Il nostro dissenso è netto. Radicale. Quanto il rispetto profondo, sincero per chi sopporta da anni ed anni una sofferenza, una solitudine avvilente ed insopportabile. Eppure la legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito in Spagna non è un inno alla libertà.
Non è una conquista. Né un incremento di civiltà. Chi lo sostiene fa della vuota retorica. E’ una sconfitta. Per tutti.
Per chi soccombe e se ne va e per chi resta. Per chi è connivente e concorre a spegnere una vita. Per chi assiste impotente all’impotenza di una comunità intera che non riesce ad accogliere, a contenere, accompagnare, consolare, condividere una sofferenza gravissima che dilaga in una palude di disperazione.
Per chi tristemente ne fa il pretesto di una strumentalizzazione ideologica. Per imporre una cultura chiusa nell’ avvitamento di un individualismo soffocante, autoreferenziale. Per i medici che sono per la vita e non possono essere chiamati a dispensare la morte. Per un sistema sanitario che tradisce la sua ragion d’essere se contempla la morte tra le sue prestazioni.
La pandemia ci ha immersi in un mare di morte, in una catena di decessi che si succedono, centinaia su centinaia, nel nostro Paese, giorno per giorno, senza pausa, senza interruzione.
Avremmo bisogno di una risposta di vita, di speranza, di fiducia.
Non di una declinazione che, ancora una volta, è nel segno della rassegnazione, di una concessione, di un cedimento ad uno spirito del tempo che contempla la morte come soluzione, come risposta, fuga da condizioni drammatiche che esigerebbero, se non altro, una risposta collettiva di aiuto, di accompagnamento, di affetto e di una solidarietà vera, profonda, empatica.
Non si può – ne siamo consapevoli – solo stigmatizzare, né limitarci ad opporre le nostre ragioni a quelle altrui. Quasi avessimo solo il compito di salvare la nostra coscienza. Vogliamo, dobbiamo argomentare, spiegare e dar conto delle nostre ragioni. Se possibile convincere, declinando i nostri valori, i nostri convincimenti in un linguaggio che interroghi anche chi prende le mosse da posizioni, da culture lontane dalla nostra.
E, infatti, ci torneremo su.