Dato che ieri non ho fatto cenno all’evoluzione del virus, credo sia meglio fare un breve punto della situazione. La cosa più evidente e, per certi aspetti, inattesa, è il ribaltamento delle prospettive che è avvenuto in cinque settimane.

Se confrontiamo la fotografia della mappa mondiale del virus intorno al 20 febbraio con quella di ieri constatiamo che allora la fotografia mostrava una Cina drammaticamente in lotta contro una male che sembrava invincibile, mentre il resto del mondo poteva ancora cullarsi nell’illusione di esserne indenne, specialmente se avesse chiuso i voli con la Cina, come fece stupidamente il nostro governo, ottenendo l’inatteso risultato che i cinesi rientrarono in Italia dopo il capodanno cinese passando dalla Germania, da Mosca o da Dubai, senza alcun controllo.

La mappa del virus oggi ci mostra invece una Cina che può pensare di avere la situazione sotto controllo, con un numero di infezioni quotidiane assai limitato e quasi completamente proveniente dall’estero, a cui basta imporre la quarantena per controllarlo. La Cina può quindi permettersi, con la dovuta cautela, di allentare progressivamente le misure di contenimento e tornare verso una nuova normalità, fatta di attenzioni, distanze, ed uso di mascherine, ma comunque in grado di consentire la ripresa delle attività lavorative ormai all’85%.

Il resto del mondo, come ci avevano avvisato allora le proiezioni allarmate degli epidemiologi, inascoltati dai governi, sta piombando nella stessa situazione in cui versava allora la Cina e l’epidemia si sta diffondendo nel mondo ad un ritmo esponenziale che accelera la velocità di contagio ed amplia la sua diffusione in ogni parte della terra. Ormai non c’è più alcuno Stato in cui il virus sia assente.

Il numero dei contagiati ufficiali totali rispetto a 5 settimane fa si è già moltiplicato per 10 ed oggi o domani dovrebbe raggiungere quota 500.000. I morti sono già 21.300. La crescita è impressionante e fa pensare che il picco a livello mondiale sia ancora abbastanza lontano, anche perché solo da pochi giorni il gruppo dei maggiori stati occidentali ha
finalmente abbracciato il modello cinese del contenimento mediante lockdown e seguito il nostro paese. La notizia di ieri è che al gruppo già folto dei paesi bloccati a casa si sono aggiunti due pachidermi, Russia e India, complessivamente oltre un miliardo e mezzo di persone. La stima della popolazione mondiale fermata a casa dalle misure di guerra ordinate dai vari governi ha così raggiunto la bella cifra di 3 miliardi. Si tratta di quasi metà della popolazione mondiale in quarantena.

Ovviamente la situazione non è omogenea. Possiamo classificare la situazione sanitaria in 5 gruppi:
Gruppo dei fuoriusciti: è quello di chi ha già raggiunto il picco del contagio e che è riuscito a mantenere bassa l’onda d’urto della curva. Oltre la Cina comprende Corea, Giappone, Hong Kong, Taiwan e Singapore.
Gruppo quasi al picco: non è un gruppo, perché riguarda solo il nostro paese, che ieri ha visto la terza giornata consecutiva di calo dei nuovi contagi, specialmente in Lombardia, dove prima sono state adottate le misure drastiche che ora il governo ha esteso a tutta Italia. Ce la stiamo facendo, se riusciremo a non fare stupidaggini e dare per già vinta la guerra ora che stiamo vincendo la prima battaglia.
Gruppo in piena crisi: comprende tutti i paesi europei, la Gran Bretagna, l’Australia, la Russia, l’India. Quelli che hanno attuato il lockdown dopo di noi. La situazione è frastagliata. Qualcuno lo ha fatto con più tempismo, la maggior parte no. Per costoro ci vorranno ancora settimane di emergenza con grave stress per i rispettivi sistemi sanitari e forte crescita del numero dei morti.
Gruppo negazionista: comprende USA e in qualche misura anche Israele. Trump si preoccupa più degli effetti economici recessivi del blocco della produzione che della salute degli americani. Ha attuato misure troppo blande di contenimento e scarica sui singoli stati l’onere dell’impopolarità per tenere a casa la gente. Probabilmente domani
il numero ufficiale delle infezioni in USA supererà quello dell’Italia e credo che nei primi giorni della prossima settimana l’America finirà in cima alla classifica, sorpassando anche la Cina. Quello che Trump ha chiamato “il virus cinese” piegherà gli USA molto più di quanto ha fatto in Cina. Il sistema sanitario a New York è già al collasso, in pochi giorni di epidemia. Se gli scienziati americani non riusciranno a far entrare nella testa del miliardario, che nella sua vita ha visto solo soldi e mai gente che soffre, che salvare vite umane è più importante che tenere in piedi il business dei miliardari, gli USA subiranno una ecatombe superiore a quella di tutte le guerre da loro combattute nel
secolo scorso.
Gruppo degli scartati: sono tutti i paesi più poveri del mondo, in cui non si fanno neppure i controlli, e che non hanno nessuna possibilità di salvare le vite dei malati. Questi paesi purtroppo non verranno risparmiati dal virus, ma subiranno una decimazione che le statistiche forse non calcoleranno neppure ed i nostri media ignoreranno.

Se questa è la prospettiva sanitaria, per quel che si vede oggi, gli effetti economici saranno certamente devastanti. Tutte le stime di calo del PIL che abbiamo letto fino a due settimane fa fanno ridere, quelle della scorsa settimana sono superate e la prossima lo saranno anche quelle che leggiamo in questi giorni. E’ inutile parlarne perciò. Anzi
comincia a diventare realistico cambiare il termine che descriverà l’effetto economico globale della guerra al virus.

Non più solo “recessione”, ma forse “depressione”, come nel 1929. I governi stanno predisponendo le uniche munizioni facili da sparare, cioè stanziano miliardate di spesa pubblica, da pagare con soldi che non hanno. Il debito pubblico globale di conseguenza esploderà per assorbire le perdite di PIL. Le Banche centrali azionano bazooka sempre più potenti, immettendo quantità di liquidità che non abbiamo mai visto prima e che fanno impallidire i provvedimenti di QE presi nel 2008. Fiumi di denaro verranno stampati per comprare i debiti degli stati e tutto l’enorme debito privato che andrebbe in default e che le imprese decotte non saranno in grado di restituire.

Ci dicono che questa è una soluzione ma a me pare il solito calcio al barattolo. Intendiamoci: so anche io che in caso di emergenza non c’è altro da fare. Ma chi si illude che questa sia una soluzione che ci permetterà di dimenticare tutto presto e bene, per riprendere la vita da parassiti e consumare il pianeta come abbiamo fatto fino a un mese fa, è bene che passi il tempo chiuso in casa a chiedersi se la carta straccia può risolvere il problema della povertà.

Questa crisi ci imporrà di trovare soluzioni nuove. Quella di stampare moneta è la vecchia soluzione che andava bene quando il mondo capitalistico aveva pochi debiti ed era in grado di far crescere l’economia reale. Oggi questa carta non produce crescita reale, ma solo illusione monetaria e crea bolle sui mercati finanziari, che quando scoppiano portano quel che stiamo vedendo. Il pompaggio monetario arricchisce i miliardari che speculano con i soldi degli altri e che verranno salvati quando la bolla  scoppierà, mentre il colossale debito pubblico viene pagato dai poveracci che perderanno il lavoro e dai giovani che dovranno ripagarlo.

So bene che i soliti economisti main stream, pagati a spandere ottimismo quando la speculazione deve gonfiarsi e dar la colpa alla sfiga quando le bolle scoppiano, obietteranno che questa volta è colpa del virus e nessuno poteva prevederlo. Nessuno? Nessuno????? Sono anni che gli esperti ci avvisano che la pandemia poteva scoppiare da un momento all’altro. Sono mesi che, dopo lo scoppio in Cina, ci hanno avvisato della pericolosità del virus e della necessità di misure rapide e draconiane per contenerlo. Eppure in Occidente abbiamo passato gennaio e febbraio a sperare che non arrivasse, senza attrezzarci.

Oggi c’è ancora Trump che continua a non crederci, ed intanto ne approfitta per distribuire trilioni di dollari al suo elettorato, senza preoccuparsi minimamente di chi restituirà tutto quel debito, quando la crisi sanitaria sarà risolta e
le imprese ora chiuse riprenderanno lentamente a funzionare.

Pierluigi Gerbino

Pubblicato su www.borsaprof.it il 26 marzo 2020

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