L’avvento dell’era del computer è stata salutata come una rivoluzione che avrebbe semplificato la vita, il lavoro, i rapporti fra cittadini e pubblica amministrazione.

Anche in questo complesso momento di pandemia si afferma, specie in vista del piano di  ricostruzione europea, che la digitalizzazione della pubblica amministrazione debba esser uno dei punti cardine dello sviluppo.

Non si può che esser d’accordo, ad uno solo patto: la digitalizzazione serva a sburocratizzare, rendere facili e veloci i rapporti fra cittadino e amministrazione pubblica e, certo anche, amministrazioni private.

Al contempo l’introduzione sistemica e massiva  della computerizzazione deve anche snellire il numero degli addetti alla amministrazione, vuoi pubblica che privata,  che deve diminuire significativamente: il computer svolge infatti il lavoro di molte persone…se non fosse così sarebbe come se la rivoluzione meccanizzata  nella mietitura del grano, da manuale a meccanizzata lasciasse nei campi lo stesso numero di persone della falciatura  manuale o se, paradossalmente, ad ogni falciatore  venisse assegnata una falciatrice motorizzata, dicendogli che, comunque, anche con la falciatrice meccanizzata, debba impiegare lo stesso tempo che impiegava con la falce a mano.

Credo che, in termini oggettivi nessuno possa negare, che la computerizzazione o digitalizzazione che dir si voglia.  delle procedure amministrative, sia pubbliche che private, dovrebbe comportare  automaticamente la riduzione degli addetti amministrativi   e non certo il loro aumento numerico.

Difficile comprendere perché, se effettuata una efficace digitalizzazione delle procedure amministrative, che in automatico  deve comportare la loro semplificazione,  si affermi, lo fa pure il Ministro “picconatore” Renato Brunetta, che nella P.A. occorrono  100.000 addetti in più all’anno per i prossimi anni.

Certo se la digitalizzazione consiste nell’aver posto  su ogni scrivania un PC e, poi, aver fatto questo applicando al PC procedure complesse, duplicando in cartaceo quanto inserito nel PC, seguitando a chiedere per ogni pratica i dati, del cittadino o delle persone giuridiche, che  già si hanno.  non si è fatta la effettiva digitalizzazione, che non é tale, ripeto,  se non è semplificazione e velocizzazione.

La realtà attuale può esser così descritta: da casa e dal proprio PC è quasi impossibile effettuare pratiche con la P.A.

Nel contatto diretto avviene questo; ci si reca ad un  qualsiasi sportello pubblico, si  fa fila, prendendo un numeretto cartaceo da un distributore, poi si attende che compaia su un cartellone elettronico il nostro numero (i cittadini diventano numeri)  e ci si reca allo sportello indicato; qui l’addetto ci chiede i nostri dati e li inserisce a sistema (nel quale già dovrebbero esserci a meno che non sia la prima volta che ci interfacciamo  con la P.A. – vale anche per le amministrazioni private, ad esempio, per un abbonamento telefonico – ); poi. completata, la pratica a PC, l’addetto ci chiede documento identità, in questi tempi il più chiesto, purtroppo, è la tessera sanitaria, e, nella maggior parte dei casi lo fotocopia, raramente scannerizza; si alza e va a stampare in cartaceo il tutto, in genere almeno in duplice copia, poi ci fa fare una lunga serie di firme a mano, comprese la serie almeno di tre relative alla così detta  privacy (su questo smettiamo di prenderci in giro, la privacy non esiste…il “Grande Fratello”: da Google ad Amazon; dall’Agenzia Entrate, alla Centrale Rischi all’ASL alle FFOO a un qualsiasi PM,  sa tutto di noi e lo saprà in maniera totalizzante quanto più crescerà l’uso del denaro elettronico)

La cosa si fa ancor più complicata se vi sono documenti ai quali va applicata una marca da bollo, residuo ottocentesco come la richiesta, ancor oggi frequentissima  di  timbro.

Il timbro oggi si fa da qualsiasi cartolaio e ci si scrive ciò che si vuole …non è più il bollo di sigla da imprimere nella ceralacca…la burocrazia non se ne è accorta!

Questa duplicazione della modalità richiede certo più  tempo che non quello di una sola modalità, anche tendo conto che, spesso,  il sistema computerizzato si blocca  e che, quasi sempre, l’inserimento dei dati viene fatto dal singolo operatore pestando con due dita sulla tastiera del computer e dovendo, via via, correggere gli errori di battuta… ce se le cose funzionano , ognuno di noi lo ha constatato … questa non è rivoluzione digitale della P.A. ma “perversa” duplicazione burocratica e spreco di risorse, a cominciare dal tempo dei cittadini.

Una delle giustificazioni apportate alla duplicazione cartacea è che vi apponiamo la nostra firma e che quindi siamo certamente identificati, asseveriamo il  nostro consenso e tuteliamo così la nostra pratica.

Se questo fosse vero e non ci fossero alternative di tecnologia digitale  a questo sarebbe  meglio tornare  alla carta, macchina da scrivere o alla penna d’oca …

Oggi ci sono varie modalità di identificazione di noi cittadini, per la verità anche queste  non semplici e “inventate” con ottica burocratica, pensiamo alla firma digitale e allo SPID che, fra l’altro sono fruibili nelle pratiche che il cittadino può fare, quando i sistemi funzionano, operando on line  e non quando opera in presenza allo sportello.

Va inoltre notato che questi sistemi sono molto complicati da attivare e che la P.A. ne ha delegato l’attivazione a strutture estranee all’amministrazione stessa, che così godono dei nostri dati, quando non li rivendono.

Per questo ma anche per molti altri aspetti abbiamo il paradosso che delle procedure digitalizzate la P.A. è essa stessa utente, poco alfabetizzata, poiché la loro “costruzione” e  gestione è affidata, come detto e come è noto,  a società esterne …

Potrebbe esserci, per l’identificazione, sia on line che in presenza, qualche modalità veramente facile, easy, come dovrebbe esser la digitalizzazione?

Provo a proporre un “uovo di Colombo”, premettendo che ogni cittadino è già identificato, dai dati anagrafici dal codice fiscale, a questo basterebbe aggiungere l’identificazione con impronta digitale; questa, una volta acquisita, dovrebbero esser in una banca dati univoca per tutte le amministrazioni pubbliche, centrali e periferiche.

Dotando ogni postazione ed ogni accesso  on line del lettore dell’impronta digitale,  del cittadino persona fisica, del legale rappresentante per le persone giuridiche, il gioco, perlomeno per l’identificazione sarebbe fatto: potremmo abolire il cartaceo, semplificare  le pratiche on line, diminuire i pubblici dipendenti.

La tecnologia dell’identificazione dell’impronta digitale è già oggi largamente usata in tutti gli apparati e in moltissime app.

Il problema potrebbe esser quello di avere l’impronta digitale di tutti i cittadini (molto più facile che non lo SPID). Basterebbe farla inserire, una tantum, visto che non cambia per tutta la vita, all’atto del rilascio in presenza di un qualsiasi documento avente valore di identificazione personale: anagrafe comunale per la carta d’identità; USL per la tessera sanitaria; ufficio abilitato alla consegna della patene di guida per questo documento.

Certo poi bisognerebbe avere sistemi informatici adeguati e “colloquianti” a tutti i livelli. Questo potrebbe esser “difficile”, per l’incomunicabilità fra i diversi apparati pubblici; complesso e costoso ma, poi, si rivelerebbe economico  nei tempi medio lunghi.

Indubbiamente sarebbe più facile proseguire con l’attuale modalità della digitalizzazione, difficile per i “sudditi”, burocratizzata, costosa …una digitalizzazione omologabile ai banchi a rotelle …

Roberto Leoni

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