Siamo recentemente intervenuti sulla questione del Gruppo Cattolica ( CLICCA QUI ). In particolare, sul rischio che possa scomparire una delle ultime realtà economiche emanazione di quel mondo cattolico un tempo ben più presente anche nel sistema bancario e finanziario.  Innegabile il ruolo sociale svolto da questo importante gruppo assicurativo la cui salvezza deve ancora essere garantita completamente. Adesso le vicende di Cattolica si arricchiscono.

“La Guardia di Finanza ha effettuato ieri una perquisizione nella sede di Cattolica Assicurazioni, per l’acquisizione di documenti in seguito ad accertamenti ispettivi della Consob e su mandato della Procura di Verona, notificando anche tre informative di garanzia al Presidente del Cda Paolo Bedoni, al direttore generale Carlo Ferraresi e al segretario del Cda Alessandro Lai sull’ipotesi di reato di illecita influenza sull’assemblea”.

Questa la notizia rilanciata dall’Ansa del primo agosto quando ancora quasi non si era finito di svuotare le urne che hanno sancito il sostegno della maggioranza dei soci alla proposta di ricapitalizzazione della società assicurativa che, come dice il suo nome, è diretta espressione del mondo cattolico veronese.

Il voto ha consentito di impedire il commissariamento della società, cosa cui guardano invece taluni settori finanziari del tutto indifferenti alla sopravvivenza di Cattolica. Anzi, molto fa ritenere che il loro vero obiettivo resti quello di fare un solo boccone di un gruppo i cui fondamentali sono in ordine, così come dimostra l’andamento del titolo.

L’intervento deciso dalla magistratura, così come quello della Guardia di Finanza, devono certamente essere accolti con serenità e nella consapevolezza che tutto è stato e sarà svolto nel rispetto delle norme.

Nascono però spontanee alcune domande. Il lancio dell’Ansa fa intanto chiedere da chi sia stata diffusa la notizia visto che a noi risulta che i tre componenti del vertice di Cattolica oggetto delle informazioni di garanzia non lo abbiano fatto. E’ questione importante questa. Non solo perché attiene al presidio di garanzia previsto per le persone coinvolte in indagini giudiziarie, ma soprattutto perché si tratta di notizia che avrebbe potuto avere effetto sul valore del titolo di Cattolica. Saranno appurate le eventuali responsabilità al riguardo?

Si tratta, inoltre, di capire su cosa si basi l’ipotesi di reato “di illecita influenza sull’assemblea”, quando l’Ansa, evidentemente informata dagli inquirenti, parla di “accertamenti, che seguono l’acquisizione di documenti fatti nel dicembre 2019” e che “fanno riferimento alle assemblee dell’aprile dello scorso anno, quando era ancora alla guida come amministratore delegato Alberto Minali e quando per le nomine era stata presentata una sola lista, e alle assemblee del giugno 2020” oltre all’ultima del luglio scorso. Il comunicato precisa che per le due ultime riunioni in questione “era stato predisposto un rappresentante indipendente, Computershare, per la verifica del voto e delle deleghe”.

Quindi, visto che i notai coinvolti erano stati decisi non certamente dai vertici di Cattolica, in che cosa si ravviserebbe “illecita influenza sull’assemblea”? Perché si è atteso un lasso di tempo così lungo e non si è appurato prima se l’assemblea finale, servita a sancire la ricapitalizzazione della società Cattolica, fosse stata convocata e svolta secondo tutti i crismi del caso?

E’ evidente che una Cattolica che riesce a sopravvivere e che, anzi, con l’accordo concluso con Generali può persino rafforzarsi, nonostante sia destinata a perdere il suo assetto cooperativistico, non piace a qualcuno e, quindi, le si prova di tutte.

Registriamo che i vertici di Cattolica ribadiscono “l’assoluta correttezza e regolarità delle operazioni assembleari oggetto dell’indagine le ultime due delle quali avvenute, tra l’altro, con l’intervento di un rappresentante designato indipendente, quale Computershare Spa”.  Cattolica inoltre chiarisce che “le delibere assunte nell’assemblea del 31 luglio 2020 sono valide a tutti gli effetti e che l’importante operazione con Generali proseguirà come previsto”. Il 70% dei 2700 soci votanti venerdì hanno dato il via libera alla trasformazione da cooperativa in spa e detto sì quindi all’alleanza con il Gruppo Generali.

La partecipazione di Generali in Cattolica, che salva la compagnia scaligera dal commissariamento, non significa automaticamente che la società triestina acquisisca il pieno controllo del Gruppo Cattolica. Generali, infatti, s’impegna a versare 300 milioni, rispetto ai 500 milioni imposti dalle autorità di vigilanza per l’aumento di capitale, per detenere solo il 24,4% del capitale stesso.

L’accordo non è stato sostenuto da alcuni ambienti del mondo cattolico perché non si vuole far perdere al Gruppo l’impostazione cooperativistica. Ottimi intenti, ma c’è da considerare che sarebbe necessario trovare tutti i 500 milioni richiesti dalle autorità del settore. Si è in grado di farlo?

Quesito ancora più pregnante se si considera che, comunque, per  ottenere almeno l’obiettivo di salvare Cattolica adesso è fondamentale trovare i 200 milioni da aggiungere ai 300 coperti da Generali. Quindi, perché i cattolici che hanno contestato l’operazione sostenuta dai soci non si sono fatti parte attiva e raccogliere loro stessi la cifra assicurata da Generali per far contare il proprio peso? Perché nessuno, sempre fra i soci cattolici dissidenti, si è finora organizzato per partecipare alla copertura della quota mancante (200 milioni) alla capitalizzazione concorrendo intanto con Generali (nel rispetto della libertà di concorrenza) a completare l’aumento di capitale?

Giancarlo Infante

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