caso dell’Italia, è necessario partire, per prima cosa, dal mutare la Politica. Procedendo dal linguaggio, dai comportamenti individuali e di partito e dal metodo con cui si intessono le relazioni con i cittadini e con le altre forze politiche.

E’ certo che il generale sistema in sui siamo inseriti non possa trasformarsi da solo. Anzi, scopriamo che tutto concorre a lasciare la rappresentazione in corso sul “palco” della politica per quello che è. Gli attori tra loro contrapposti danno per scontato che, in fondo, basti limitarsi ad accettare la logica di attendere il proprio turno per entrare in scena e ricevere, prima o poi, un adeguato riconoscimento.

Nonostante le decennali grida d’allarme sull’astensionismo, giunto oggi ad esprimere il partito più grande d’Italia, si constata come la fuga dalle urne faccia persino comodo agli attuali partiti. In fondo,  fanno e disfano senza porsi il problema che la loro base elettorale, e questo vale per tutti, è in realtà circa la metà di quello che dicono i risultati elettorali e i sondaggi.

Persino i 5 Stelle, che avevano fatto del “Vaffa” anti casta la loro cifra, sembrano preoccuparsi un po’ poco di aver perso per strada molti degli elettori raccolti il 4 marzo 2018 e degli altri ex frequentatori dei seggi, molti di più, che ancora continuano a non votare. Sostanzialmente trattato come discorso di pura circostanza, nessuno si preoccupa di quanto si ponga il problema della effettiva rappresentatività della politica, in generale, e dei singoli partiti, in particolare. Così, non ci si rende conto di quanto sia divenuto grave sia il problema della democrazia reale di uno dei paesi più grandi e più importanti d’Europa.

Questo stato di cose costituisce uno dei motivi che ci ha portato ad iniziare il nostro percorso diretto verso la creazione di un “nuovo” partito intenzionato a rivolgersi a tutti gli italiani per offrire un’alternativa vera rispetto un apparato pubblico oramai decotto e sordo ad ogni richiesta di definitivo cambiamento.

Abbiamo già lungamente detto della nostra autonomia. Una garanzia che potrebbe interessare tutti gli uomini di buona volontà  finora rifugiatisi nell’astensionismo. Anche a tutti coloro costretti, nel corso degli ultimi appuntamenti elettorali, a votare per questo e per l’altro non perché pienamente convinti, ma in quanto impossibilitati a fare una scelta diversa. Molti elettori, lo sappiamo, finiscono per mettere il loro segno sulla scheda più per votare contro qualcuno che per votare per qualcosa. Noi vorremmo offrire questo qualcosa.

Intanto, una chiara scelta per il percorso europeo e la collocazione dell’Italia nel solco della tradizionale adesione ai valori delle libertà e della democrazia d’impronta occidentale. Cose che partono da lontano perché risalgono alla lunga elaborazione di pensiero accumulatasi soprattutto in Europa attraverso la laicità della politica, la scelta democratico parlamentare, la crescente tensione sociale e la propensione a far emergere lo spirito della ricomposizione piuttosto che quello della divaricazione. Un processo divenuto più solido con la fine del nazi fascismo e a seguito del duro confronto con il comunismo reale dell’Unione Sovietica.

Ciò ha consentito l’avvio del processo d’integrazione europea che, nonostante i limiti, i ritardi e le contraddizioni attuali, non potrà mai far dimenticare ciò che hanno significato quasi 80 anni di pace, lo sviluppo economico e la qualità della vita assicurata a centinaia di milioni di europei, il riequilibrio tra le aree più sviluppate e quelle più povere, la libera circolazione di idee, persone, conquiste scientifiche e tecnologiche. Molto è dovuto all’ispirazione cristiana che ha mosso a lungo tanti partiti popolari o cristiano democratici convinti sostenitori del processo che ci ha portato all’Unione europea.

L’Europa ha di nuovo bisogno dell’ispirazione cristiana che richiama la solidarietà e la giustizia sociale. La deve ritrovare pienamente anche il Partito popolare europeo che, negli ultimi anni, ha seguito la deriva ultra liberista applicata con un’ottusa austerità. Ne hanno pagato il costo molti paesi. Mentre si tolleravano le politiche destinate a favorire le economie forti e, persino, le multinazionali che trovavano, ancora la trovano, molto comoda la mancanza di una politica fiscale comune utilizzata da quelle nazioni, tra cui quelle più ferme sulla linea della severità, divenute nel cuore dell’Unione veri e propri paradisi fiscali.

Questo non significa che ci riconosciamo nel Partito socialista europeo come, invece, ha finito per fare Matteo Renzi che ha pensato bene d’inserirvi ufficialmente il Pd facendo una cosa cui, in precedenza, non avevano neppure pensato segretari più a sinistra di lui. Si è aggiunta, così, un’ulteriore ambiguità tra quelle di un partito di centro sinistra in cui sono presenti anche espressioni del mondo cattolico democratico.

In qualche modo, anche il sistema politico europeo necessita di una ristrutturazione analoga a quella cui deve giungere quello italiano. In entrambi i casi, si tratta di superare il sistema bipolare, del resto messo in discussione dalla presenza di una più ampia pluralità di espressioni politiche.

Per ciò che riguarda più specificamente il nostro Paese, è sotto gli occhi di tutti quanto sia necessario riparlare di solidarietà. Da tradurre in leggi e comportamenti concreti da parte di tutte le istituzioni, dallo Stato centrale al più piccolo dei circa 8000 nostri comuni. E’ necessario operare un ripensamento profondo dei rapporti tra il pubblico e il cittadino rimettendo lo Stato al servizio del cittadino e non viceversa. E’ necessario orientare la dislocazione delle risorse per aiutare più il ceto medio e i gruppi sociali disagiati, ulteriormente impoveriti dalle crisi conseguenti all’esplosione delle cosiddette bolle speculative. Quelle provocate da una finanziarizzazione dell’economia servita solo ad aumentare la ricchezza dei già enormemente ricchi e il numero, invece, di quanti sono sopraffatti da vecchie e nuove povertà.

Non si tratta di parlare di cose astratte, ma di votare in maniera diversa da come si è fatto nel recente passato. Nel corso della cosiddetta Seconda repubblica si è finito per lasciare campo libero ad un insieme d’interessi di cui è evidente la mancanza di ogni sensibilità sociale e del senso della collettività. I responsabili di 25 anni di una cattiva politica sono sotto gli occhi di tutti.

Non dovrebbe essere difficile capire, così, perché nessuno dei tanti partiti oggi presenti in Parlamento possono garantirci che le cose cambieranno davvero nel futuro. Per questo riteniamo che anche tanti del mondo cattolico sbaglino ad accasarsi da una parte o dall’altra e vengano meno a degli obblighi di coerenza che a noi appaiono ineludibili.

Una delle grande “distrazioni di massa” da cui gli italiani sono stati travolti è quella del “leaderismo” o del cosiddetto “uomo solo al comando”. Ne stiamo toccando con mano le conseguenze. Così come quelle provocate dai partiti “padronali” o da qualche “Capitano” che, al momento del dunque, falliscono perché carenti di analisi politica, di equilibrata valutazione delle condizioni vere del paese. Collocati come sono stati, o come sono, al vertice di un sistema alle cui attenzione giunge non la consapevolezza delle esigenze vere della gente, ma messaggi frammentati e “interessati”, condizionati dalla necessità di mantenere posizioni di potere o un effimero consenso elettorale.

Allora, noi preferiamo pensare a un altro modello di partito. Pur consapevoli che sono in crisi sia quello tradizionale basato sull’organizzazione territoriale, sia quello digitale andato per la maggiore negli ultimi anni per le suggestioni legate alla democrazia diretta “raccontata” della Piattaforma Rousseau, rivelatasi miseramente inutile ai  5 Stelle nel corso degli ultimi appuntamenti elettorali. Anche la “Bestia” di Matteo Salvini non ha salvato il Segretario della Lega dal grave errore politico commesso lo scorso anno quando decise di far cadere il Governo Conte 1: non capì come mutavano gli equilibri europei. Gli sta rimanendo in mano solamente la carta degli immigrati.

Troppi sono gli elementi da cui viene la conferma che è necessario cambiare molto della politica e dei responsabili istituzionale.

Ecco perché parliamo di facce nuove e di lasciare spazio a un nuovo personale politico e istituzionale. Questo nostro paese ha bisogno di competenze e di professionalità per sburocratizzare adeguatamente uno Stato obsoleto e vecchio. Un Stato in cui pur valenti dirigenti e funzionari, che fortunatamente non mancano, devono mettere in cima ai loro pensieri il rispetto formale delle procedure, muoversi in un ginepraio di leggi, norme e circolari  le quali finiscono, inevitabilmente, per portarli a preoccuparsi di non essere inquisiti dal primo magistrato di turno, poi di cercare d’interpretare al meglio le reali intenzioni del decisore politico sempre pronto a lasciargli in mano il cerino acceso e la responsabilità delle decisioni adottate. Le facce nuove, dunque, devono anche trovare un quadro di decisioni coerenti e certe che non possono che venire dalla Politica.

Il nostro ispirarci alla Costituzione e al Pensiero sociale della Chiesa è, quindi, anche ricerca di concretezza e coerenza con una scelta di responsabilità che chiediamo a noi stessi e a tutti quelli intenzionati, davvero, a mettere un punto e andare a capo scrivendo una pagina del tutto nuova della Politica e della gestione della cosa pubblica.

Giancarlo Infante

 

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