La situazione drammatica che stiamo vivendo e la prospettiva di un crollo economico e sociale globale hanno portato molti italiani a porsi in un ordine rispettoso e fiducioso verso lo Stato e i suoi governati. È un atteggiamento responsabile ed ammirevole, l’unico che può favorire i migliori risultati possibili in una situazione eccezionale. Ciò è tanto più ammirevole perché gli Italiani, proverbialmente, non sono affatto così composti verso l’Autorità costituita durante i tempi di “normale” opulenza e di tranquillità egoistica, che negli anni ’80 chiamavamo edonismo reaganiano di d’agostiana memoria.

È per questo che è stato accettato il confinamento in casa, anche da quanti non vivono in appartamenti di “100 mq”. È per questo che abbiamo accettato di vivere senza abbracciarci e baciarci, come solo noi italiani ci sentiamo di fare. È per salvaguardia di un bene comune che abbiamo accettato una normativa fortemente condizionante: per la salute, non solo del singolo, ma pubblica.

In questo condiviso esercizio di consapevole civismo si è iscritto un episodio, che tutti i credenti interroga. Il 19 scorso il Parroco di Gallignano, mentre celebrava Messa con 13 fedeli distanziati in una chiesa di 380 mq, è stato interrotto dai Carabinieri e multato per aver infranto la norma. Non mi dilungo sulle modalità di intervento della Forza Pubblica, ci sono altri, polemisti di professione, che si sono ben esercitati sulla questione, dico solo: il civismo è richiesto a tutti, tanto a chi lo esercita quanto a chi è preposto al controllo.D’altra parte non condivido il comportamento del Parroco, che pur attuando ogni precauzione, ha infranto la norma (dura lex, sed lex) e, secondo il mio umilissimo giudizio, non ha dato un buon esempio, anche se si poteva risolvere il tutto con un po’ di buon senso.

Mi soffermo sulla radice di questo increscioso episodio e, forse, di tanti altri episodi misconosciuti di negazione di espressione e condivisione del sentimento religioso, in questi tempi di Coronavirus.

Qui c’è stato una mancanza dell’esercizio del Sindacato politico da parte dei Delegati del popolo, Onorevoli e Senatori, di quelli, in particolare, che provengono dal mondo cattolico (ma comunque di ogni confessione religiosa) e che si professano espressione della Fede cristiana, a qualsiasi partito appartengono della maggioranza o della opposizione.

Mentre apprezzo il grande rispetto e compostezza della Chiesa e del Papa, vescovo di Roma, che hanno subito il dettato normativo senza nessuna interferenza, mi domando dove stavano i Politici della diaspora cattolica.

Perché questi cattolici, durante i Consigli dei Ministri o nei tanti incontri col Governo sui decreti stessi, e sui vari provvedimenti per la pandemia, sia come maggioranza o minoranza, non hanno rappresentato proprio, nei luoghi giusti, nei tempi giusti e nei modi giusti, l’anelito di esigenza religiosa di tanti italiani.

Forse si saranno dimenticati nei convulsi contatti, telematici e diretti, con chi, oppresso da tanta eccezionalità, redigeva le norme di porgergli costruttivamente qualche consiglio in questo senso. Forse hanno dimenticato che alcuni li hanno votati perché vedevano in loro la comune matrice cristiana e di fede, ben ricordata da loro durante la propaganda elettorale. Erano forse troppo compresi nel discutere di finanza, di nomine, ecc. che non hanno avuto modo di “spendere” tempo per ricercare una giusta mediazione, che potesse comparare l’esigenza di sussistenza alimentare con quella spirituale? Forse si sono sentiti ancora una volta minoranza insignificante nei loro stessi partiti ed hanno seguito, docili e remissivi, la corrente.

Ora, giustamente, sull’onda di tanta sofferenza spirituale, è il Presidente della CEI che significa al governo l’esigenza di rivedere, per il meglio e ragionevolmente, le norme della fase 2 della pandemia. Ma quanta sofferenza si è provocata negando funerali, sante Messe…!

Questo bisogna che noi cattolici lo meditiamo, lo elaboriamo e con discernimento dobbiamo trovare soluzioni perché l’animo dei cattolici si possa manifestare senza infingimenti, in un mondo laico e frastornato.

Alfonso Barbarisi 

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