Il nuovo libro di Rossella Pace: Partigiane liberali. Organizzazione, cultura, guerra e azione civile (Rubbettino, 2020, pp. 263), si inserisce in un filone storiografico che ha avuto il merito di mettere in discussione la conventio ad excludendum realizzata da una buona parte della storiografia mainstream. Questa ha costruito una retorica politica della Resistenza, emarginando il contributo alla causa antifascista di culture politiche come quella cattolica e liberale. Grazie ad una ricca rassegna storiografica e dimostrando una raffinata capacità di lettura delle fonti, l’Autrice ha sottolineato aspetti forse poco noti della Resistenza e talvolta coperti dal pregiudizio ideologico, come ad esempio il ruolo delle donne liberali alla guerra di liberazione nazionale.
Il libro presenta un contesto politico e culturale in cui è mostrata la fitta rete partigiana alla quale i liberali avevano dato vita, coinvolgendo l’intero Nord Italia, fino ad arrivare a Roma; in questa complessa rete le donne ebbero un ruolo fondamentale. Proprio grazie a questo sistema fu possibile trasmettere informazioni e notizie strategiche che, da Milano, giungevano fino a Torino e, da qui, potevano raggiungere i partigiani di Genova e viceversa. Saranno le figure femminili a giocare un ruolo decisivo nel coordinamento della resistenza liberale che vide a Torino l’emergere della personalità di Edgardo Sogno e a Milano di Riccardo Banderali.
Lo studio della Pace si concentra in modo prevalente su alcuni gruppi, nella fase iniziale operativi in primo luogo in Liguria, e si basa sulla presenza di una “rete liberale”, la quale maturò grazie a figure di potenti matriarche. È appena il caso di ricordare i casi di Lavinia Taverna a Roma, Giuliana Benzoni, Nina Ruffini, Mimmina Brichetto Arnaboldi a Milano, Cristina e Costanza Casana a Torino e Virginia Minoletti Quarello a Genova, dove l’Autrice evidenzia anche l’opera di Maria Eugenia Burlando, “la bibliotecaria” del volume La Grande Bugia di Giampaolo Pansa.
È in virtù di una puntuale analisi delle fonti primarie che l’Autrice è giunta ad affermare come un ampio numero di partigiane liberali non solo aiutassero gli uomini, ma, al pari delle partigiane socialiste, comuniste, cattoliche e azioniste, svolse un compito di fondamentale importanza sul fronte dell’organizzazione, del coordinamento e della direzione della resistenza partigiana. È questo il caso del Comitato di Coordinamento Femminile Antifascista, oppure della vicenda che interessò Maria Giulia Cardini, dapprima militante della brigata Beltrami e in seguito della Franchi. La Cardini, con il nome di battaglia Antonio, svolgeva le funzioni di capocellula all’interno della più vasta operazione alleata Chrysler. Si tratterà dell’unico caso, così documentato dalla Pace, di donna liberale, a capo di una squadra di uomini. Ed ancora, il libro evidenzia il contributo alla Resistenza di tutte quelle donne, il cui servizio alla causa della liberazione è documentato nell’ Archivio Sogno e delle altre tante donne che si distinsero per la loro «resistenza civile», a sostegno del comparto armato liberale, rappresentato dalla Organizzazione Franchi.
Tra le cause che spiegano la scarsa considerazione da parte della cosiddetta storiografia ufficiale delle donne liberali alla guerra di liberazione, l’autrice individua innanzitutto l’«autoesclusione» delle donne stesse; in secondo luogo, la distanza che separava le donne liberali dall’ideologia socialista e comunista e, infine, la scarsa attenzione da parte dello stesso Partito Liberale nei confronti del ruolo svolto dalle donne durante la Resistenza.
Il libro della Paci può risvegliare in noi un sentimento mite, non ideologico, di amore per la democrazia e di ordinaria passione per la libertà, mettendoci in guardia dal rischio di perdere la prima in nome della volontaria rinuncia alla seconda. Allora, come canta Francesco Guccini, ricordando Quel giorno d’aprile: «Suona ancora per tutti campana e non stai su nessun campanile / Perché dentro di noi troppo in fretta ci allontana / Quel giorno di aprile».
Flavio Felice
Pubblicato su Avvenire