Qualcosa forse è cambiato. Forse, si è aperto uno scenario che ancora non avevamo immaginato, non ne avevamo l’esperienza. Ci siamo trovati immersi in un turbinio di eventi, di preoccupazioni, ma non credo ancora che l’impatto provochi su tutti noi una presa di coscienza sociale razionale.

Guardandoci intorno capiamo che manca ancora un’adeguata reazione all’impegno abnorme dei medici, degli addetti sanitari, dei responsabili della sicurezza pubblica. Mi chiedo quale sia la mia reazione e sicuramente essa si appoggia alla sensibilità che deriva dalla formazione, dall’impegno, dai Valori vissuti. La mia reazione è di un serio impegno al rispetto, ma contemporaneamente di serenità.

Guardo ai miei cari, alla famiglia, ai nipoti, ma guardo anche ai nostri dipendenti ed alle nostre attività, cercando nel rispetto civico delle regole ora imposte, quella giusta mediazione con il mio senso di responsabilità nel dover reagire, cercando e trovando un giusto nuovo equilibro, tra il fare ed il non fare.

Le regole di questa emergenza impongono “distanza”, laddove non ancora “isolamento”. Hanno provocato sulle persone fragili tanta paura, sulle spavalde una reazione di sfida, quasi uno street-sport o parkour. Più in genere ancora paura e inconsapevolezza.

Ma è proprio qui che occorre che qualcuno trovi l’equilibrio di una giusta testimonianza attiva, ferma, nell’indirizzare ed organizzare, anche nella solidarietà. E per questo occorre serenità e Fede, oltre che coraggio ed in genere la stessa leadership che chi ha portato il carro, chi ha intrapreso e non atteso, chi ha fatto il coach, chi ha riflettuto, chi ha approfondito, chi ha costruito ipotesi e tesi, chi ha costruito progetti, chi ha “osato” sempre nel costruire, ha sempre messo a disposizione della società e del suo sviluppo.

Occorre sempre più assumersi la responsabilità anche di “donarsi” laddove esiste la consapevolezza di un rischio, ma è necessario, con prudenza, ma con determinazione mettersi a disposizione. Ciò significa comunque essere disponibili in una forma organizzata o da organizzare, mettere a disposizione di chi chiede e sa organizzare, dando la priorità ai più deboli, agli anziani, ai bambini, con quel senso dell’accoglienza consapevole di una richiesta di aiuto da non ignorare, di una precedenza da non saltare.

E così, come il capitano della nave, così chi ha la responsabilità per la propria piccola barca, non scende per primo, ma si preoccupa di scendere per ultimo. Chi ha la serenità, la formazione, la consapevolezza, l’arte per contribuire, sa che è “chiamato” a dare. Perché siamo sempre insieme, se non per mano, insieme e vicini nel dare o nel rendere ciò che di privilegio abbiamo avuto, nella Carità e nell’Impegno, nella Fede, nel Signore.

E sia ciò che il Signore ci ha insegnato di sperare, con i nostri talenti, nel nostro cammino.

Alberto Berger

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